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La corsa a sindaco nella Capitale

Sulle candidature di Roma Letta e Conte hanno perso entrambi

Gualtieri è il candidato del Pd, dopo che Zingaretti è stato messo fuori gioco dai 5S. Nel Movimento l’ex premier ‘costretto’ a tifare Virginia Raggi

Sulle candidature di Roma Letta e Conte hanno perso entrambi

La partita che si è consumata nelle ultime ore tra Pd e 5S sul candidato sindaco di Roma ha dato tre risultati a sfavore del Nazareno. Il primo: il Movimento Cinque Stelle del Lazio ha imposto ai dem i suoi diktat. La Giunta regionale così com’è, con i 5S stelle appena entrati in maggioranza, non si tocca. Secondo: tagliare fuori Nicola Zingaretti dalla corsa per il Campidoglio ha significato per i pentastellati togliersi di torno il candidato più forte del centrosinistra. Terzo: l’alleanza con il Movimento per le amministrative d’autunno, caldeggiata forse troppo dal Nazareno, e troppo poco dai grillini, non decolla. E, quindi, averci puntato molto in termini strategici, si sta rivelando un errore.

 

Non che dall’altra parte di sbagli non se ne stiano facendo. Il più eclatante è senz’altro quello dell’ex premier Giuseppe Conte, costretto ad uscire pubblicamente allo scoperto per appoggiare a Roma la candidatura della sindaca uscente, Raggi. L’indifendibile Virginia definita “ottima scelta” dal leader in pectore in una lettera inviata al quotidiano La Stampa. Una resa a tutto campo dell’‘avvocato del popolo’, intrappolato nei tentacoli di un Movimento fatto di tasselli scollati e guerre interne.

In ogni caso, privo di rappresentanti accreditati a trattare all’esterno con reali poteri decisionali (che al momento nemmeno lui ha) e, dunque, preda delle volontà dei capi locali. Alla fine, chi ha deciso che Zingaretti non potesse candidarsi sono state le due assessore regionali grilline, Roberta Lombardi e Valentina Corrado: Nicola sindaco “non s’ha da fare”. Conte ha dovuto capitolare e ora gli tocca pure far finta che la Raggi sia la scelta migliore che il Movimento potesse fare. Difficile che i cittadini romani ingoino lo stesso rospo. Peraltro, così facendo l’ex presidente del Consiglio invece di coltivare il proprio consenso personale, rischia di perderlo. Gli viene impedito da correnti intestine di trascinare dalla sua un M5S che alla lunga, potrebbe affossarlo.

 

Per il Pd ora si riparte da Roberto Gualtieri. L’ex ministro dell’Economia è il candidato ufficiale per le primarie del centrosinistra del 20 giugno. L’unico che il sindaco di Roma l’ha sempre voluto fare, fin dall’inizio. Il suo nome non gode di altissima popolarità, seppure sia uomo di indiscussa credibilità politica negli ambienti istituzionali. “Zingaretti sarebbe stato un ottimo candidato a Roma, ma sta facendo un’altra cosa e la sta facendo molto bene gestendo la sanità del Lazio”, dice - obbligato dalla circostanze - Enrico Letta. “La sua candidatura”, aggiunge, “andava gestita e verificata rispetto alla gestione della campagna vaccinale. Da settimane Gualtieri aveva fatto capire che era interessato a candidarsi al Campidoglio. Mettiamo in campo il ministro dell’Economia che ha lanciato la prima versione del Recovery e farà benissimo al Campidoglio”. Il segretario ha dovuto arrendersi, il suo predecessore non correrà per Palazzo Senatorio

 

Ma questo match sulla scelta dei candidati nella città più importante d’Italia l’hanno perso sia Conte che Letta. Da adesso, tuttavia, l’attenzione è in avanti, sulle primarie di giugno della coalizione di centrosinistra. E poi, ad ottobre, sul primo turno, quando i partiti misureranno in voti la loro forza nella Capitale e nelle altre grandi città che dovranno eleggere sindaci e consigli comunali. Nella consapevolezza che le amministrative d’autunno saranno un test a livello nazionale per tutti, in vista delle mosse da fare nei mesi successivi, quando si chiuderà il settennato di Mattarella e si apriranno i giochi per l’elezione in Parlamento del nuovo presidente della Repubblica.

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