EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
Telemedicina e malattie rare

“La telemedicina è fondamentale nella cura delle malattie rare”

Intervista ad Antonella Marcoccia, a capo dell’Unità di medicina vascolare e autoimmunità dell’Ospedale Pertini di Roma, nella GM delle malattie rare

“La telemedicina è fondamentale nella cura delle malattie rare”

Paul Klee, il maestro svizzero dell’astrattismo tra i più grandi artisti del ‘900, morì il 29 giugno 1940 a causa di una malattia rara, la sclerodermia, all’epoca pressoché sconosciuta. Oggi che la ricerca e la medicina hanno fatto passi da gigante, la sclerodermia non è più un male incurabile e intorno ad essa c’è una rete così all’avanguardia da essere anche a prova di Covid.

 

E’ quanto emerge dalle parole di Antonella Marcoccia, a capo dell’Unità Operativa di Medicina Vascolare e Autoimmunità dell’Ospedale Sandro Pertini di Roma, che alla ricerca sulla sclerodermia, o sclerosi dermica, ha dedicato 10 anni di studi, dopo la specializzazione in medicina interna e la laurea a La Sapienza di Roma. In occasione della giornata mondiale delle malattie rare che sarà il 28 febbraio AS.MA.RA. Onlus, l’associazione presieduta da Mariapia Sozio e che rappresenta i malati di sclerodermia e malattie rare, ha promosso un webinar lunedì 22 febbraio e sarà aperto a tutti, con iscrizione libera sul sito dell’associazione. L’evento, che avrà come moderatore il prof. Sergio Pillon del Centro Internazionale Radiomedico (CIRM), si chiama “Telemedicina, telesalute e innovazioni digitali per le malattie rare” e tra i relatori ci sarà Antonella Marcoccia, che abbiamo intervistato per The Italian Times.

 

Dottoressa Marcoccia, in che modo sono collegate la telemedicina e le malattie rare come la sclerodermia?

Antonella Marcoccia: «Nella malattia rara, rispetto alle altre patologie, il medico conosce il paziente davvero molto bene. La telemedicina è uno strumento particolarmente appropriato alla malattia rara per il fatto che i malati sono in capo a dei centri di riferimento, allora il fatto che il malato raro sia così ben conosciuto dal medico che lo segue, fa sì che desideri mettersi in contatto per ogni suo problema o sintomo, solo con il centro di riferimento. L’impossibilità data dal Covid di accedere al proprio centro di riferimento (spesso al di fuori della propria regione) ha  creato in questi pazienti uno stato di ansia e di abbandono reso i malati rari  particolarmente soli e abbandonati.

Faccio un esempio: se a un paziente cardiopatico viene meno il cardiologo di riferimento, facilmente potrà trovare un altro cardiologo competente. Ciò non accade, per definizione, con le malattie rare dove un medico diverso non conosce né la malattia né il suo contesto e la storia clinica del malato, aspetti fondamentali per la cura.»

 

Sclerodermia e Covid: come è stato vivere l’emergenza per voi medici e per i vostri pazienti?

Antonella Marcoccia: «Nel momento del Covid il malato raro, più degli altri, è andato nel panico proprio per questa lontananza imposta dall’emergenza. C’è stato chi, in un primo momento, ha pensato “se io non posso più accedere al mio centro sono perduto: tutti i miei trascorsi, tutta la mia vita, la sanno solo loro”.

Curiosamente, in piena pandemia, ho avvertito una fortissima preoccupazione da parte dei miei pazienti per la mia salute: loro erano estremamente preoccupati se io stessi bene oppure no, erano nel panico all’idea che il loro medico potesse ammalarsi o venire meno, quindi nei primi contatti in video abbiamo dovuto rassicurarli sul fatto che stavamo tutte bene (io e il mio gruppo siamo tutte donne) e che potevamo continuare a seguirli, continuare a coordinare la loro situazioni, che continuavamo ad avere sempre sotto controllo anche in piena pandemia.

In questo senso la televisita è stato uno strumento importante, oltre che per la salute fisica, anche per la salute mentale di chi soffre di malattie rare.»

 

Può una televisita aiutare la diagnosi precoce e la terapia di chi soffre di malattie rare? 

Antonella Marcoccia: «Nella malattia rara il paziente è già dentro un percorso molto definito, praticamente a tu per tu con il medico, e la televisita è uno strumento che dà molto se il paziente è molto conosciuto. E’ uno strumento complementare, che non è per niente alternativo alla visita tradizionale: non si può mai sostituire una visita tradizionale con la televisita. Però nel paziente molto studiato, quindi già noto, che è in carico al centro di cura, la televisita è uno strumento che indipendentemente dal Covid resterà per migliorare la qualità assistenziale.

I pazienti, anziché venire sempre al centro in presenza, continueranno comunque a venire ma alcune volte, in cui si tratta di fare un semplice controllo analisi, o controllo anamnesi, per valutare se la terapia procede bene, la situazione è perfettamente gestibile attraverso lo strumento della televisita. La televisita ci ha anche permesso di selezionare i casi che evidenziavano delle criticità che rendevano necessaria la visita in presenza. Noi abbiamo continuato, anche in periodo Covid, a fare sia le visite in presenza sia le televisite. Oggettivamente, avere in televisita pazienti che dovevano solo fare controlli delle analisi e controlli in sicurezza dei piani terapeutici da rinnovare, pazienti che spesso venivano da altre regioni e che diversamente avrebbero dovuto fare uno spostamento difficile in periodo Covid, è stata un’esperienza molto positiva.»

 

Si può dire che la telemedicina è un portato del Covid? 

Antonella Marcoccia: «In realtà noi ci eravamo già arrivati a prescindere dal Covid, perché nei centri di riferimento delle malattie rare c’è una afferenza territoriale da più aree geografiche del Paese e la necessità di avere dei controlli brevi intermedi, quindi rispetto alla visita in presenza la televisita poteva sicuramente aiutare questi pazienti, indipendentemente dal Covid, riducendo gli spostamenti.

Avevamo già iniziato a ragionare, prima del Covid, sulla necessità di avere una piattaforma che ci permettesse di avere notizie di questi pazienti, di collegarci da casa senza farli venire apposta in ospedale ogni volta, di fare dei controlli brevi per verificare le analisi e l’andamento della terapia, e quindi nell’emergenza Covid ci siamo trovati avanti, con una piattaforma che era già operativa.»

 

Come avete iniziato?

Antonella Marcoccia: «La prima volta che l’abbiamo utilizzata è stato in occasione della giornata di prevenzione che organizziamo ogni anno, in occasione della giornata della sclerodermia che è il 29 giugno, giorno della morte di Paul Klee, nel 2020 capitata in piena pandemia e quindi in un momento in cui era impensabile poter aprire l’ospedale alla popolazione, come abbiamo fatto negli anni precedenti . Per fare la diagnosi precoce di questa malattia è necessario sensibilizzare al riconoscimento del fenomeno di Raynaud, ovvero le dita che diventano bianche come morte in occasione di esposizioni a basse temperature o stress emotivo. Tali pazienti devono essere sottoposti ad un esame semplice e non invasivo che si chiama capillaroscopia. Con l’aiuto delle associazioni dei pazienti si cerca di sensibilizzare al riconoscimento di questo fenomeno e di organizzare delle giornate gratuite aperte alla popolazione in cui vengono effettuate le capillaroscopie alle persone che presentano questo fenomeno.»

 

Il 30 giugno 2020, non potendo far accedere direttamente le persone all'ospedale a causa del Covid, abbiamo pensato di utilizzare la piattaforma per effettuare un telescreening, o teleconsulto: il paziente che si riconosceva nel fenomeno di Raynaud si registrava sulla nostra piattaforma on line e accedeva alla videochat dopo aver risposto a un questionario sulla frequenza e la tipologia del fenomeno, ci mostrava le mani, e così noi siamo stati in grado di selezionare i pazienti che avevano effettivamente il fenomeno di Raynaud e che dovevano essere sottoposti alla capillaroscopia. Da lì è iniziata l’evoluzione normativa, sia a livello regionale che ministeriale, che ha portato poi alla autorizzazione alla televisita come prestazione sanitaria riconosciuta a tutti gli effetti e quindi, nel momento in cui è stata resa operativa, noi eravamo già pronti e avevamo fatto addirittura già il collaudo, con la giornata di prevenzione.

Abbiamo visto quanto poteva essere facile per le persone accedere alla piattaforma e registrarsi, e da settembre abbiamo iniziato a fare le televisite regolarmente.

Grazie alla grande attenzione riservata dalla Direzione Strategica della ASL Roma 2 e grazie al lavoro della UOC di ingegneria informatica, che ha operativamente realizzato la piattaforma, la ASL Roma 2 è stata il primo centro della Regione Lazio ad attivare la televisita nel rispetto della normativa, quindi in totale sicurezza, con rispetto della privacy dei dati personali ed esenzione della prestazione per tutto il periodo Covid, erogata dal Servizio Sanitario Nazionale con un codice dedicato.

 

In che modo il fenomeno di Raynaud si collega alla sclerodermia? 

Antonella Marcoccia: «Il fenomeno di Raynaud è una strategica manifestazione clinica che permette di individuare una categoria di pazienti che va sottoposta ad esami di inquadramento diagnostico. Contrariamente alla sclerosi sistemica che è rara, il fenomeno di Raynaud è tutt’altro che raro e interessa oltre il 5% della popolazione nazionale. Esso può essere la spia di diverse patologie immunologiche e non immunologiche, internisitiche, metaboliche, disendocrine, vascolari.

Di fatto è anche la prima manifestazione clinica della sclerosi sistemica, per cui è importante procedere subito con un esame semplice e non invasivo, la capillaroscopia, che permette di indivuare delle alterazioni del microcircolo del tutto caratteristiche della vasculopatia sclerodermica e che necessitano di prendere in carico il paziente in un percorso di completamento diagnostico.»

 

Nella pratica delle televisite, c’è stato qualcosa che non si aspettava?

Antonella Marcoccia: «Sì, è stato quando abbiamo fatto un questionario di gradimento ai pazienti per chiedere se avevano trovato utile la televisita, se si sentivano di dare suggerimenti o anche critiche.

La cosa sorprendente è stato proprio il 100% di piena soddisfazione, perché molti pazienti avevano paura a venire in ospedale per il Covid, quindi avere la possibilità di un controllo a distanza con il medico che li conosce già perché li segue da sempre nel percorso di cura, e che quindi in precedenza li aveva visti e visitati in presenza, ha dato loro una sensazione di sicurezza nella fase in cui comunque era oggettivamente difficile accedere all’ospedale.»

 

Ha avuto dei pazienti malati Covid?

Antonella Marcoccia: «Sì, ma per fortuna con sintomi lievi. Ci hanno contattato in video, abbiamo seguito la loro situazione senza farli uscire di casa, facendo loro seguire le indicazioni date e in questo modo abbiamo evitato il panico e che accedessero agli ospedali dei loro territori. Relativamente ai nostri pazienti, devo dire che non si sono ammalati di Covid in modo grave, anzi tutti con un quadro paucisintomatico, simile per molti aspetti al quadro di persone che non avevano altre malattie concomitanti, e senza nessun caso critico. Nell’ambito dei nostri pazienti con sclerosi sistemica il Covid non è stato finora così pericoloso.»

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA