184esimo giorno

A sei mesi dal massacro di Hamas, aumenta la tensione a Gaza e in MO

Raid israeliani, proteste a Tel Aviv, e la minaccia iraniana dominano i titoli mentre i negoziatori si riuniscono al Cairo per cercare un accordo di pace

A sei mesi dal massacro di Hamas, aumenta la tensione a Gaza e in MO

La lunga e sanguinosa guerra di Gaza ha raggiunto un punto critico. Mentre i negoziatori internazionali si preparano per i colloqui al Cairo, la popolazione civile affronta una crisi umanitaria senza precedenti. La comunità internazionale osserva con apprensione, sperando in una tregua che possa portare pace e stabilità nella regione.

 

Raid e proteste: Netanyahu sotto pressione

La tensione in Medio Oriente si acuisce con i recenti raid di Israele nel Libano orientale. Nel frattempo, le strade di Tel Aviv sono state invase da una grande protesta, con i cittadini che chiedono le dimissioni del Primo Ministro Netanyahu. La mancanza di una strategia chiara per il cessate il fuoco e le dichiarazioni del ministro britannico Cameron, che ha sottolineato come il sostegno a Israele non sia incondizionato, hanno aggiunto incertezza alla già volubile situazione politica.

Oggi, la guerra nella Striscia di Gaza entra nel suo settimo mese. Un’offensiva iniziata con un attacco di Hamas in Israele il 7 ottobre continua senza sosta, causando una catastrofe umanitaria. Sempre oggi, i negoziatori di Stati Uniti, Egitto, Qatar, Israele e Hamas si incontrano al Cairo, con l’obiettivo di negoziare una tregua e il rilascio degli ostaggi. La diplomazia internazionale entra in gioco con la partecipazione di figure chiave come il capo della CIA, Bill Burns, e il capo del Mossad israeliano, David Barnea. La Casa Bianca ha confermato i colloqui, che vedranno la partecipazione di delegazioni israeliane e di Hamas, insieme a rappresentanti egiziani e del Qatar. Questi incontri rappresentano una speranza per il futuro, un barlume di possibilità per la fine di un conflitto che ha segnato profondamente la regione e la cui devastazione è palpabile: con oltre 33.000 morti, la maggior parte civili, e una popolazione di 2,4 milioni di persone sull’orlo della carestia.

 

Raid israeliani in Libano orientale, Idf conferma

All’alba di oggi, le forze israeliane hanno lanciato raid nel Libano orientale, una zona nota per la presenza di Hezbollah. Nonostante la tensione, non si registrano vittime. Gli attacchi hanno interessato Janta e Sifri, nella valle della Bekaa. Janta, arida e montuosa, confina con la Siria; Sifri è nel cuore della valle. La Protezione civile libanese conferma l’assenza di vittime.

Da ottobre, i conflitti al confine tra Israele e Hezbollah sono quasi giornalieri. Hezbollah mira alle postazioni israeliane, Israele risponde con incursioni nel territorio libanese. L’abbattimento di un drone israeliano da parte di Hezbollah ha intensificato gli scontri. L’Idf conferma la perdita del drone e i raid su Baalbek, mirati a infrastrutture di difesa aerea di Hezbollah, in risposta all’attacco al drone.

 

Proteste in Israele, “Netanyahu dimettiti”

Un’ondata di proteste ha travolto Tel Aviv ieri sera, con decine di migliaia di cittadini che hanno invaso la “Piazza della Democrazia”, chiedendo a gran voce le dimissioni del primo ministro Benjamin Netanyahu. Circa 100mila persone, secondo gli organizzatori, hanno manifestato contro le riforme giudiziarie, scandendo il ritmo della protesta con richieste di elezioni immediate. La voce del dissenso si è diffusa anche in altre città, con il leader dell’opposizione Yair Lapid che ha partecipato a un raduno a Kfar Saba, esprimendo la necessità di un cambiamento politico prima di volare a Washington per i colloqui. La tensione ha raggiunto il culmine a Tel Aviv, dove scontri con la polizia hanno portato a un arresto. La protesta si è ampliata con l’adesione delle famiglie degli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza, sottolineando l’urgenza di una risoluzione.

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