EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
La lezione della pandemia

La sanità grande assente dello scontro elettorale. Ma riguarda tutti

Dal Pnrr le risorse per fare “case e ospedali di comunità”, ma quel che serve davvero è la collaborazione tra tutti i soggetti del servizio pubblico

La sanità grande assente dello scontro elettorale. Ma riguarda tutti

Nella campagna elettorale che a dispetto della calda estate gira subito a pieno ritmo c’è un’assenza eccellente, la sanità. Nessuno ne parla, tutta l’attenzione è presa da chi sta con chi e da chi dovrebbe andare a guidare il governo se vince il centrodestra o il centro sinistra, le promesse già piovono copiose e chi le vende non dice mai con quali soldi intende finanziarle visto l’elevatissimo livello di debito pubblico che il Paese ha. Certo, la guerra in Ucraina ha fatto precipitare l’Europa nell’anticamera della recessione, è in ballo la collocazione internazionale del Paese, le bollette sono impazzite, la benzina costa quasi il 40 per cento in più di pochi mesi fa (e facciamo finta di non accorgercene), eppure è incredibile come l’emergenza pandemica, i rischi tuttora elevati di contagio, i limiti e gli esempi positivi della sanità durante i due anni in cui una intera generazione di anziani causa Covid ci ha lasciato (spesso tra sofferenze indicibili) siano del tutto estranei alla contesa elettorale più dura degli ultimi decenni. 

 

Alla fine nei programmi elettorali dei partiti, quei faldoni enormi che nessuno legge, un capitolo sulla sanità verrà inserito, ma in realtà stiamo assistendo ad una vera e propria rimozione pubblica del tema che, tra luci ed ombre, ci ha accompagnato negli ultimi due anni e mezzo della nostra vita: oltre 171 mila vittime, sofferenze atroci nella prima fase, enormi difficoltà in Lombardia, la regione dove la sanità veniva ritenuta un’eccellenza, tantissimi episodi di autentico eroismo nella sanità pubblica (ricordiamo tutti le foto di colleghi medici e infermieri sfiniti e con il viso segnato dai solchi delle mascherine dopo turni lunghissimi in rianimazione e in corsia), le vaccinazioni. E ancora i danni indiretti che il Covid ha fatto, e che è difficile quantificare: quante malattie ordinarie, e magari gravi, non sono state affatto curate o curate male perchè gli ospedali erano intasati, gli ambulatori chiusi o riconvertiti ai tamponi, le liste d’attesa, già lunghe e penalizzanti, rimandate a chissà quando? Tutto questo ha penalizzato gravemente, cosa evidente anche se non abbiamo ancora dati attendibili, i più fragili e gli strati economicamente più deboli della popolazione.

 

Ecco perchè bisognerebbe discutere in campagna elettorale di sanità. L’Italia ha un servizio sanitario pubblico che altri paesi (pensiamo agli Stati Uniti) non hanno, ma oggi si pone con urgenza il tema della sua ri-organizzazione alla luce della drammatica esperienza della pandemia (nonché degli altri problemi che già si erano abbondantemente evidenziati in precedenza) e, ovviamente, della sua sostenibilità economica poichè, come sappiamo, quella per la sanità è la più alta e importante voce di spesa nel bilancio delle Regioni. Siamo uno dei paesi al mondo con la più alta percentuale di anziani, quota destinata a salire ogni anno che passa, ma i leader politici promettono solo pensioni più alte (anche se 50 o 100 euro in più, se effettivamente dovessero arrivare ben poco risolvono) ed evitano di affrontare il tema della sanità, quando invece è evidente che la vita media che si è allungata pone con forza il tema di come e in quali condizioni di salute si passano gli anni in più che ci troviamo a vivere. 

 

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina una parte dei suoi fondi alla sanità, l’8,6 per cento del totale. E una parte, circa 8 miliardi, è già stata assegnata nella primavera scorsa alle Regioni. Non è il caso di discutere qui se si tratta di poco, di abbastanza o di molto, anche se ben oltre la metà se ne andrà nell’adeguamento antisismico degli ospedali e nella digitalizzazione dei dipartimenti di emergenza e di accettazione (cose sacrosante, ma che non cambiano la qualità del rapporto con i pazienti-clienti). E’ decisivo invece come vengono impiegati i fondi che vanno davvero a interventi sul territorio, ma anche qui non c’è uno straccio di dibattito pubblico e a malapena se ne occupano pochi addetti ai lavori.

 

Poichè la pandemia ha portato alla luce i tagli ai posti letto negli ospedali, si punta sulle cosiddette “case o ospedali di comunità”, strutture da spalmare sul territorio affinchè i presidi sanitari siano più vicini ai pazienti. Si tratta di un proposito saggio, ma che necessita per essere  realizzato in modo efficace di un’analisi accurata sia delle esigenze di ciascun territorio, sia della ripartizione delle attrezzature tecnico-scientifiche tra esse e gli ospedali più importanti, sia (soprattutto) della disponibilità di medici e infermieri dalle competenze ampie per far fronte alle più diverse richieste di cura, e sappiamo invece tutti che sia il reclutamento sia la formazione dei professionisti del settore stanno gravemente segnando il passo.

 

Devo aggiungere che sul territorio c’è bisogno da parte di tutti gli operatori sanitari, dai dirigenti, ai medici e agli infermieri, di una sensibilità sociale, di un’attenzione al rapporto non solo con i pazienti e con le loro malattie ma anche con i loro familiari all’interno di un dialogo che non può essere solo burocratico, o solo affidato a fredde mail. E’ fondamentale invece valorizzare il rapporto umano mentre si affrontano e si risolvono i punti più critici: nell’azienda sanitaria dove lavoro abbiamo ridotto in pochi mesi le liste d’attesa su importanti patologie per il semplice fatto che abbiamo capito dove e perchè si formava l’ingorgo e abbiamo chiesto la collaborazione di tutti i soggetti interessati per risolverlo. Talvolta ci vuole poco, altre volte è molto più difficile, ma molto si può fare se c’è lo spirito di collaborazione, se non tutto viene affrontato come questione di orario sindacale. E le cose potrebbero migliorare se solo al centro capissero che macchine preziose come quelle della risonanza magnetica o tante altre (la vera differenza tra la medicina di oggi, che consente di prevenire meglio, e quella di ieri) devono lavorare 24 ore al giorno, adattando i turni di lavoro delle persone alle macchine e non viceversa. 

 

C’è dunque molto da fare, e sono fiduciosa che la politica nel suo complesso, senza differenze di schieramento, sia più attenta alla questione sanitaria, che è questione sociale e umana fortissima. Che riguarda tutti, come e più delle questioni internazionali che giustamente ci stanno preoccupando in questi mesi.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA