Non cambia la linea del Cremlino: chi vuole comprare il gas russo deve pagare in rubli. Mosca non recede dalla sua provocazione e torna a ribadire all’Occidente, attraverso il portavoce Dmitrij Peskov che “le aziende straniere possono acquistare i rubli con euro e dollari e pagare così il gas”. La Russia starebbe sviluppando un piano semplice, chiaro, trasparente e fattibile per far pagare la materia prima come chiede e, in ogni caso, per condurre le transazioni finanziare più importanti con l’estero attraverso l’utilizzo della propria moneta.
Nei giorni in cui i negoziati tra Russia e Ucraina hanno fatto registrare qualche segnale positivo, anche se non c’è un cessate il fuoco, l’altro conflitto - quello economico- procede su un percorso parallelo. In questo scenario la compravendita delle fonti energetiche resta uno dei tavoli più insidiosi e maggiormente attenzionati nello scacchiere internazionale. Putin non sembra voler rinunciare, almeno a breve termine, a vendere il suo gas agli europei ma vuole farlo alle sue condizioni. L’Ue, intanto, risponde: non pagheremo il gas russo in rubli. La posizione di Bruxelles è quella del G7: “i partner concordano nel chiedere alle compagnie di non accettare questa richiesta che è una chiara violazione unilaterale dei contratti esistenti”. Anche di questo si sarebbe discusso ieri nel corso di un colloquio telefonico tra il presidente russo e il capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron.
Le sanzioni iniziano a pesare in maniera determinante sull’economia russa. Le minacce di Putin e del suo entourage hanno più l’obiettivo di sparigliare i giochi ed esercitare una pressione sui Paesi ‘ostili’ che altro. Inutile dire che da parte del Cremlino c’è tutto l’interesse a rimuovere il blocco contro le attività bancarie e finanziarie nazionali ma anche a non smettere di vendere il gas che viene prodotto. L’incognita resta Putin. Nessuno sa davvero quello che ha in mente il dittatore e nessuno si fida più di lui. Dopo quanto sta accadendo in Ucraina niente può essere escluso. Diciamo però che nella partita dell’approvvigionamento energetico sia i Paesi sanzionanti che la Russia sono su un terreno scivoloso. Far precipitare la situazione non converrebbe a nessuna delle parti in causa. Non ora.
Per domani Putin attende un rapporto dal Gabinetto dei ministri, dalla Banca Centrale russa e da Gazprom sull’attuazione del cambio valuta in rubli per il pagamento delle forniture di materie prime. Il coro di ‘no’ che gli è piovuto addosso da parte degli acquirenti è però un dato di fatto ed è difficile immaginare che qualcuno ipotizzi di cambiare dollari e euro e poi provvedere ai pagamenti. Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni, ha ribadito quello che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha detto pochi giorni fa a margine del G7 e del Consiglio europeo: “i contratti prevedono il pagamento del carburante in euro e dovrebbero essere modificati per cambiare i termini”. Saldare in valuta russa implicherebbe una violazione degli atti negoziali, perciò si darà seguito agli obblighi così come sono scritti. In primis lo faranno Germania e Italia, i due Paesi che più di tutti sono legati mani e piedi ai rifornimenti che giungono dalla Federazione russa. Robert Habeck, vice cancelliere tedesco, in una dichiarazione resa nell’ambito del vertice G7 di pochi giorni fa ritiene che Putin sia ormai con “le spalle al muro”.