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Personaggi e interpreti dell’estate del Covid, da Bonomi a Briatore

I virologi, mai d’accordo tra di loro, continuano a farla da padroni. Ma Antonio e Giuseppe Conte, Maria Grazia Chiuri, Carlo Messina, Mario Draghi e...

Personaggi e interpreti dell’estate del Covid, da Bonomi a Briatore

L’estate del Covid fa vedere tutto in una luce diversa, in virus veritas si potrebbe dire prendendo a prestito l’espressione da un amico davvero caro. Ecco personaggi e interpreti di questa surreale ma pur vera fine di agosto, in rigoroso ordine alfabetico.

 

Flavio Briatore. Si direbbe che il virus colpisce dove capita, anche a seguito dell’umana disattenzione alle regole, ma è ormai statisticamente accertato che abbia particolare attenzione per chi lo considera con sufficienza. Noi con realismo e prudenza riconosciamo la sua forza, consapevoli tuttavia che il Covid stesso non voglia essere il pretesto per regimi sanitari. Boris Johnson, Bolsonaro e Zingaretti non l’avevano preso sul serio e il primo ne sta pagando ancora le conseguenze. L’ultimo famoso in ordine di tempo che l’aveva snobbato, questa volta in nome del dio denaro da moltiplicare come in ogni estate smeraldina, è Flavio Briatore, ex di Elisabetta Gregoraci e patron del Billionaire di Porto Cervo. Ora, prudentemente, è in cura al San Raffaele di Milano da Stefano Zangrillo, e gli auguriamo pronta guarigione. Mettiamo sull’avviso anche la sua socia al Twiga, tra Forte dei Marmi e Marina di Pietrasanta, e cioè Daniela Santanchè: faccia qualche dichiarazione rispettosa del virus, così per scaramanzia.

 

Carlo Bonomi. Il presidente di Confindustria ha segnalato il suo ritorno dalle vacanze con qualche giorno di anticipo con una vigorosa intervista al direttore de La Stampa Massimo Giannini in cui ripete anche che “la politica è peggio del virus”. Dice poi molte cose condivisibili, incassa il gelo del governo e della maggioranza e l’adesione in ordine sparso dell’opposizione, nonchè di Cisl e Uil, i due sindacati più collaborativi con le imprese (mentre Landini della Cgil in questa fase è più governativo) e si becca, ma era previsto, le contumelie del Fatto. Siamo d’accordo di non tornare all’assunto di Gianni Agnelli che diceva che per definizione la Confindustria deve essere filogovernativa perchè in questo momento, con l’opposizione politica che non brilla per contenuto, c’è davvero bisogno che le imprese facciano sentire la propria voce, ma il punto è: qual è la mossa successiva? Può bastare un’assemblea, quella di insediamento di maggio rinviata causa Covid e da convocare a Roma entro settembre?

Un’assemblea cui il governo, stante lo stallo attuale, non parteciperà? Oppure, il passo successivo è scendere in piazza, magari schierando in una piazza romana tutti i presidenti di territoriali e categorie, ben distanziati ma con al fianco un cartello con il numero delle aziende rappresentate e dei lavoratori che occupano? Oppure, Bonomi sta lavorando ad un nuovo quadro politico? Si tratta di un tema cruciale, non solo per le difficoltà dell’economia, ma anche per gli equilibri sociali del Paese e ci auguriamo che il presidente di Confindustria faccia le mosse giuste perchè c’è bisogno di corpi intermedi  consapevoli e impegnati (non solo nelle interviste).

 

Maria Grazia Chiuri. Direttrice creativa di Dior, ha portato (a luglio) in piazza Duomo a Lecce la sfilata della maison. Un omaggio alla sua terra, lei è originaria di Trecase, e all’artigianato locale. Un bel segnale. 

 

Antonio Conte. L’incontro con il patron e la dirigenza dell’Inter può finire bene o male a seconda di dove lo si guardi, ma tutti cadranno in piedi. Buon per l’Inter che potrebbe conservare il suo attuale allenatore in sintonia con la proprietà, oppure avere al suo posto Max Allegri. Dai tempi di Mourinho non si vedeva un’alternativa così di buon livello alla guida tecnica della squadra.

 

Giuseppe Conte. Sta superando bene la prova della sua seconda estate al potere, e questa è un gioco da ragazzi visto che non deve battersi in parlamento contro Salvini come un anno fa. Ha gioco facile a commissariare Azzolina, prima con Arcuri, poi con l’intero consiglio dei ministri. Speriamo dica anche quanto prima che, insieme alla scuola e alla sicurezza sanitaria, priorità del governo è far svolgere le elezioni, togliendo la benzina del sospetto dai media di centro-destra. Fa l’errore veniale di farsi intervistare dal quotidiano di Marco Travaglio sull’alleanza alle regionali tra Pd e Cinque Stelle nel giorno in cui tutti i giornali scrivono di Draghi al Meeting di Rimini, per il resto basta glissare sul fatto che i soldi in arrivo dall’Europa sono debiti e pensare anche a far scrivere qualche buon progetto per averli. Se poi facesse sparire quel video che lo ritrae da solo nei corridoi di palazzo Chigi e pensoso alla sua scrivania e che i tg ripetono in ogni edizione sarebbe meno indiziato di voler fare l’uomo solo al comando, visto che sa bene che elezioni regionali e referendum sono test scivolosi per la sua maggioranza. 

