La cerimonia al Colle

Draghi e i suoi ministri giurano nelle mani del capo dello Stato

L’esecutivo entra nell’esercizio delle funzioni. Mercoledì la fiducia al Senato. Il passaggio delle consegne e il rito della Campanella con Giuseppe Conte

Draghi e i suoi ministri giurano nelle mani del capo dello Stato

Ha giurato il governo di Mario Draghi. La squadra, composta da 8 tecnici e 15 politici di cui 8 uscenti dal precedente esecutivo, ha prestato nelle mani del capo dello Stato il giuramento solenne di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione secondo la formula di rito. Il presidente Mattarella e l’ex numero uno della Bce sono riusciti nell’impresa di varare in dieci giorni un governo di solidarietà nazionale, forse il secondo della storia repubblicana ad avere una maggioranza così larga. Che rimette insieme la Lega di Salvini con il M5S, conferma Pd e Leu, vede l’ingresso di Forza Italia. Un equilibrio tra le forze politiche affiancate da un team di profili tecnici nei posti chiave come Economia, Transizione ecologica, Innovazione, Giustizia, Istruzione. Battuta d’arresto però per le presenze femminili, solo 8.

 

Il primo a giurare è stato il presidente del Consiglio, seguito uno ad uno dai 23 ministri. Adesso il governo come prescrive l’articolo 93 della Costituzione entra nell’esercizio delle sue funzioni. Il voto di fiducia al Senato è previsto per mercoledì prossimo, a cui dovrebbe seguire il giorno successivo quello a Montecitorio. L’esecutivo, questo dice il dettato costituzionale, deve presentarsi alle Camere entro dieci giorni dalla sua formazione.

 

Quello di Draghi e Mattarella è stato un lavoro certosino, svolto in religioso silenzio. Nulla è trapelato nei giorni passati sulle intenzioni circa la nuova squadra. Fibrillazioni e preoccupazione hanno accompagnato le forze politiche lasciate al buio e non coinvolte in alcun modo nelle decisioni. Molte possono ritenersi soddisfatte, ma non tutte. Il M5S perde non solo il premier ma anche un ministero di peso come il Mise in quella che sarà la gestione del Recovery. Patuanelli, infatti, passa all’Agricoltura. La Dadone lascia la Pubblica amministrazione per le Politiche giovanili. Confermati al loro posto D’Incà ai Rapporti con il Parlamento e Di Maio agli Esteri. I 5Stelle sono la forza parlamentare con più ministeri ma senza il peso che aveva nel Conte I e II. Soddisfatto il Pd che assicura a ciascuna corrente interna un dicastero.

 

Dopo la conferma di Guerini alla Difesa e Franceschini alla Cultura, anche se depotenziato della delega al Turismo che costituirà un ministero a parte, entra Andrea Orlando al Lavoro. Canta vittoria Forza Italia che conquista tre ministeri, tutti senza portafoglio, e vede il ritorno di Carfagna, Gelmini e Brunetta. Potrebbe essere soddisfatta anche la Lega pur senza presenza di salviniani: entrano i moderati Giorgetti, Stefani e Garavaglia. Leu vede la conferma del ministro alla Salute, Roberto Speranza, premiato per il durissimo lavoro durante l’emergenza. Scompare praticamente Italia Viva che deve accontentarsi solo della riconferma di Elena Bonetti alle Pari opportunità.

 

Ma è la task force di tecnici il nucleo per la sfida sul Recovery del governo Draghi. A parte Luciana Lamorgese, ministra all’Interno già nel secondo esecutivo Conte, e Marta Cartabia alla Giustizia, i profili di Franco, Cingolani, Colao, Giovannini e Garofoli sottosegretario della presidenza del Consiglio, saranno il team di riferimento del premier per il Piano di ripresa. La partita più importante su cui l’Italia della pandemia si gioca il futuro. Passi falsi e beghe politiche non sono ammesse. Ma toccherà al nuovo presidente del Consiglio vigilare sulla tenuta della squadra per il raggiungimento degli obiettivi: crescita, coesione sociale e riforme.

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