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Le scelte di Giorgia

La linea incerta del governo verso Bruxelles: l’Ue è amica o nemica?

Manovra, energia, gas, Pnrr. Meloni ha bisogno dell’Unione Europea più di quanto voglia ammettere. Rispolverare un po’ di nazionalismo proprio non serve

La linea incerta del governo verso Bruxelles: l’Ue è amica o nemica?

Ci sono i voti che Bruxelles sta per dare alla manovra di bilancio dell’Italia. E c’è la partita dell’energia che per ora lascia il governo di Roma molto insoddisfatto. Giorgia Meloni scandisce bene una frase: “Se le misure” sul gas “dovessero tardare o essere inefficaci” il governo “è pronto ad intervenire a livello nazionale”. A quali interventi pensi esattamente la premier non è dato sapere ma l’esecutivo di destra-centro sembra deciso a dare battaglia, e a non accontentarsi del nulla di fatto con cui si è concluso ieri a Bruxelles il Consiglio straordinario dei ministri dell’Ambiente e dell’Energia. Nodo del contendere è sempre il tetto al prezzo del gas e la soglia di attivazione del meccanismo di correzione. Abbassarla rispetto ai 275 euro a megawattora, proposti dalla Commissione, non piace a Germania e Olanda, che hanno formato il solito muro del Nord. 

 

C’è tanta carne al fuoco alla vigilia del Consiglio europeo che riunisce domani i capi di Stato e di governo dei Ventisette. Sulla guerra in Ucraina il governo Meloni ieri ha incassato il pieno sostegno, non solo della sua maggioranza, ma anche di Pd e Terzo Polo. Fuori restano Conte dei Cinque Stelle e Verdi e Sinistra italiana. Ma il segnale del Parlamento è stato chiaro. La posizione dell’Italia, sia in Ue che nel blocco atlantico, è più che solida. Il punto, piuttosto, è un altro e riguarda la linea che il governo Meloni intende seguire su temi particolarmente caldi nei consessi europei da qui ai prossimi mesi. 

 

Non c’è chiarezza. E a confondere le acque permane qualche rigurgito nazionalista di cui la premier proprio non riesce a fare meno. I dossier sul tavolo di Bruxelles, per i quali l’Italia ha un interesse primario, sono molti e tutti importanti. C’è la politica economica del governo. Abbiamo già detto che ad ore dovrebbe arrivare il giudizio dell’Ue, che senza dubbio intende tenere sott’occhio quel rapporto deficit-Pil che il ddl Bilancio segna al 4,5%.  Per l’Italia le previsioni di crescita non sono rosee e se, come molti indicatori registrano, il calo è in agguato è chiaro che l’Ue potrebbe manifestare una certa diffidenza verso i conti pubblici che sono stati prospettati.

 

Poi c’è la questione Pnrr. L’Attuazione del Piano è dirimente per una ripresa dell’economia nazionale. Ma i ritardi ci sono e il governo rischia di farsi cogliere impreparato. Il 31 dicembre è una data cruciale non solo perché va approvata la manovra di Bilancio, ma anche perché bisogna mettere nero su bianco i 55 obiettivi che l’Italia deve raggiungere per continuare ad ottenere prestiti e finanziamenti. 

 

Il governo ha fretta, l’obiettivo a breve termine è evitare ad ogni costo l’esercizio provvisorio. Non abbiamo ragione di pensare che la tabella di marcia prevista non venga rispettata. Tra domani e il 20 dicembre il testo della manovra verrà chiuso in commissione Bilancio per essere inviato in Aula. Sì, sarà un tour de force, ma prima di Natale la Camera dovrebbe approvarlo. Poi seguirà il passaggio, rapidissimo, in Senato. Tuttavia non può bastare. Mai come in questo momento l’economia del Paese non è legata solo ai conti in regola e agli aiuti che verranno dati a famiglie e imprese, ma alle dinamiche dei prezzi dell’energia, a loro volta condizionate dall’incertezza che permane sul piano geopolitico. Non si vede all’orizzonte nessun negoziato che lasci sperare in una pace vicina tra Mosca e Kiev e questo aumenta l’instabilità generale con ripercussioni su materie prime, produzioni e commercio.

 

Stando così le cose Giorgia Meloni intende chiedere di più all’Ue in termini di sforzi per sostenere le economie nazionali. Un Pnrr ‘aggiustato’ e misure straordinarie per fronteggiare il caro energia. Ma non è dichiarando “Vogliamo più Italia in Europa, non più Europa in Italia” che pone le premesse per un dialogo costruttivo. L’impronta nazionalistica le ha procurato consenso in campagna elettorale, ora che è presidente del Consiglio gli slogan di partito rischiano di essere davvero controproducenti.

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