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Guerra in Ucraina, le armi della diplomazia

Vertice Cina-Usa. Il peso dell’economia sulle scelte di Pechino

Faccia a faccia a Roma tra il consigliere di Biden Sullivan e il capo esteri del Comitato centrale comunista, Jiechi. Gli interessi cinesi e l’asse Xi-Putin

Vertice Cina-Usa. Il peso dell’economia sulle scelte di Pechino

Dal 24 febbraio la macchina della diplomazia non è riuscita a fermare l’invasione russa in Ucraina. Le delegazioni di Mosca e Kiev si sono incontrate tre volte in Bielorussia in queste. Il 10 marzo è fallito il vertice voluto dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ad Antalya tra il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e quello ucraino Dmitro Kuleba. Nulla di fatto anche sul fronte dei negoziati avviati da Israele, mentre oggi è la giornata in cui si muovono Usa e Cina. Il consigliere alla sicurezza nazionale di Joe Biden, Jake Sullivan, si incontrerà a Roma con Yang Jiechi, responsabile degli Affari esteri del Comitato centrale comunista. Un faccia a faccia molto atteso e in cui i rappresentanti di Washington e Pechino stanno parlando in queste ore della guerra in Ucraina ma nell’ambito di un’analisi complessiva dei rapporti internazionali e ovviamente dei loro, che sono di rilievo sul piano economico e in termini di scambi commerciali.

 

Di sicuro gli Stati Uniti sono in allarme per la “richiesta di aiuto per equipaggiamenti bellici e ed economici” che risulterebbe arrivata sul tavolo di Xi Jinping da parte del Cremlino. L’ambasciata di Pechino a Washington smentisce però il fatto e afferma di “non aver mai sentito parlare” di una richiesta di armi fatta alla Cina dalla Russia. Idem fa il Cremlino: la Russia non ha chiesto alcuna assistenza militare perché “ha il potenziale” di continuare da sola. In ogni caso l’obiettivo di Biden è iniziare a minare il patto di amicizia stretto tra Putin e il presidente cinese. E potrebbe far leva sulle conseguenze che un prolungamento del conflitto, nonché un suo allargamento, avrebbe sull’economia mondiale, compresa quella cinese.

 

Dunque, Washington e Pechino tornano a parlarsi. Un’occasione per prendere le misure sui loro attuali rapporti e capire se ci sono le basi per agire verso una soluzione del conflitto in Ucraina. Tradotto in termini pratici il vertice servirà a capire quanto da Pechino siano disposti ad appoggiare ancora il presidente russo. O se invece qualcosa è cambiato. Ma in questo momento è più Mosca ad avere bisogno di Pechino che non il contrario. Nel ‘tripolio’ Usa-Cina-Russia è quest’ultima ad essere indebolita da una guerra che non è stata veloce come al Cremlino si spettavano e che sta producendo un tracollo finanziario interno, effetto del duro colpo delle sanzioni imposte da Usa e Unione Europea.

 

L’aggressione all’Ucraina da parte dell’esercito russo ha già provocato una tragedia umanitaria di proporzioni bibliche, con 5 milioni di sfollati e 2 milioni e mezzo ucraini in fuga verso i Paesi Ue. Nel dramma che si sta consumando le ragioni dell’economia potranno avere un grande peso per convincere la Cina a prendere le distanze da Putin. Un volume di scambi commerciali che supera i 1.500 miliardi dollari con Europa e Stati Uniti può essere un input decisivo per spingere Xi a convincere la Russia a trattare, in maniera risolutiva, con Kiev.

 

Di fronte a un cambio di passo sul piano diplomatico del Gigante giallo, se Putin si ostinasse a non negoziare, rimarrebbe davvero isolato. E questo per la Russia sarebbe un punto di non ritorno. Oggi il mondo intero guarda al Cina e a Xi Jinping ma il cammino per smuovere Pechino potrebbe essere lungo e tortuoso. E comunque dall’esito non scontato.

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