 

Mario Draghi. Sa preservare la propria immagine, poche zampate al Meeting di Comunione e Liberazione e consensi unanimi, ma tra il silenzio dei protagonisti della politica. Nell’attuale Parlamento non ci sono i numeri per un governo affidato all’ex presidente della Bce, ma si può tenere Leo Messi in panchina mentre la sua squadra gioca la finale di Champions League? Certamente no, e nessun allenatore lo farebbe mai. Ci vorrebbero quindi elezioni anticipate e la forte consapevolezza di tutte le forze politiche di volerlo poi chiamare per avere più peso in Europa, ma non succederà poichè non coincide con gli interessi degli attuali giocatori in campo. Draghi-Messi si tiene allenato, ma anche lui come il campione argentino deve fare i conti con le difficoltà del Barcellona, in questo caso del Paese e dei suoi protagonisti pro tempore.

 

Michele Emiliano. La Puglia è la regione che può decidere le regionali di settembre, è l’Ohio d’Italia in termini elettorali anche se in termini economici e sociali era già stata definita la California d’Italia in un bel libriccino di Franco Tatò diversi anni fa. Certo, Raffaele Fitto è il ritorno al futuro, anche se il figlio d’arte non è più solo una “costola” di Berlusconi. La partita è incerta, ma i pugliesi non sembrano poi interessati più di tanto alla questione poichè la loro economia ha avuto anche un buon andamento del turismo, sia pure in tempi di Covid. 

 

Luigi Gubitosi. Ha rivendicato a Tim la gestione della rete digitale del Paese, suscitando le reazioni dei grillini, di Bassanini e di molti altri. Tim non è più pubblica, anche se Cdp incombe, ma conserva il dna della sua storia: alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso Ernesto Pascale e Biagio Agnes avevano pronto il piano per cablare l’Italia.

 

Pietro Mennea. Rai uno ha mandato in onda una bella fiction sul velocista di Barletta, dove si sono riviste le immagini originali delle sue vittorie tra le Olimpiadi di Monaco funestate dell’attentato contro la squadra israeliana e la controversa partecipazione alle gare di Mosca boicottate dagli Stati Uniti. L’attore che lo ha impersonato non poteva ovviamente ripeterne le prestazioni in pista, e purtroppo malgrado gli sforzi nemmeno la fatica, la fame di vittoria e la volontà ferrea che lo sorreggeva. Ma la storia si faceva seguire.

 

Angela Merkel. Sistemata o quasi la pandemia in Germania senza fare troppe storie e pure l’Europa che grazie a lei ha persino partorito in accenno di bond comunitario, ha preso di petto Vladimir Putin e fatto trasferire l’oppositore Navalmy, sospetto di avvelenamento istituzionale da polonio, in un ospedale tedesco. Nel frattempo, il suo Bayern vinceva pure la Champions.

 

Carlo Messina. Non solo ha conquistato Ubi Banca, ma ha subito saputo strizzare l’occhio ai bergamaschi sponsorizzando l’Atalanta, squadra rivelazione anche in Champions League. Come già dimostrato con le banche venete, l’integrazione di Ubi nel rodato organismo di Intesa sarà facile. 

 

Maurizio Molinari. Il direttore di Repubblica e direttore editoriale del gruppo Gedi ha anticipato tutti e schierato il quotidiano per il no al referendum sul taglio dei parlamentari. Un buon endorsement, anche se a Largo Fochetti non sono più il giornale-partito di una volta. Ma come fa a continuare a sostenere, sia pure a giorni alterni, la maggioranza giallo-rossa? Intanto il Fondatore, Eugenio Scalfari, si chiede in un suo fondo come mai i giornali hanno spesso gli stessi titoli.

 

Andrea Pirlo. Uno dei più grandi giocatori italiani della penultima generazione, campione del mondo nel 2006, diventa allenatore della Juve senza mai aver allenato prima. Una grande scommessa ma anche una certezza, poichè un ex campione sa, forse più di altri (e di Maurizio Sarri certamente),  come gestire i campioni. Se Andrea Agnelli dovesse aver ragione, vuol dire che la Juve vincerà il decimo scudetto consecutivo, e questo non è il massimo per il campionato italiano. La Champions, chissà.

 

Belen Rodriguez. A giudicare dagli ultimi numeri di Chi, se ne sta tranquilla a Ibiza col nuovo fidanzato, che (finalmente) non è nè un calciatore, nè un pilota di moto Gp, nè un ballerino come l’ex marito che l’avrebbe tradito con Alessia Marcuzzi (sempre secondo il settimanale guidato da Signorini), ma un affermato hair stylist. Che sia la volta buona, la regina del gossip voyeristico sceglie la sede per eccellenza di tale disciplina: il salone di parrucchiere.

 

Matteo Salvini. Dopo la folle estate 2019, di cui lui stesso forse tuttora non si capacita, questa è del tutto in tono minore, anche se migranti e incertezza del governo sul tema lo tengono ancora a galla. Zaia, suo contraltare nella Lega, va forte ma i lombardi non cederanno mai ai veneti lo scettro. Da due settimane non si hanno notizie di Francesca Verdini, la fidanzata assennata.

 

I virologi. Per non far torto a nessuno, ciascuno si scelga il proprio riferimento. Sempre con rispetto del virus.

 

Nicola Zingaretti. Ci si aspetta che riesca ad adottare un sorriso meno stereotipato (e sempre uguale di fronte a qualsiasi argomento) quando si tratterà di affrontare sul serio la posizione del partito sul referendum. Anche se per tre volte sinora il Pd si è pronunciato per il taglio, i mal di pancia sono notevoli, dal redivivo Orfini in giù, senza contare che storicamente i suoi antenati comunisti hanno sempre difeso le prerogative del Parlamento. E se poi dovesse perdere una battaglia che comunque lo vede comprimario? Ci penserà Goffredo Bettini, mai così in spolvero, a giustificare ex post tutto. (Ade)

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