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Il servizio pubblico ad una svolta critica

Al rilancio della sanità servono scelte bipartisan, basta teatrini

Meloni vuole razionalizzare la spesa, Schlein e le Regioni premono per avere più risorse. Ma servono soprattutto più medici e infermieri sul territorio

Al rilancio della sanità servono scelte bipartisan, basta teatrini

Da cittadina che cerca di capire e non di schierarsi, non so se Giorgia Meloni faccia bene ad attaccare i magistrati piuttosto che l’Europa e, in generale, a ribattere colpo su colpo a qualsiasi critica, anche a quella più pretestuosa. Quel che invece proprio non capisco è perché la premier lasci nelle mani di Elly Schlein e del Pd il delicatissimo tema della sanità: non c’è bisogno di un sondaggio sulle preoccupazioni degli italiani per sapere che la salute si contende il primo posto con il lavoro, con la differenza che la sanità riguarda davvero tutti visto che siamo uno dei paesi con l’età media più alta del mondo. 

 

Ricapitolo brevemente quello che è successo nel rapporto tra politica e sanità nell’ultimo anno: in campagna elettorale nessuno dei partiti maggiori (come i nostri lettori ricorderanno perchè fummo noi a farlo notare seguiti poi da alcuni articoli del Corriere della Sera) se ne occupò proprio perchè sull’argomento era controproducente fare promesse che poi difficilmente potevano essere mantenute. Soltanto Carlo Calenda e Azione, con l’expertise di Walter Ricciardi, misero al centro del proprio programma la situazione del servizio sanitario nazionale e le proposte per migliorare i punti critici. Da allora la cronaca ha fatto registrare l’aumento della pressione sui pronto soccorso e sugli ospedali, l’arrivo dei fondi del Pnrr per rafforzare la sanità del territorio con le case e gli ospedali di comunità e, in generale, la crescita dell’insofferenza degli italiani verso le liste d’attesa, i pochi posti letto disponibili e i singoli disservizi. Poi le prime indiscrezioni sulla legge di bilancio, con l’ipotesi di un taglio di due miliardi alla sanità e la decisione della segretaria del Pd di cavalcare come principale partito di opposizione la questione sanità e non soltanto i diritti (sacrosanti) delle minoranze. Il presidente della Repubblica ha detto poche sentite parole (“il servizio sanitario nazionale è un patrimonio prezioso, da difendere e da adeguare”) mentre Giorgia Meloni ha di fatto difeso i tagli spiegando tuttavia che “bisogna uscire da una discussione miope tutta incentrata sull’aumento delle risorse e riflettere su come esse vengono impiegate perchè non basta spendere ma bisogna farlo in modo efficiente”. Nel frattempo le Regioni avevano chiesto un aumento delle risorse per 4 miliardi e Schlein ribatteva in tempo reale alla premier: “è la beffa oltre il danno”. 

 

Ora, al di là dello scontro politico e detto che sarebbe stato certamente una scelta più popolare e facilmente comprensibile se il governo avesse destinato più risorse alla sanità invece di giocare in difesa, come stanno le cose sul campo, negli ospedali e sul territorio? 

 

Ecco alcuni punti chiave su cui credo ci sia poco da discutere: a) mancano medici e infermieri e ne mancheranno ancora di più nei prossimi anni con l’uscita di tanti colleghi ultra sessantenni, mentre altri preferiscono andare a lavorare all’estero. Questo crea ovviamente difficoltà importanti a chi resta, che deve far fronte ad una mole superiore di lavoro e certo non bastano a coprire i buchi nella specialistica o negli ospedali i laureandi o le poche decine di medici arrivati da Cuba in Calabria; b) contemporaneamente la figura del medico è stata, come dire, svalutata: troppa burocrazia, molta paura di sbagliare e rimandi magari eccessivi alla radiologia, mentre magari servirebbe maggiore appropriatezza prescrittiva; c) i tagli alla sanità non sono di oggi, vanno avanti da almeno quindici anni e con tutti i governi: oggi ne vediamo le conseguenze, soprattutto quelle derivanti dalla chiusura di tanti piccoli ospedali con la pressione che diventa spesso poco sostenibile  su quelli più grandi. Nel frattempo la medicina del territorio deve raggiungere entro il 2026 l’obiettivo di occuparsi del 10 per cento degli ultrassentacinquenni fragili, e anche qui spesso mancano gli specialisti e gli stessi medici di famiglia; d) esiste certamente un problema di efficienza della spesa, che varia da regione a regione spesso in modo clamoroso per gli stessi servizi, ma nonostante gli sforzi possibili di razionalizzazione il tema delle risorse resta: Germania e Francia impegnano nella sanità il 10 per cento del proprio prodotto interno lordo, noi soltanto il 6 per cento.

 

Su una cosa tuttavia Meloni ha del tutto ragione: il tema è complesso, per cui ritengo che non debba essere oggetto di polemica partitica o elettorale ma di un approccio assolutamente bipartisan. I medici e gli infermieri che servono non si formano in poco tempo, l’efficienza della spesa deve provare almeno a compensare l’invecchiamento della popolazione, la Telemedicina deve partire e ha bisogno di investimenti e di formazione. A breve dunque occorre serrare i ranghi, lavorare il più possibile in squadra, cercare di alleggerire i medici dal carico burocratico, introdurre magari incentivi e disincentivi, rivalutare lo straordinario. E anche parlarsi di più tra colleghi, e non solo via mail. Ci vorrebbe più comunicazione, interna per migliorare il servizio con la collaborazione di tutti ed esterna con le famiglie dei pazienti e con l’opinione pubblica per rendere tutti (anche i politici) più consapevoli della difficoltà ma anche dello spirito di sacrificio dei medici e degli infermieri che oggi tengono in piedi il sistema. Se il servizio sanitario nazionale è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare, come ha giustamente sintetizzato Sergio Mattarella, è importante che le due azioni (razionalizzazione della spesa e  nuovi investimenti) vadano fatte contemporaneamente, altrimenti dei buoni propositi per il rilancio della sanità da tutti indicati come priorità assoluta durante il Covid resteranno soltanto le vuote parole. Sulla sanità, ripeto, c’è bisogno non dello scontro politico ma della ricerca bipartisan delle soluzioni migliori.

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