La scienza continua a fare progressi e ora arriva un nuovo test che consente non solo di identificare la presenza del virus Sars-Cov2 e di eventuali altri virus coinfettanti, ma anche di conoscerne la variante, tutto con un’unica analisi. A metterlo a punto è stato un gruppo di ricercatori della King Abdullah University of Science and Technology in Arabia Saudita. Un passo avanti che arriva proprio mentre a preoccupare sono molte nuove varianti, che si sommano a quella inglese, predominante in Europa.
Il nuovo test tre-in-uno
"Il nostro test all-in-one - ha detto il principale autore della ricerca, Mo Li - fornisce una soluzione integrata promettente per il rilevamento rapido sul campo e la sorveglianza mutazionale dei virus pandemici". L’analisi può essere effettuata in un “mini-laboratorio” portatile delle dimensioni di una valigetta che permette di velocizzare le procedure e ridurre i costi delle tecniche tradizionali. Si basa su un sequenziatore portatile in grado di processare fino a un massimo di 96 campioni di pazienti alla volta.
La novità risulta particolarmente importante nel momento in cui in tutto il mondo preoccupano le varianti.
Le varianti che preoccupano di più al mondo
In un primo tempo ad allarmare erano state soprattutto la variante inglese, insieme a quella sudafricana e brasiliana. Ora si fanno largo anche quella giapponese, quella indiana, californiana e della Tanzania.
La mutazione inglese (B.1.1.7) è quella che è comparsa per la prima volta in Inghilterra a settembre, per poi diffondersi rapidamente e diventare quella prevalente in Europa. Le alterazioni sarebbero almeno 23, la maggior parte delle quali alla proteina Spike, il “gancio” con cui il virus entra nelle cellule dell’organismo. Secondo il ministero della Salute, i primi dati "confermano che tutti i vaccini attualmente disponibili in Italia sono efficaci contro la variante inglese del nuovo coronavirus. Sono in corso studi per confermare l’efficacia dei vaccini sulle altre varianti".
La sudafricana (501.V2) è stata individuata ad ottobre e, come spiega il ministero della Salute, sembra anch’essa “caratterizzata da maggiore trasmissibilità (+50% rispetto alle varianti circolanti precedentemente in Sud Africa), mentre non è ancora chiaro se provochi differenze nella gravità della malattia". Conta 21 mutazioni, 9 delle quali sulla spike. I vaccini dovrebbero essere efficaci, anche se qualche dubbio rimane su Johnson & Johnson.
La brasiliana (B.1.1.28) preoccupa, invece, per i casi di possibile reinfezione, dopo l’episodio di una infermiera brasiliana con i sintomi più gravi nella seconda malattia. Preoccupa la possibilità che una mutazione potrebbe renderla meno riconoscibile al sistema immunitario.
L’indiana è tra le più recenti e, con le due mutazioni E484Q e L425R, sarebbe responsabile del 15-20% dei contagi nel paese d’origine. Non è ancora chiaro se sia più contagiosa o pericolosa della versione originale di Sars-CoV-2. Di recente è stata riscontrata anche in pazienti nel Regno Unito, in Belgio, Germania, Svizzera e, in Italia, in un caso a marzo a Firenze.
La californiana sembra rendere più trasmissibile il virus, come quella giapponese (E484E), mentre quella della Tanzania è stata isolata per la prima volta in tre viaggiatori in arrivo dalla Tanziania in Angola, lo scorso febbraio. Ha 34 mutazioni, 14 delle quali erano sulla proteina "spike".