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Palazzo Chigi

Mario Draghi chiude alla possibilità di un futuro in politica

Tranchant e seccato come non l’avevamo mai visto. Il premier in conferenza stampa: “Se decidessi di lavorare ancora il lavoro me lo trovo da solo”.

Mario Draghi chiude alla possibilità di un futuro in politica

Non è il solito Mario Draghi quello che parla ai cronisti nel corso della conferenza stampa organizzata oggi sulla riforma della giustizia. Almeno non quello che abbiamo conosciuto in undici mesi di governo e prima che si svolgessero le elezioni che hanno portato al secondo mandato di Sergio Mattarella come presidente della Repubblica. Il premier che abbiamo visto oggi è apparso seccato, persino stizzito nel rispondere ad alcune domande sul suo futuro politico e su quello del suo esecutivo. L’ex numero uno della Bce esclude nella maniera più categorica una prosecuzione della esperienza in ambito politico. Con la fine della legislatura si chiuderà il mandato e ai partiti manda un messaggio netto: “Ho visto che tanti mi candidano in tanti posti in giro per il mondo. Ringrazio moltissimo tutti ma vorrei rassicurarli che se decidessi di lavorare un lavoro lo trovo da solo...”.

 

Sì, non c’è dubbio, qualcosa è cambiato nell’atteggiamento del premier. Non deve essere piaciuto a Draghi finire nel tritacarne di una politica che nel corso della partita per il Colle è stata capace di fagocitare nomi e candidati alla velocità della luce. Come non deve aver gradito una sorta di scarsa riconoscenza che la sua maggioranza gli ha dimostrato con la maggior parte dei leader più alla ricerca di una vetrina personale, che non propensi a costruire una strategia per portare il Parlamento fuori dall’impasse. Ma il presidente del Consiglio boccia anche ogni ipotesi di rimpasto di governo. “La squadra è efficiente e va avanti”, afferma tranchant. Sono tanti i temi che affronta con i giornalisti: la crescita, l’inflazione, i rischi di un’escalation della crisi ucraina. E poi le riforme che attendono ancora esecutivo e Camere: quella della concorrenza, ad esempio.

 

Poi c’è la preoccupazione per i pericoli che rischiano ancora di strozzare la ripresa: il caro energia in primis. “Le cifre già stanziate negli ultimi trimestri sono imponenti, sono 9 miliardi e mezzo di euro”, dice, “ma non sono sufficienti. Credo di poter dire che questo intervento sarà presentato la prossima settimana. Si tratta di sostegni per contenere l'emergenza, poi ci saranno interventi sull’offerta dell’energia con il potenziamento della produzione. E una parte di fornitura a prezzo calmierato e certo”. L’economia è in cima all’agenda di Palazzo Chigi. Il Paese non può permettersi di tornare indietro o di subire battute d’arresto, ora che tutti i dati sono incoraggianti pur con un rallentamento all’orizzonte delle stime sul Pil. Ma siamo comunque a livelli decisamente superiori rispetto al periodo pre-Covid.

 

Ma è sulla politica che l’inquilino di Chigi si mostra tagliente, non nasconde un certo fastidio. “Io federatore di un’area di centro? Lo escludo”, risponde a un cronista. Il segnale è chiarissimo. Draghi non farà lo stesso errore di alcuni suoi predecessori, tecnici prestati alla politica che hanno finito per cedere al fascino del Palazzo per poi capitolare con tentativi di attivismo politico azzardati e poco riusciti. Mario Monti, Lamberto Dini e, di recente, Giuseppe Conte.

 

Tecnici di governo che hanno finito per rimanerci in politica ma confluendo nel turbinio di dinamiche conosciute solo dai professionisti più navigati. Ebbene, lui non cederà alle tentazione. Ha sperimentato sulla sua pelle cosa significhi piombare nel vortice del meccanismo. Questo è uno degli strascichi della partita quirinalizia che ha manifestato tutte le debolezze del sistema. Alla fine una soluzione è stata trovata, ultima ratio, sulla spinta di un Parlamento attraversato da un sussulto di orgoglio. Ma quanta bruttezza e improvvisazione si è vista.

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