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Stallo sul campo e sanzioni

Allo ‘zar’ non piace perdere, Putin indebolito potrebbe incattivirsi

L’autocrate adesso è più vulnerabile e contrattacca: armi chimiche in Ucraina e rubli in cambio del suo gas. Ma quanto lo sosterranno ancora gli oligarchi?

Allo ‘zar’ non piace perdere, Putin indebolito potrebbe incattivirsi

Vladimir Putin è molto più debole di un mese fa, quando ha deciso di invadere l’Ucraina. L’esercito russo è in stallo e non riesce a sfondare le linee di difesa della resistenza interna. Le forze militari sotto il comando di Mosca si stanno trincerando e si combatte ormai una guerra di logoramento. I generali hanno deciso di aumentare l’uso della potenza di fuoco a distanza, proprio perché le truppe di terra non riescono ad avvicinarsi fisicamente agli obiettivi di maggiore significato strategico. Ma più la guerra lampo immaginata dal capo del Cremlino si fa irrealizzabile più il tiranno si incattivisce. Il governo di Kiev denuncia l’uso di bombe al fosforo nella regione di Lagansk. Dunque, Mosca sta ricorrendo alle armi chimiche e questo potrebbe cambiare lo scenario del conflitto. Violando ancora una volta le convenzioni la Russia continua a porsi al di fuori delle regole e del diritto internazionale. Una deriva che l’Occidente non riesce ad arginare sul fronte diplomatico e politico e su cui non trova la sponda di Pechino. Il nuovo scambio di accuse tra il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, mostrano quanto le posizioni siano ancora lontane.

 

Oggi il vertice Nato di Bruxelles alla presenza del presidente americano Joe Biden vuole dare un segnale di compattezza dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica. Ma con un punto fermo su cui Washington non darà segnali di cambio di passo: nessun soldato americano metterà piede sul suolo ucraino. La Nato, tuttavia, continuerà a fornire soluzioni alternative per consentire all’Ucraina di proteggersi il più possibile dai bombardamenti.

 

Ma la guerra si combatte anche sul fronte economico. Le sanzioni stanno piegando la Russia mentre l’atteggiamento di contrattacco di Putin si palesa anche su questo versante. L’autocrate chiede adesso agli acquirenti europei del gas russo il pagamento in rubli. Una mossa che per qualche giorno dovrebbe risollevare le sorti della valuta ormai in caduta libera e alzare il prezzo della preziosa fonte di energia di cui la Federazione russa è tra i maggiori produttori al mondo. Effetti destinati a non durare nel medio e lungo termine.

 

Tuttavia, se è davvero difficile nell’immediato capire come frenare l’escalation del conflitto che sta alterando sotto ogni aspetto i vecchi equilibri geopolitici e geoeconomici, è vero anche che molti si interrogano sul futuro di Putin e della Russia. Parlare di ‘regime change’ al Cremlino può sembrare fantapolitica di fronte alla tragedia della guerra in Ucraina. Eppure, in 22 anni di potere sulla Federazione russa Putin non è mai stato così vulnerabile.

 

Il blocco di oligarchi che si è arricchito con lui e per lui, e che lo sostiene al comando del Cremlino, potrebbe essere meno granitico di quanto si immagini. E in ogni caso destinato a sfaldarsi appena le ripercussioni delle sanzioni economiche si faranno più pesanti. Più che su una rivolta di popolo per un cambio di leadership a Mosca servirà una rivolta dei potenti che circondano l’uomo che crede di essere uno ‘zar’. In ballo non c’è solo il destino degli ucraini che stanno difendendo con ogni mezzo il proprio Paese. In ballo c’è il futuro di tutti, anche quello dei russi e della loro nazione.

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