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Erosione capitale sociale e DL Liquidità: insidia per amministratori

Erosione del capitale sociale nell’esercizio 2019 e DL Liquidità, una pericolosa insidia per gli amministratori, necessario un intervento chiarificatore

Erosione capitale sociale e DL Liquidità: insidia per amministratori

Ogni qualvolta che il legislatore emana una norma, il passo successivo è quello di interpretarla. In diritto si dice “interpretazione giuridica”. Per poter svolgere correttamente tale attività è necessario rifarsi a ciò che stabilisce l’art. 12 delle Preleggi.

 

Esso prevede che "nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore".

 

Cosa significa: che una prima interpretazione va data attenendosi al testo letterale della norma (in diritto si usa un brocardo, “in claris non fit interpretatio”, ovvero “nelle cose chiare non è concessa interpretazione”) e, in caso di ambiguità, dalla ratio della norma, ossia lo scopo che il legislatore ha inteso realizzare, emanandola.

 

Proviamo quindi ad applicare questo enunciato normativo all’art. 6 del decreto Liquidità.

Il testo è il seguente: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile.

Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.

 

Il primo periodo (grammaticale) stabilisce che per gli esercizi chiusi dal 9 aprile (data di entrata in vigore del decreto) fino al 31 dicembre 2020, ricomprendendo quindi anche gli esercizi non coincidenti con l’anno solare, non si applicano le disposizioni, previste dal codice civile, che attribuiscono specifici obblighi in capo agli amministratori al verificarsi di una riduzione di capitale sociale a seguito di perdite. Successivamente, ed è qui che si fa confusione, sospende per lo stesso arco temporale la causa di scioglimento, prevista dall’articolo 2484, primo comma, numero 4) e dall’articolo 2545-duodecies, (per le società cooperative).

 

Così scritta, una società che consegue nell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019, quindi fuori dall’arco temporale previsto, una perdita tale da ridurre il capitale sociale al di sotto del limite legale, non potrebbe beneficare della sospensione degli effetti delle disposizioni previste dal codice civile per queste fattispecie, tuttavia, si troverebbe nell’impossibilità (per l’organo amministrativo) di accertare la causa di scioglimento, qualora i soci decidano di porre la società in liquidazione.

 

Purtroppo, nella pratica, questa problematica si sta già verificando, tanto è vero che in questi giorni varie Camere di Commercio d’Italia stanno rigettando le pratiche di deposito della dichiarazione di accertamento di detta causa.

 

La norma però non è chiara e di certo non può bastare l’interpretazione testuale.

Cerchiamo quindi di capire l’intenzione del legislatore, quella ratio che sta alla base del siffatto enunciato normativo. Per farlo ci viene in aiuto la relazione illustrativa.

 

Nella relazione infatti appare chiaro l’intento di evitare che le perdite d’esercizio derivanti dalla crisi economica “da COVID-19” possano determinare, per moltissime società, una perdita di capitale tale da porre gli amministratori nell’alternativa tra l’immediata messa in liquidazione, con perdita della prospettiva di continuità per imprese anche performanti, ed il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa (prevista dal novellato art. 2486 del codice civile).

 

Un ulteriore spunto interpretativo lo si può ricercare nella norma prevista dall’art. 26 del D.L.179/2012 (peraltro richiamata dalla circolare MISE n. 3723 del 15 aprile 2020).

 

La richiamata disposizione prevede che le “start-up innovative che si trovino nelle ipotesi previste dagli articoli 2447 o 2482-ter del codice civile l'assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all'immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell'esercizio successivo. Fino alla chiusura di tale esercizio non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, punto n. 4), e 2545-duodecies del codice civile”.

 

È quanto mai auspicabile, in sede di conversione in Legge, un intervento chiarificatore da parte del legislatore, vista l’importanza di una norma che, se interpretata male, potrebbe esporre gli amministratori a notevoli responsabilità patrimoniali.

 

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