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IL LIBRO

Dottor Dante. Lo sguardo di Savignano su Alighieri, il medico poeta

Nel nuovo libro la medicina del Trecento e lo studio del dolore nella Divina Commedia, un’opera che continua a generare metafore di conoscenza del mondo

Dottor Dante. Lo sguardo di Savignano su Alighieri, il medico poeta

L’anniversario dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna, sua terra d’esilio, è caduto in tempi a dire poco interessanti. Prima una epidemia su scala globale, poi il ritorno della guerra in Europa e la fuga dall’Ucraina di milioni di profughi. In mezzo tante altre cose, tempi e avvenimenti così densi che sarà forse più facile per gli storici del futuro delinearne i tratti precisi, più che per noi che li viviamo.

 

Eppure è significativo che per definire il mondo contemporaneo usiamo parole tratte da Dante Alighieri, come hanno fatto di recente il filosofo Sebastiano Maffettone e lo studioso di etica digitale e intelligenza artificiale Paolo Benanti, in un articolo sul Corriere della Sera nel quale hanno coniato la parola “Paraferno”. Paradiso e inferno insieme, quelli di Dante ovviamente, sono per gli studiosi la metafora perfetta dei nostri tempi, così perfetta che il termine Paraferno è già un neologismo presente nell’enciclopedia Treccani. Il Paraferno è “la dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica, vista come frutto di un’interazione, dai complessi risvolti etici, tra le risorse offerte dalla realtà virtuale e interattiva e l’esistenza sociale e individuale”.

 

La rinnovata attenzione per le relazioni e le interazioni sociali è tra le cifre del nostro tempo: la paura del contagio, la gioia e il conforto della vita sociale (reale e virtuale), l’utilizzo delle tecnologie in sostituzione parziale (cfr. l’istruzione cosiddetta blended) o totale delle relazioni “in persona”, cioè che riguardano la dimensione fisica e corporea della vita umana, l’imprescindibilità di questa dimensione per gli esseri umani e allo stesso tempo la sua negazione a causa di problemi sanitari e sociali che sembrano non passare mai, sono tutti aspetti di una urgente contemporaneità che una rinnovata lettura di Dante Alighieri può aiutare a comprendere.

 

Tra le riletture che hanno celebrato il settecentenario dantesco, si distingue per lo sguardo originale e lo stile agevole quella del medico e scrittore Giovanni Savignano“Il rapporto tra Dante e la medicina nella Divina Commedia. In occasione del Settecentenario dantesco”, edito in ebook da Gesualdo Edizioni. Molti infatti non sanno che Dante Alighieri era un medico, iscritto all’Arte dei Medici e degli Speziali di Firenze. E in veste da medico viene raffigurato dalla scuola di Giotto, che lo ritrae tra i beati nel Giudizio universale nel palazzo del Bargello a Firenze, con la veste rossa (lucco) e un cappuccio in testa (becchetto) che all’epoca era appunto la divisa dei medici.

 

Oggi la cosa può stupire, ma all’epoca le arti liberali erano alla base della filosofia come della medicina, e per partecipare alla vita politica della città - un aspetto della vita di Dante, questo, più studiato - era necessario essere iscritti ad una corporazione di arti e mestieri. E poiché sette erano le arti cosiddette maggiori, e il giovane Dante non aveva la minima intenzione di fare il mestiere del padre, il cambiatore di denaro, e nemmeno di dedicarsi al commercio (vile arte del denaro!), fu così che si trovò - probabilmente - a frequentare le lezioni del celebre maestro di medicina teorica Taddeo Aldeotti, professore all’Università di Bologna nel XIII secolo, che infatti spunta nella Commedia nel XII Canto del Paradiso.

 

Non solo medico, Dante Alighieri fu anche malato: e a Ravenna, dove poi morì, il suo medico personale, che lo assistette fino alla morte, fu proprio Fiduccio de’ Milotti, allievo di Taddeo Aldeotti. Mentre l’Università di Padova, che Dante frequentò tra il 1304 e il 1306, e che all’epoca era insieme a Bologna il principale centro di studi aristotelici della penisola, fu probabilmente il luogo dell’incontro tra Dante e il famoso medico Pietro d’Abano, che coltivava la nuova scienza greco-araba. E la stessa Beatrice Portinari, etereo ed eterno amore del giovane Dante, era la figlia di Folco di Ricovero, che fu il fondatore dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, di cui la prima oblata fu Monna Tessa, la governante di Beatrice.

 

Nel Trecento la medicina era anche spezieria e botanica, farmacia, alchimia, fisica e astronomia. Scienza della natura applicata al corpo umano, studio delle interrelazioni tra le leggi del corpo umano e le leggi della natura. La compresenza di una indagine storico-scientifica e sociale, con una lettura della Divina Commedia che guarda con interesse alla terminologia medica dell’epoca ivi presente, rende questo piccolo saggio una lettura didattica particolarmente adatta alle scuole superiori ed ai licei. 

 

Se l’Inferno dantesco è il regno del dolore, forse mai nessuno aveva provato - con le dovute cautele storiche - ad analizzarlo con alla mano il questionario sul dolore di McGill, lo strumento messo a punto da un medico nel ‘900 per classificare l’entità e l’intensità del dolore fisico descritto dai pazienti. Lo sguardo sul dolore nella Divina Commedia è anche uno sguardo di speranza, poiché secondo Dante il dolore, alla stregua del peccato, deve essere affrontato e vinto. Come una catarsi, “e infine uscimmo a riveder le stelle”.

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