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l’“Asse del Male”

Medio Oriente, cento giorni di guerra e morte tra Israele e Hamas

La situazione è sempre più drammatica nella Striscia. Il premier Netanyahu sfida la comunità internazionale e promette di non fermarsi fino alla vittoria

 Medio Oriente, cento giorni di guerra e morte tra Israele e Hamas

Il Medio Oriente è da sempre una regione tormentata da tensioni e conflitti, ma negli ultimi mesi la situazione è precipitata a livelli mai visti prima. Da quel 7 ottobre 2023, giorno in cui Hamas, il movimento islamista che ha controllato finora la Striscia di Gaza, ha sferrato una massiccia operazione terroristica contro Israele e preso centinaia di persone in ostaggio, la guerra non si è più fermata, provocando migliaia di vittime civili, soprattutto tra i palestinesi, e un milione di sfollati. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato di voler annientare Hamas e di non temere le critiche e le condanne della comunità internazionale, compresa la Corte internazionale di giustizia. Nel frattempo, gli Stati Uniti e il Regno Unito, alleati di Israele, hanno intensificato i loro attacchi contro gli Houthi, i ribelli sciiti sostenuti dall’Iran che combattono contro il governo yemenita. 

 

Le origini del conflitto tra Israele e Hamas

Il conflitto tra Israele e Hamas ha radici storiche e politiche profonde, che risalgono alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 e alla successiva occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele. Hamas è nato nel 1987 come una branca della Fratellanza Musulmana, con l’obiettivo di liberare la Palestina dall’occupazione israeliana e di instaurare uno Stato islamico. Hamas è considerato un’organizzazione terroristica da Israele, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, ma gode di un ampio sostegno popolare tra i palestinesi, soprattutto a Gaza, dove ha vinto le elezioni nel 2006 e ha preso il controllo della Striscia nel 2007, dopo aver sconfitto il movimento rivale Fatah, guidato dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas.

Da allora, Gaza è stata sottoposta a un blocco economico e militare da parte di Israele e dell’Egitto, che ha aggravato la situazione umanitaria e sociale dei suoi due milioni di abitanti. Hamas ha continuato a sfidare Israele con attacchi sporadici di razzi e attentati suicidi, mentre Israele ha risposto con operazioni militari e raid aerei, che hanno causato numerose vittime civili. Tra il 2008 e il 2014, ci sono state tre guerre tra Israele e Hamas, che hanno portato a oltre 4mila morti e 20mila feriti. L’ultima tregua era stata raggiunta nel 2018, grazie alla mediazione dell’Egitto e delle Nazioni Unite, ma è stata rotta il 7 ottobre 2023, quando Hamas ha lanciato un attacco a sorpresa contro Israele, scatenando una nuova crisi nel Medio Oriente. L’operazione, denominata “Tempesta Al-Aqsa”, ha previsto il lancio di migliaia di razzi da Gaza verso il territorio israeliano, l’infiltrazione di miliziani armati via terra, mare e aria, e la cattura di decine di ostaggi tra civili e militari. L’attacco ha colpito diverse città e villaggi israeliani, tra cui Tel Aviv e Gerusalemme.

Hamas ha rivendicato l’attacco come una risposta alle violazioni israeliane della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, considerata il terzo luogo santo dell’Islam. 

 

Cento giorni di guerra senza quartiere

Da quel giorno, la guerra tra Israele e Hamas è entrata in una nuova fase, più violenta e sanguinosa. Israele ha scatenato una campagna aerea e terrestre senza precedenti contro Gaza, mirando a distruggere le infrastrutture, le basi e i depositi di armi di Hamas, ma colpendo anche scuole, ospedali, moschee e abitazioni civili. Hamas ha replicato con migliaia di razzi, alcuni dei quali hanno raggiunto le principali città israeliane, come Tel Aviv e Gerusalemme, provocando allarme e panico tra la popolazione. Il bilancio dei morti è stato drammatico: secondo le fonti palestinesi, oltre 20mila palestinesi sono stati uccisi, di cui più della metà donne e bambini, e oltre 100mila sono rimasti feriti. Secondo le fonti israeliane, invece, sono stati uccisi 500 soldati e 200 civili israeliani, e feriti altri 3mila. Inoltre, un milione di palestinesi sono stati costretti a fuggire dalle loro case, cercando rifugio nelle scuole gestite dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, o nelle zone più sicure della Striscia. La situazione umanitaria a Gaza è diventata insostenibile: mancano acqua, cibo, elettricità, medicine e materiali per ricostruire. Le organizzazioni umanitarie hanno lanciato appelli disperati per soccorrere la popolazione, ma hanno incontrato difficoltà a entrare nella Striscia a causa del blocco israeliano. 

