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Le scelte di politica economica

La ripresa e il ‘fattore D”. Il peso di Mario Draghi premier

Il Pil del Paese supera le aspettative, l’economia corre. Ma il governo punta su una crescita strutturale. Fondamentali Pnrr e stabilità di indirizzo

La ripresa e il ‘fattore D”. Il peso di Mario Draghi premier

La manovra economica sta per entrare nel vivo della discussione parlamentare mentre i partiti cercano di ‘contrattare’ alcune richieste con Palazzo Chigi. Più per una presa di posizione politica che per un reale convincimento che le norme che vorrebbero inserire nel Ddl siano risolutive e di impatto. C’è fermento nei ‘Palazzi’. Tra poco più di due mesi si vota per il presidente della Repubblica e nomi che siamo più forti e autorevoli di quello di Mario Draghi non ce ne sono. Ma allo stesso tempo fare a meno del premier alla guida del governo, per la stabilità che serve al Paese e la chiarezza di un indirizzo su crescita, conti pubblici e attuazione del Pnrr, è per ora difficile da concepire.

 

La locomotiva Italia è ripartita e lo certifica anche oggi l’Unione Europea. L’economia sta facendo un sostanziale scatto in avanti “oltre ogni previsione”. Il premier lo sa, la congiuntura è favorevole e il rimbalzo pure. Rispetto agli altri Stati membri, persino rispetto alla Germania, la Commissione da Bruxelles, per le previsioni economiche autunnali, fa sapere che l’economia italiana è più in salute. Il Pil è al 6,2%, come quello francese, mentre le previsioni su Berlino sono al ribasso, al 2,7%.

 

Ma più che sulla manovra di Bilancio, che entro fine anno dovrà superare il vaglio del Parlamento – Draghi è certo, come accaduto finora, che alla fine le tensioni su bonus edilizi, reddito di cittadinanza e quant’altro si ricomporranno - è il Piano di ripresa il nodo. “A pochi mesi dall’approvazione da parte della Commissione Europea, siamo pienamente nella sua fase di attuazione”, dice.Gli impegni sono chiari. Ora tocca a tutti noi, insieme, trasformare questi progetti in opportunità di crescita e sviluppo”. Il premier vuole che tutte le diramazioni dello Stato, a livello centrale come locale, si sentano partecipi e insieme responsabili del compito che il Paese è chiamato ad assolvere.

 

Nel suo intervento all’Assemblea dei Comuni italiani l’inquilino di Chigi rassicura che il governo metterà “a disposizione delle amministrazioni vari strumenti: dall’assistenza tecnica sul territorio alla possibilità di reclutare personale, alla semplificazione delle procedure”. Almeno “mille esperti aiuteranno gli enti territoriali ad attuare il Pnrr. Verranno distribuiti nelle varie aree del Paese”. Un aspetto fondamentale quello del sostegno ai Comuni, che dovranno elaborare progetti tali da poter rientrare nelle finalità e negli obiettivi fissati. Un compito non facile per le amministrazioni più piccole che non dispongono, ad oggi, delle figure e delle risorse per farlo.

 

Ma per l’esecutivo la crescita deve camminare su due binari: da una parte Pil ed equilibrio dei conti pubblici per la riduzione progressiva del debito, tenendo ben presente che non si sa nel 2023 in che modo riprenderanno le regole del Patto di Stabilità. Dall’altra, attraverso la grande opportunità fornita da quei 200 miliardi di euro che arriveranno grazie al Next Generation Eu, che tra finanziamenti e prestiti consentirà investimenti straordinari per costruire l’Italia del futuro. Ebbene, senza ‘riforme di sistema’, come le chiama Draghi, il risultato potrebbe rivelarsi assolutamente parziale. Dice l’Ue: in Italia “il rapporto debito pubblico-Pil scenderà dal 155,6% nel 2020 al 151,0% nel 2023, grazie alla ripresa economica e a un favorevole aggiustamento stock-flussi”. La crescita sarà “sostenuta dalla domanda interna”.

 

Il debito già quest’anno calerà al 154,4% e al 151,4% nel 2022. Ma al premier le previsioni, per quanto rosee, non bastano. Rendere strutturale la crescita è la vera sfida, la sola che negli anni possa portare a una continuativa riduzione del debito accumulato, che rende così vulnerabile la nostra economia. Il governo Draghi sta lavorando dal suo insediamento su questo. Fare a meno del timoniere in una fase così delicata potrebbe essere un azzardo e troppi sarebbero i rischi da correre. 

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