Il nuovo esecutivo

Draghi e Mattarella scelgono i ministri come da art. 92 della Carta

In attesa del voto 5S il presidente incaricato lavora alla squadra di governo. Tecnici, discontinuità e limitato impatto politico la ricetta del suo team

Draghi e Mattarella scelgono i ministri come da art. 92 della Carta

I Cinquestelle alla prova di maturità del voto on line sul governo Draghi mettono in stand by la corsa del professore per la formazione della sua squadra. Ma oltre che sulla piattaforma Rousseau che alle 19.00 darà il responso della base grillina, l’attenzione adesso è tutta sui ministri. E’ certo che il presidente incaricato abbia già in testa la sua squadra anche se manca qualche limatura finale. I segnali dati ai partiti sono però inequivocabili: non sarà accettato nessun pressing per ottenere dicasteri. Draghi sta decidendo in totale autonomia dalle forze politiche avendo come unico interlocutore il capo dello Stato. Fuori di dubbio che siano anche in corso telefonate con i leader. Ma è sui tecnici che l’ex presidente dell’Eurotower punta per tirare fuori il Paese dalle secche della crisi sanitaria, economica e sociale. Almeno per quanto riguarda i ministeri chiave.

 

No ai big di partito nella squadra di governo

Nei partiti c’è attesa. Ingoiare il boccone amaro di essere lasciati fuori dalla liturgia della scelta dei vertici dei ministeri non rientra nelle prerogative della politica nostrana. Ma Draghi è un raffinato stratega. Conosce i pericoli che costellano il suo cammino.

Portare i big dentro la squadra creerebbe automaticamente la necessità di bilanciare con il solito manuale Cencelli la presenza dei leader delle anime della maggioranza. La disponibilità di Matteo Salvini a guidare un ministero, se assecondata, sarebbe foriero di sicuro scompiglio. Costringendolo a portare dentro Zingaretti, Di Maio, Renzi e Berlusconi. A quel punto altro che governo del Presidente. Ci troveremmo di fronte un esecutivo di fortissima impronta politica. Niente di più lontano dalle intenzioni del professor Draghi. 

 

I tecnici nei ministeri chiave

E’ probabile che una volta affidati Economia, Giustizia, Esteri, Interno, Difesa e il ministero della Transizione ecologica di prossima costituzione a tecnici di comprovata esperienza, l’ex governatore della Banca d’Italia riservi ai numeri due dei partiti ciò che rimane. I nomi che circolano sono diversi. Per i profili tecnici oltre al direttore generale di via Nazionale Daniele Franco al Mef, la costituzionalista Marta Cartabia alla Giustizia, Enrico Giovannini, fondatore di Asvis - Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile, alla Transizione Green. Per i politici la lista del toto-ministri si allunga: Franceschini, Guerini, Ascani potrebbero essere i candidati del Pd. Giorgetti della Lega, Tajani e Carfagna di Forza Italia, Fraccaro e Dadone dei 5S. Quanto a possibili riconferme si parla di Speranza e Bellanova. Ma anche in questo caso il fine professore potrebbe riservare sorprese optando per una totale discontinuità con il passato e i precedenti governi.

 

Il Recovery Plan affidato al Ciae

La partita più importante resta quella della gestione dei progetti e degli investimenti del Recovery Plan. A che tipo di struttura pensi Draghi per governare l’intero processo non è dato sapere. L’Europa guarda con grande fiducia alle scelte che opererà in questa direzione. Fonti di stampa riferiscono che il presidente incaricato non abbia intenzione di ricorrere a task force, commissari esterni o maxi strutture di missione. Con ogni probabilità si affiderà alle competenze che già esistono nella pubblica amministrazione e agli eccellenti dirigenti generali anche di palazzo Chigi pronti a mettere in campo la loro professionalità a costo zero, perché già pagati dallo Stato. Al vertice del coordinamento ci sarebbe il Ciae, il Comitato interministeriale per gli Affari Europei. E ogni ministero, ogni regione e ogni grande comune avrà il suo responsabile per il Recovery. Si potrebbe ricorrere a professionalità esterne solo per capacità ed esperienze mancanti nelle amministrazioni. Vedremo. Intanto, oggi, nella quiete di Città della Pieve quella del presidente incaricato sarà una giornata di riflessione. E non è detto che sciolga la riserva domani per salire a giurare al Quirinale già sabato. Draghi si prenderà “tutto il tempo necessario” per tirare le somme delle consultazioni e fare le sue valutazioni. Con ponderazione e saggezza come ci si aspetta da una personalità come la sua.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA