EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme

Vito Turi: produzione e vendita del Made in Italy vanno allineate

Intervista: Il Presidente del Gruppo Turi, leader in Italia nella produzione delle cucine, chiede al governo anche misure specifiche e veloci per il Sud.

Vito Turi: produzione e vendita del Made in Italy vanno allineate

Vito Turi è l’industriale delle cucine Made in Italy che per primo aveva scelto di chiudere gli stabilimenti per l’emergenza Coronavirus. E’ presidente e amministratore delegato del Gruppo Turi, 140 mln di euro di fatturato, azienda leader nel settore delle cucine con i marchi Mobilturi, Evo Cucine e Net Cucine. Come spesso accade in Italia, l’azienda è nata dalla bottega di falegnameria del padre Pasquale, poi sviluppatasi grazie all’impegno dei 6 figli fino ad arrivare a centinaia di dipendenti. Con una storia di questo tipo, è naturale che vi sia uno stretto legame tra l’azienda e i dipendenti, la salute dei quali è considerata un valore. Oggi che l’Italia è alle prese con una complicata e confusa Fase 2, Vito Turi racconta a The Italian Times la sua esperienza di imprenditore alle prese con l’emergenza Covid-19.

 

Presidente Turi, che cosa ha significato per la Sua azienda la scelta di chiudere?

Lo scorso 10 marzo sono stato il primo nel settore del mobile a chiudere l’azienda, per mia volontà, quando non era obbligatorio e ancora tutti dicevano “andiamo avanti”. Se guardiamo solo ai numeri, questa scelta per noi ha significato una perdita: per tutelare la salute dei dipendenti abbiamo consapevolmente scelto di interrompere la continuità della filiera. Ovviamente lo rifarei: la salute dei nostri dipendenti viene prima dei numeri. Ora che stiamo per ripartire, avendo a disposizione tutti i dispositivi di protezione individuale e le garanzie di sicurezza per il personale, ci troviamo a fare i conti con i pagamenti rallentati e le conseguenze del blocco economico e produttivo.

 

Con il nuovo Dpcm l’Italia entrerà nella tanto attesa Fase 2 che consentirà alle aziende di produzione di riprendere l’attività lavorativa, seppure nel rispetto delle normative di sicurezza. Ma i negozi di vendita al dettaglio dovranno attendere fino al 18 maggio. Qual è il Suo punto di vista?

Per noi produttori questo disallineamento tra vendita e produzione è inaccettabile: non fa che danneggiarci ulteriormente. Il mio Gruppo è presente sul mercato italiano con oltre 2000 rivenditori e 70 punti vendita monomarca, che in base al dpcm devono restare chiusi fino al 18 maggio. Ma il nostro ciclo di lavoro, con oltre 500 cucine prodotte ogni giorno, inizia proprio lì: parte con la ricezione degli ordini da parte dei punti vendita al dettaglio nei vari territori, che poi vengono presi in carico dalla nostra azienda. La produzione è, come si dice, “just in time”: fatta al momento, su misura e personalizzata in ogni dettaglio in base alle richieste del cliente. Questo tipo di lavorazione non prevede lo stoccaggio di pezzi in magazzino. Per questi motivi dico che il dpcm, non seguendo le filiere ovvero il ciclo della produzione, è sbagliato perché non tiene conto di come funzionano le industrie. Per il nostro ciclo produttivo, un ritardo di 15 giorni è un tempo enorme. Per noi è assurdo fare tornare al lavoro 200 persone se tutti i rivenditori sono chiusi. Riaprire così non ha senso, oltre ad essere per la nostra azienda economicamente insostenibile: una riapertura a singhiozzo rischia solo di affondare ancora di più il nostro settore.

 

A proposito di settore: Lei ritiene che il governo avrebbe dovuto considerare in modo più specifico il settore dell’arredamento, che è anche uno dei cardini del Made in Italy?

Assolutamente sì! Pensiamo ai negozi di arredamento e agli showroom: per definizione dispongono di aree espositive di ampie dimensioni e, cosa ancor più importante, già ante-Covid avevano un tipo di affluenza calibrata con accesso su appuntamento. Da questo punto di vista le restrizioni del dpcm risultano incomprensibili, perché i nostri punti vendita al dettaglio sono naturalmente predisposti al rispetto delle nuove norme di sicurezza. E non mi riferisco solo alla mia azienda, ma a tutto il settore dell’arredamento: la filiera del legno e dell’arredo è il cuore pulsante del Made in Italy e come tale richiederebbe una maggiore attenzione da parte del governo e della task force che lo consiglia.

 

Lei è anche rappresentante di un’altra importante “categoria” italiana: il Sud. Che cosa ha significato questo in relazione all’emergenza Covid-19?

Come dico sempre ai miei figli e nipoti, il Sud ci ha insegnato ad essere più bravi degli altri. Ad anticipare il cambiamento invece di subirlo. Che cosa significa? Che se il nostro lavoro consiste nell’offrire un prodotto eccellente, in tempi brevi e a prezzi contenuti, noi dobbiamo essere ancora più bravi degli altri perché siamo in un territorio che, a differenza di altri, non offre infrastrutture. Forse anche per questo noi abbiamo sempre investito in tecnologia e innovazione e oggi nello stabilimento pugliese produciamo la nostra linea di fascia più alta. Ciò significa anche manodopera qualificata, e quindi ecco perché noi e i nostri dipendenti abbiamo un rapporto, per così dire, speciale. Quindi essere abituati ad anticipare il cambiamento, in un certo senso, ci ha portati anche ad anticipare la reazione al Covid! Questo però non ci protegge dal danno che stiamo subendo, noi e le altre imprese del Sud, dal vivere questa emergenza come attori di un territorio che già prima era svantaggiato. Ecco, visto che siamo attori del tessuto economico e sociale dei nostri territori, vogliamo essere attori protagonisti: chiediamo a Conte un intervento immediato che porti alla riapertura dell’intera filiera del mobile per evitare, prima che sia troppo tardi, un danno ancor più pesante al tessuto produttivo italiano. Nei prossimi dpcm, che andranno a regolamentare la nostra vita dalla Fase 2 in poi, chiediamo che ci sia una attenzione specifica per il Sud e in particolare per le specificità produttive delle aziende meridionali, che operano in condizioni che non sono paragonabili a quelle del Nord e nonostante questo mantengono vivo il tessuto sociale, produttivo ed economico del Paese.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA