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Guardando al 24 gennaio

Colle, il partito dei senza partito conterà e anche parecchio

Gruppo Misto ago della bilancia. I numeri sono da record: 114 tra deputati e senatori. Quasi 50 di loro non sono iscritti ad alcuna componente politica

Colle, il partito dei senza partito conterà e anche parecchio

Chi i conti li sa fare bene conosce il peso che potrebbero avere nella partita quirinalizia alcuni gruppi parlamentari ‘minori’. Molto spesso considerati tali rispetto alle truppe che in Parlamento vantano le forze politiche più importanti, sia nel centrodestra che nel centrosinistra, ma non per questo da sottovalutare. Nelle prossime elezioni del presidente della Repubblica questi gruppi potrebbero riservare molte sorprese. Pensiamo a Italia Viva e Coraggio Italia che includono rispettivamente 45 e 32 parlamentari, in tutto 77 membri che potrebbero fare la differenza.

 

O al partito dei senza partito: quel particolare ed eterogeneo schieramento che è oggi il Gruppo Misto, che tra deputati e senatori è arrivato a contare 114 unità appartenenti alle componenti più diverse e provenienti da destra, sinistra e centro. Un ambaradan, figlio in massima parte degli innumerevoli cambi di casacca che si sono succeduti in questa legislatura, 126 solo l’anno scorso. Dal 2018, ad abbandonare il gruppo a cui avevano aderito quando hanno messo piede a Montecitorio e Palazzo Madama sono stati in 276. Non tutti, come ci dicono i numeri, sono confluiti nel Misto, ma molti hanno fatto quel tipo di scelta (o non scelta) optando per un limbo composto in prevalenza di transfughi. Senza dubbio un brutto segno per la politica ma anche un cattivo viatico per un passaggio decisivo e delicato della vita istituzionale, in cui il pericolo dei franchi tiratori è sempre in agguato.

 

Alla Camera il Gruppo Misto conta 66 membri. Di questi ben 24 non sono iscritti ad alcuna componente. Sedici ad Alternativa, 3 ad Azione-+Europa, 6 a Centro Democratico tra cui figura Bruno Tabacci, 8 a Maie-Facciamoeco con il già ministro pentastellato Lorenzo Fioramonti, 4 alle Minoranze linguistiche, infine Noi con l’Italia-Rinascimento tra cui si registra la presenza di Vittorio Sgarbi e Maurizio Lupi. Al Senato invece sono in 48. Praticamente il quarto gruppo per forza numerica dopo Lega, Forza Italia e Pd. Almeno 15 sono i senatori che non si riconoscono in alcuna emanazione di partito. Diversi gli ex Cinque Stelle presenti ma con adesione ad anime diverse. Poi ci sono i senatori di Leu, tra cui l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, di Sinistra Italiana, quelli di Italexit di Gianluigi Paragone. E nomi come quello di Paolo Romani e Gaetano Quagliariello, ex berlusconiani e fedelissimi del Cavaliere, ora nella categoria di Idea-Cambiamo che fa capo a Giovanni Toti e che alla Camera vanta un gruppo tutto suo. Molte, davvero tante sigle. Una foltissima schiera che farà parte dei 1009 ‘grandi elettori’ che dal 24 gennaio dovranno eleggere nel segreto dell’urna il tredicesimo presidente della Repubblica Italiana. Chiunque esso sia.

 

Nei primi tre scrutini è necessario raggiungere una maggioranza dei due terzi dell’assemblea, ovvero 773 voti, dal quarto è sufficiente quella assoluta: 505. Le Regioni in questi giorni stanno procedendo ad indicare i tre delegati che spettano loro, fatta eccezione della Valle D’Aosta a cui la Carta ne attribuisce uno. Sono già dieci quelle che hanno espresso i rispettivi rappresentanti. Quanto a colore politico, al momento è il Pd ad aver fatto il pieno, seguito da Lega, Fi, Fdi e M5S. Ma mancano ancora 10 Regioni all’appello. Il quadro è in aggiornamento. Intanto i leader di partito sono in affanno. E anche quando saranno pronti a dare gli ordini di scuderia i fattori imponderabili potrebbero essere ancora molti. Compreso l’impatto del virus.

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