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Un grande paese ferito e diviso

Trump cede, tocca a Biden rispondere ai mali dell’America profonda

La reazione unanime di condanna alla seconda violazione del Campidoglio (la prima nel 1814) rinsalda i valori della democrazia degli Stati Uniti d’America.

Trump cede, tocca a Biden rispondere ai mali dell’America profonda

Le dichiarazioni di Trump nella serata di giovedì al termine di due giorni che rimarranno nella storia degli Stati Uniti d’America pongono per ora la parola fine ad una stagione politica che è culminata mercoledi con l’assalto al Campidoglio di Washington ed alla dissacrazione del tempio della democrazia americana. Solo una volta elementi estranei e, quella volta soldati inglesi, nell’agosto 1814, erano entrati in quell’edificio e lo avevano dato alle fiamme. 

 

La storia degli Stati Uniti d’America si riassume nella cupola del Campidoglio che ha raccolto le forze riunificatrici dell’intero paese e degli Stati che via via hanno costituito gli Stati Uniti. La violazione di quel tempio e’ stato un sacrilegio condannato dalla immensa maggioranza degli americani. La reazione unanime a questi fatti ha dimostrato la forza della democrazia nel paese ed il rispetto per la legge e l’ordine pubblico.

 

Il picco di questo periodo raggiunto con l’ingresso nelle stanze della democrazia di un gruppo di persone definiti oramai da tutto lo spettro politico come insurrezionisti e terroristi interni, potrebbe però rappresentare anche l’avvio di un movimento che si rifa al trumpismo con o senza Trump. Il movimento dell’America profonda scontenta e irosa che vive il malessere delle divisioni sociali, culturali ed economiche che attanagliano il paese.

 

Trump ha finalmente riconosciuto che il processo elettorale è compiuto, che tra due settimane ci sarà una nuova amministrazione e, pur nelle consuete accuse di brogli, della presenza di provocatori, intruders, nelle file dei suoi sostenitori, e del bisogno di una nuova legge elettorale, ha assicurato una pacifica transizione fino al giorno del passaggio di poteri il 20 gennaio. Ha assicurato però che il cammino proseguirà e che rimarrà vicino ai suoi seguaci. L’ennesimo gambling del tycoon che di fronte alla richiesta montante dal Congresso di utilizzare il 25simo emendamento della Costituzione che autorizza l’immediata rimozione del presidente per incapacità o indegnità o di attivare il procedimento di empeachement ha preferito preservare il suo patrimonio politico e magari negoziare qualche forma di salvacondotto.

 

Oramai tutto è rinviato ai prossimi, primi, due anni di presidenza Biden. Rimane ancora qualche timore di isolate fiammate insurrezionali nel paese nei prossimi giorni ma che questa volta verrebbero represse con la stessa forza usata contro i manifestanti del black lives matter, e non con il cauto approccio usato dalla polizia del Campidoglio istruita a difendere con il minimo spargimento di sangue gli edifici sacri del popolo. 

 

Nella corsa alla prossima corsa elettorale tutti si stanno ora posizionando tra i repubblicani per affrontare il/la candidato democratico al meglio provando a non disperdere i settantaquattro milioni di voti ottenuti, miglior risultato di sempre. Il Presidente Biden, l’uomo giusto al momento giusto, con oltre quaranta anni di carriera politica nel Congresso dove conosce tutto e tutti, proverà invece a ricucire le ferite di questa passata presidenza, dando priorita’ ai temi sociali, economici, sanitari e ritrovando in politica estera l’alleato di sempre, l’ Unione Europea,cresciuta politicamente e, speriamo, anche l’Italia

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