 

La sfida di Netanyahu alla comunità internazionale

La guerra tra Israele e Hamas ha suscitato la condanna e la preoccupazione della comunità internazionale, che ha chiesto ripetutamente il cessate il fuoco e il ritorno al dialogo. Tuttavia, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto ogni tentativo di mediazione, sostenendo di voler continuare la guerra fino a eliminare definitivamente la minaccia di Hamas. Netanyahu ha accusato Hamas di usare i civili palestinesi come scudi umani e di violare il diritto internazionale, mentre ha rivendicato il diritto di Israele di difendersi dai razzi di Hamas. Netanyahu ha anche sfidato la Corte internazionale di giustizia, che ha aperto un’inchiesta sui presunti crimini di guerra commessi da Israele durante il conflitto. Il premier israeliano ha definito la Corte “un’istituzione politica e anti-israeliana”, e ha detto di non riconoscerne la giurisdizione.

Inoltre, Netanyahu ha attaccato l’“Asse del Male”, ovvero l’Iran e i suoi alleati, come Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen, accusandoli di sostenere Hamas e di minacciare la sicurezza di Israele e della regione. Netanyahu ha affermato di aver ricevuto il sostegno degli Stati Uniti, il principale alleato di Israele, e del segretario di Stato americano Antony Blinken, che ha visitato Israele nei giorni scorsi. Netanyahu ha detto che la guerra contro Hamas è anche una guerra contro l’Iran e il terrorismo, e che Israele è in prima linea nella difesa dei valori occidentali.

 

Gli attacchi Usa in Yemen contro gli Houthi

Mentre la guerra tra Israele e Hamas imperversa, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno intensificato i loro attacchi contro gli Houthi, i ribelli sciiti che combattono contro il governo yemenita, riconosciuto dalla comunità internazionale, e che controllano la capitale Sanaa e gran parte del nord del paese. Gli Houthi sono sostenuti dall’Iran, che li fornisce di armi, missili e droni, con cui hanno colpito obiettivi militari e civili in Yemen e in Arabia Saudita, il principale nemico dell’Iran nella regione e alleato degli Stati Uniti. Gli attacchi degli Stati Uniti, guidati dal Comando Centrale, hanno avuto come obiettivo le piattaforme di lancio di missili e droni degli Houthi, che rappresentano una minaccia per la sicurezza regionale e internazionale. 

 

Un intervento internazionale per fermare la guerra

Di fronte a questa situazione, è urgente e necessario un intervento internazionale per fermare la guerra e avviare un processo di dialogo e di negoziazione tra le parti in conflitto. L’ONU, l’Unione Europea, la Lega Araba e altre organizzazioni regionali e internazionali devono esercitare una forte pressione su Israele e Hamas, e sugli Stati Uniti e gli Houthi, per convincerli a cessare le ostilità e a rispettare il diritto umanitario. Inoltre, è indispensabile fornire aiuti umanitari e assistenza alle popolazioni colpite dalla guerra, garantendo l’accesso alle zone più bisognose e la protezione dei civili. Infine, è necessario riprendere il dialogo politico e diplomatico tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese, e tra il governo yemenita e gli Houthi, con il sostegno della comunità internazionale, per trovare una soluzione pacifica e duratura ai conflitti, basata sul principio dei due Stati per il caso israelo-palestinese, e sul rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità nazionale per il caso yemenita. Solo così si potrà porre fine alla guerra e alla sofferenza nel Medio Oriente, e garantire la pace e la sicurezza per la regione e per il mondo. 

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