EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
Elezioni sindaco di Roma 2021

Roma Capitale, il suo futuro sia una priorità del Governo nazionale

Dopo la Raggi serve ‘ripensare’ la città, risollevarla e darle una prospettiva. Per il 2021 centrodestra e centrosinistra scelgano candidati coraggiosi

Roma Capitale, il suo futuro sia una priorità del Governo nazionale

Tempo fa l’amministrativista Sabino Cassese, uno dei giuristi più autorevoli del panorama italiano e non solo, ha proposto che a governare Roma fossero tre commissari scelti tra i generali delle tre Forze Armate del Paese. Probabilmente quella del professor Cassese è stata una provocazione. Me certamente col merito di segnalare una necessità, anzi un’urgenza per la capitale d’Italia. Quella che a guidarla sia qualcuno di autorevole, capace di decidere e in grado di assumersi le responsabilità di governo. Per una città che non è un comune qualsiasi ma che è l’Italia stessa. In quanto capitale della Repubblica Roma è ciò che rappresenta: il Paese intero.


Commissariare Roma è un’ipotesi da escludere. Tra poco più di nove mesi si andrà al voto e la politica tutta, nazionale e capitolina, deve farsi carico di questa responsabilità e della sfida che attende la città. L’attenzione di queste settimane - tutta riposta su referendum costituzionale, elezioni regionali e comunali del 20 e 21 settembre - ha ancora una volta lasciato che di Roma, di candidature e del futuro sindaco si smettesse di parlare. Tutto rinviato al dopo voto. Quando si spera che le forze politiche, e seriamente, capiscano che bisogna far presto. Che la capitale d’Italia sta affondando in un declino che rattrista e che non è degno del Paese. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha confermato: “Nessun appoggio alla Raggi, che in questi anni è stata il principale problema di Roma”. Meno male che lo hanno capito. Ma sia chiaro: la Raggi porta a fondo con sé il Movimento, che l’ha scelta nel 2016 per la corsa al Campidoglio e che ha coperto fallimenti e scandali di questi quattro anni. Complice di un silenzio sulla capitale che quasi stordisce, artefice della sua ricandidatura - mossa folle ma anche spregiudicata – e non curante dei malumori di quasi tre milioni di abitanti che ogni giorno fanno i conti con i disservizi di una capitale che è difficile non amare, ma che è difficile anche ‘sopportare’. Dunque, un’eventuale alleanza con i pentastellati su un nome che non sia l’attuale sindaca porta con sé rischi enormi per il centrosinistra. Meglio non sottovalutarli.

 

In quattro anni di amministrazione Raggi sono cambiati 14 assessori, praticamente l’intera compagine di governo fatta eccezione dei suoi fedelissimi: Daniele Frongia e il vicesindaco (ex Pci e ex Ulivo) Luca Bergamo. Oggi gli assessori sono 11. Al Bilancio si sono succeduti Marcello Minenna, Andrea Mazzillo e Gianni Lemmetti. Alle partecipate Massimo Colomban, Alessandro Gennaro e ora Lemmetti che ha preso la delega. All’Ambiente Paola Muraro (finita nello scandalo Roma Capitale), Giuseppina Montanari e Laura Fiorini. All’Urbanistica Paolo Berdini e Luca Montuori. Ai lavori pubblici, divisi in seguito dall’Urbanistica, Margherita Gatta poi sostituita da Linda Meleo che era alla Mobilità. Al suo posto Carlo Cafarotti. Una ridda di nomi. E di cambi di poltrone. Dopo un primo spiraglio a inizio consiliatura con qualche incarico di prestigio – vedi Minenna e Berdini, ma entrambi hanno rinunciato nell’arco di pochissimi mesi – la sindaca ha ripiegato su nomine di partito più che su tecnici. Ma difficile dire quale esito abbiano avuto i rimpasti. Il silenzio è sceso anche lì.


Altro tasto dolente gli scandali dell’amministrazione cinquestelle. Il 16 dicembre 2016 viene arrestato per corruzione - dopo appena sei mesi dall’insediamento della nuova Giunta - Raffaele Marra, braccio destro della sindaca. In quelle settimane arriva nella Capitale l’avvocato Luca Lanzalone, vicino ai grillini a livello nazionale, catapultato da Genova ad assistere la Raggi. Diventa in poco tempo l’alter ego della prima cittadina nella trattativa per la realizzazione del nuovo stadio della Roma di Tor di Valle. Senza neanche un contratto di consulenza con l’amministrazione comunale ma da privato cittadino Lanzalone tratta e fa accordi con la Società calcistica e con il costruttore Luca Parnasi. Lo stesso che poco tempo dopo, il 13 giugno 2018 viene arrestato proprio per la vicenda stadio, insieme ad alcuni politici della Regione - Pompili (Pd) e Palozzi (FI) - e all’avvocato Lanzalone. Che nel frattempo era anche diventato presidente di una delle municipalizzate più importanti di Roma, l’Acea. Il 30 marzo 2019 pure il presidente 5stelle del Consiglio comunale, Marcello De Vito, finisce agli arresti.

 

Trasporti e rifiuti restano i nodi principali della capitale. Dopo l’annunciata volontà di risanare l’Atac e mantenerla pubblica i disservizi sono rimasti. Anche il Piano urbano della mobilità è lontano dall’attuazione. Sui rifiuti i rimpalli tra Comune e Regione continuano. La discarica di Valle Galeria ha suscitato molte polemiche e non ha risolto il problema. Scene di cassonetti stracolmi continuano a ripetersi in tutti i quartieri della città. Roma non è mai stata così sporca.


Cosa fare? Alla città serve un orizzonte, una visione di ampio respiro. Il Governo nazionale deve decidere cosa fare della sua Capitale. Non per quest’anno o l’anno prossimo, ma per i decenni a venire. Ben venga un sottosegretario ad hoc per Roma Capitale, ben venga ogni iniziativa che rafforzi l’amministrazione della città e rilanci imprese, economia, turismo, cultura, editoria. Che renda efficienti i servizi e vivibili i quartieri. Centrodestra e centrosinistra colgano l’occasione delle elezioni della prossima primavera per ‘ripensare’ la città. Scelgano persone capaci, di esperienza, e soprattutto coraggiose, per candidarsi a guidare una capitale che ha bisogno di rilancio, poteri speciali e di un futuro.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA