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Verso la riforma

Pensioni, la Uil vuol cambiare tutto e boccia le proposte di Tridico

Intervista sulla Riforma delle Pensioni 2022 a Domenico Proietti, Segretario confederale Uil, e Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil Pensionati

Pensioni, la Uil vuol cambiare tutto e boccia le proposte di Tridico

Il tema delle pensioni torna alla ribalta in vista della scadenza naturale di Quota 100, spingendo l’esecutivo a lavorare su una più completa Riforma delle Pensioni 2022.

 

I sindacati chiedono al governo di mantenere una flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e di adottare misure per garantire un futuro previdenziale a giovani e donne.

 

Domenico Proietti, Segretario confederale Uil, e Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil Pensionati, intervistati da The Italian Times pongono l’accento sulla piattaforma unitaria sulle pensioni lanciata insieme a Cgil e Cisl sottolineando che la spesa previdenziale in Italia non è pari al 16-17% come comunicato dall’Ue ma al 12%, perfettamente in linea con quella degli altri paesi europei.

 

Governo e parti sociali al lavoro sulla Riforma delle Pensioni in vista della scadenza naturale di Quota 100 prevista per il 31 dicembre 2021. Quali sono gli obiettivi principali da portare a termine con la Riforma del sistema previdenziale?


Proietti e Barbagallo: “È necessario superare l’impianto, le iniquità e le rigidità eccessive della legge Fornero, che non fu una riforma ma una gigantesca operazione di cassa a danno di lavoratori e pensionati.

Nelle settimane scorse abbiamo lanciato una piattaforma unitaria sulle pensioni, anche insieme Cgil e Cisl, su cui vogliamo confrontarci con il governo.

Si deve reintrodurre una flessibilità diffusa di uscita; garantire un futuro previdenziale a giovani e donne; tutelare il potere d’acquisto dei pensionati in essere, a partire dall’ampliamento della platea dei beneficiari della cosiddetta Quattordicesima e dall’innalzamento dell’importo a chi già la riceve, dalla riduzione della pressione fiscale anche ai pensionati (che pagano più tasse di tutti i pensionati europei) e dal ripristino da gennaio 2022 di un meccanismo di rivalutazione delle pensioni all’inflazione più equo.

È anche importante fare finalmente una operazione verità sulla spesa previdenziale italiana, che non è pari al 16-17% come viene comunicato dall’Italia all’Unione europea, ma intorno al 12%, perfettamente in linea con quella degli altri Paesi europei. Per questo è molto importante che sia ripartita la Commissione per la classificazione della spesa previdenziale e assistenziale, che ora deve procedere celermente per arrivare finalmente, come chiediamo da tempo, alla separazione della previdenza dall’assistenza.

Questi sono i principali interventi a più breve termine. Siamo poi convinti che per garantire una vera sostenibilità del sistema previdenziale e pensioni sicure e adeguate oggi e domani, si deve aumentare l’occupazione, soprattutto giovanile e femminile, non precaria e retribuita il giusto. Stiamo poi vivendo grandissimi mutamenti demografici, economici e sociali. Per farvi fronte, serve un ripensamento generale di tutte le politiche e dei tempi di vita, di formazione e di lavoro. Dobbiamo promuovere politiche a 360 gradi che, a partire dall’infanzia, aiutino a invecchiare in salute e attivi. Dobbiamo ripensare e modificare profondamente orari e modalità di lavoro, per adattarle a lavoratori di età più avanzata. Dobbiamo promuovere le attività sociali e di volontariato tra le persone anziane, e la buona occupazione tra le persone giovani. E parallelamente rafforzare gli scambi di saperi e competenze tra giovani e anziani.”

 

Quali misure si stanno prendendo in considerazione per mantenere la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro ed evitare il tanto temuto scalone di 5 anni che riporterebbe a 67 anni l’età della pensione per tutti i lavoratori? Quale l’età più probabile, 62 o 64 anni?

 

Proietti e Barbagallo: “Come già accennato, come Uil e Uilp siamo convinti che sia necessario introdurre una flessibilità in uscita più diffusa a partire dai 62 anni di età, riallineando l’età pensionabile a quella degli altri Paesi europei, o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età.

Si deve poi riconoscere la diversa gravosità dei lavori, perché le condizioni di vita e di lavoro non sono tutte uguali. Riconoscere il lavoro di cura. Riconoscere la specificità del lavoro delle donne, anche per ridurre il differenziale retributivo e contributivo in età lavorativa e quello pensionistico in età anziana.

Si deve progettare un meccanismo che tuteli le future pensioni dei giovani e di chi svolge attività lavorative discontinue. Vanno ridotti i vincoli che nel sistema contributivo condizionano l’accesso alla pensione al raggiungimento di determinati importi minimi di trattamento, oggi eccessivamente elevati, difficili da raggiungere e che danneggiano soprattutto i redditi più bassi.

Occorre inoltre modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, oggi doppiamente penalizzante, perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione, sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione”.

 

Cosa ne pensate della proposta di Riforma del presidente Inps, Pasquale Tridico, su un assegno a due quote: contributivo da 62 anni in poi con 20 anni di contributi e retributivo a 67 anni?


Proietti e Barbagallo: “È una proposta estemporanea e fuori dalla realtà. Porterebbe a importi molto esigui di pensione, insufficienti, e dunque non risponderebbe ai reali bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici”.

 

Si parla di possibili bonus contributivi, cosa sono, a chi potrebbero essere rivolti e perché?


Proietti e Barbagallo: Le donne sono state le maggiori vittime dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni, con un innalzamento brusco dell’età pensionabile anche di 7 anni, oltretutto senza una diminuzione del carico del lavoro domestico e di cura, né una riduzione del divario retributivo e occupazionale. Per questo chiediamo attenzione alla condizione specifica delle lavoratrici, a partire dal riconoscimento di 12 mesi di anticipo per ogni figlio (o, a scelta delle lavoratrici, di una maggiorazione del coefficiente di trasformazione) e dalla valorizzazione ai fini pensionistici del lavoro di cura nei confronti di familiari con disabilità o non autosufficienti.

Vanno poi garantite strutturalmente condizioni più favorevoli per l’accesso alla pensione di categorie di lavoratori più fragili: disoccupati, invalidi, caregiver, lavoratori gravosi e usuranti. In questo contesto è positivo il riavvio dei lavori della Commissione sui lavori gravosi, che deve portare a una maggiore equità, perché oggi non tutte le mansioni gravose e usuranti sono adeguatamente riconosciute e tutelate”.

 

Allo studio misure per i giovani: in particolare si parla di una pensione di garanzia per mettere le giovani generazioni al riparo dalla precarietà. Quali in concreto le possibili soluzioni?


Proietti e Barbagallo: “Premesso che per noi la priorità deve essere garantire ai giovani un lavoro stabile e di qualità, senza il quale non ci possono essere pensioni dignitose, crediamo che intanto sia comunque necessario introdurre una pensione di garanzia, che consideri e valorizzi previdenzialmente anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni, per assicurare a tutti un importo di pensione dignitoso, anche con il contributo della fiscalità generale.

Vanno inoltre maggiormente valorizzati il montante contributivo o il coefficiente di trasformazione nel sistema contributivo, per tutelare meglio il valore delle pensioni calcolate interamente in questo sistema.

Crediamo poi che sia necessario rilanciare la previdenza complementare, sia dal punto di vista fiscale, ripristinando l’aliquota agevolata dell’11%, sia dal punto di vista delle adesioni, prevedendo un semestre di silenzio assenso e lanciando una grande campagna istituzionale di comunicazione”.

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