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Dichiarazione dei redditi 2020: si avvicina il termine di pagamento

Nessun differimento per le imposte delle dichiarazioni fiscali entro il 30 giugno, in alternativa il 30 luglio Irpef, Ires, acconto anno d'imposta 2020

Dichiarazione dei redditi 2020: si avvicina il termine di pagamento

Ormai ci siamo, il prossimo 30 giugno sono in scadenza il saldo delle imposte e dei contributi dovuti per il 2019 e il primo acconto per il 2020, relativi alle Dichiarazioni Redditi 2020 con possibilità di spostamento al 30 luglio 2020 con lo 0,40 in più.

 

Lo spostamento dal 30 giugno al 20 luglio si riferisce ai soggetti per i quali è prevista l'applicazione degli ISA (una sorta di pagella fiscale per soggetti economici con compensi/ricavi sino a 5.164.569) e per i forfettari.

 

Infatti, tra le numerose proroghe e rinvii che hanno caratterizzato questo periodo, al momento abbiamo una certezza: nessun differimento per le imposte relative alle dichiarazioni fiscali.

 

Non è difficile intuirne il motivo, senza queste entrate lo Stato sarebbe in grave difficoltà, l’indebitamento è già ai livelli massimi e urgono risorse per finanziare tutte le misure di sostegno adottate in questo periodo di drammatica emergenza.

 

Cosa scade al 30 giugno o in alternativa al 30 luglio?

Scade il termine per il pagamento del saldo delle imposte sul reddito (Irpef/Ires) e relative addizionali per l’anno d’imposta 2019 e la prima rata di acconto per l’anno d’imposta 2020.

 

Considerata la grave situazione di difficoltà finanziaria di numerose realtà imprenditoriali, cerchiamo di capire se ci sono delle strade legittime che ci consentono di tarare al meglio il nostro debito tributario in scadenza, atteso, che come detto, difficilmente ci sarà una proroga generalizzata, ma nelle migliori delle ipotesi sarà per settore e/o per parametro dimensionale (ricavi/fatturato).

 

Una prima valutazione va fatta per il pagamento degli acconti. Per determinare l’acconto, i contribuenti dispongono di due metodi di calcolo: lo “storico” basato sui dati dell'anno precedente, e il “previsionale” basato sul minore reddito dell’anno in cui si versa l’acconto. L’acconto è dovuto per l'anno in cui si versa ed è una quota percentuale dei tributi e delle altre somme relative all'anno precedente, salvo che non si opti, come detto, per il metodo previsionale. In base alle norme vigenti, ad esempio, per i contribuenti non soggetti agli indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) l’acconto è pari al 100% dell’imposta dichiarata nell’anno e deve essere versato in due rate rispettivamente del 40% e del 60%. Pertanto, tornando a noi e all’imminente scadenza, il 30 giugno (con l’alternativa del 30 luglio con maggiorazione del 0,40%) scade il pagamento della prima rata di acconto per l’anno d’imposta 2020 pari al 40% mentre il residuo 60% scadrà a novembre.

 

Ciò detto e considerato che la legge prevede il metodo previsionale, si dovrà valutare l’opportunità di non calcolare gli acconti 2020 delle imposte sui redditi in base ai risultati 2019, ma diversamente sviluppare dati previsionali del risultato 2020, che gioco forza, per le note vicende Covid, rischia di essere in netta contrazione rispetto all’anno precedente. Pertanto il consiglio è: niente automatismi con il metodo storico nella determinazione degli acconti ma adottare il metodo previsionale, in tal senso anche agevolati da una misura prevista dal decreto liquidita n.23/2020 ora legge. Infatti, l’articolo 20 del decreto stabilisce, solo per il periodo d’imposta 2020, la non applicazione di sanzioni e interessi in caso di insufficiente versamento delle somme dovute se l'importo versato non è inferiore all’80% della somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto sulla base della dichiarazione relativa al periodo di imposta in corso. In sostanza, non saranno dovuti interessi e sanzioni, in caso di scostamento dell'importo versato a titolo di acconto per il 2020, rispetto a quello dovuto sulla base dei risultati della dichiarazione dei redditi, entro il margine del 20 per cento.

 

La norma è da accogliere con particolare favore, in quanto consente di fare valutazione previsionali più flessibili, avendo il sistema ammesso un certo margine di tolleranza; ma non solo, la norma rivela altresì come già lo stesso Governo abbia la piena consapevolezza che tanti contribuenti faranno ricorso al metodo previsionale, che risulta a questo punto oltre che legittimo – cosa scontata- anche incoraggiato, per mantenere liquidità nel ciclo dell’attività aziendale. Inoltre, vi è un altro buon motivo per optare per il metodo previsionale e mantenere liquidità all’interno dell’azienda; infatti, non solo il rischio sanzionatorio si è ridotto in forza del margine di tolleranza introdotto per legge per il solo anno 2020, ma il nostro ordinamento fiscale prevede a sistema la misura del ravvedimento operoso, che consente di rimediare ad eventuali errate previsioni (ad averle!!!...significherebbe che il 2020 è andato molto meglio di come si aspettava) con un impatto sanzionatorio molto limitato. 

 

Tema più complesso, che non investe solo il versamento degli acconti, è se la crisi di liquidità conseguente all’emergenza sanitaria o l’attuale stato di emergenza in se possa essere considerato una “causa di forza maggiore”, che porterebbe alla non applicazione delle sanzioni in caso di mancato versamento dei tributi dovuti. In ambito tributario soprattutto sul tema degli omessi versamenti, la nozione di forza maggiore, rilevante come esimente, comporta la sussistenza sia di un elemento oggettivo – relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore (come può esserlo l’attuale emergenza) – sia di un elemento soggettivo, costituito da una condotta diligente del contribuente con l’adozione di tutte le misure appropriate a prevenire l’inadempimento. Sul tema e nell’attualità del momento si è recentemente pronunciata l’Agenzia delle Entrate nella circolare 8/E/2020. Il documento dell’Agenzia, seppure in sede di commento ai termini di emissione della fattura, riconosce l’insorgenza, per l’attuale emergenza, dell’elemento oggettivo, mentre rimanda alla valutazione del caso concreto (da parte degli uffici) in relazione all’elemento soggettivo. 

 

Ad ogni modo, l’Agenzia non esclude l’applicazione dell’esimente sanzionatoria per cause di forza maggiore da parte degli stessi uffici del Fisco. Facendo nostro il principio e cercando di interpretarlo in materia di omessi versamenti, si potrà, ad esempio, invocare la forza maggiore qualora il contribuente non disponga della liquidità necessaria a versare il saldo delle imposte sui redditi 2019, nonostante il suo comportamento diligente, laddove il reddito sia stato correttamente determinato con il criterio della competenza (a prescindere dall’incasso) e venga dimostrato che la gran parte delle poste assoggettate a imposizione non hanno avuto inaspettatamente una manifestazione finanziaria, proprio a causa del lockdown delle attività economiche.

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