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La recensione

Scarlett Douglas Scott: “Il mio romance vittoriano non è Bridgerton”

Benvenuti nel Great Manchester, dove è ambientato L’erede dei Gainsbourg, il nuovo romanzo dell’autrice sulla società della prima rivoluzione industriale

Scarlett Douglas Scott: “Il mio romance vittoriano non è Bridgerton”

Con i suoi capelli rossi e la pelle chiarissima, Scarlett Douglas Scott sembra dipinta da un pittore del realismo magico. Ma quando prende la parola, seduta davanti a me con la tazza di tè in mano, la sua aura misteriosa lascia spazio al carattere determinato e alla concretezza con cui affronta le questioni, non ultime quelle letterarie, senza mai perdere il filo di un discorso che ci terrà per alcune ore attaccate al tavolino da tè dove siamo sedute.

 

L’erede dei Gainsbourg, edito da Literary Romance, è il suo ultimo romanzo e da quando è uscito è stabilmente nella classifica Amazon dei 20 titoli di narrativa storica più letti in Italia. Più esattamente, Scarlett Douglas Scott nasce come autrice di romance: la narrativa femminile che ha al centro una storia d’amore. E dopo avere scritto molti romance, sia contemporanei che storici, ha voluto fare una scelta controcorrente lasciando da parte il romanticismo a favore della resa realistica di un’epoca, l’Ottocento inglese, che vede succedersi in poco tempo profondi mutamenti sociali e culturali, veri e propri sconvolgimenti con i quali i personaggi del romanzo si trovano a confrontarsi e scontrarsi, in una realtà complessa e sfuggente, per certi versi tanto simile a quella che viviamo oggi.

 

"Dice Douglas Scott: “l’idea della narrativa realistica è quella di descrivere la realtà e non di creare una favola a lieto fine. Proprio nell’Ottocento nasce un filone drammatico che racconta storie di persone normali, in ambienti veri, quotidiani. Io non amo in particolare le storie di principi e principesse, amo le storie famigliari di persone reali. Il romance non è solo l’amore romantico e di coppia: è anche l’amore per la terra di Rossella O’Hara, l’amore per la propria famiglia. Ecco, una cosa vorrei dire alle mie lettrici e ai miei lettori: il mio romance non è Bridgerton! Non aspettatevi quello: con L’erede dei Gaisbourg la mia scelta è stata quella di non seguire il genere romantico ma quello realistico, perché lo sento più affine a me”

 

Ne L’erede dei Gainsbourg si sente il grande sconvolgimento della società inglese legato alla rivoluzione industriale. In Inghilterra non ci sono più solo nobili e popolo, ma si viene a creare una ricca borghesia, che talvolta arriva anche ad acquistare il titolo nobiliare, il quale inizia ad essere oggetto di compravendita. Si crea un mondo di opportunità, di rimescolamento delle classi sociali e delle volontà degli individui. La famiglia Gainsbourg, protagonista del romanzo, ha da una parte lo zoccolo duro della società inglese, quella nobile di lunga data, e dall’altra i discendenti indiretti, che pur non essendo di così nobili natali si trovano a cogliere l’occasione di una importante eredità. Ma per accogliere questa eredità, i personaggi non potranno arrivare alla fine del romanzo “tutti d’un pezzo”: dovranno accettare dei compromessi.

 

"L’erede dei Gaisbourg è il mio secondo romanzo storico, e viene dopo La stagione dei narcisi, che si svolge in Inghilterra nel 1819, in epoca Regency. E’ anche l’epoca della carboneria: in Italia i primi arresti per i moti carbonari, a Treviso, sono proprio in quell’anno. Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 in Italia c’è un grande cambiamento: c’è la discesa di Napoleone, con la costituzione di diversi domini napoleonici soprattutto al nord. In Inghilterra c’è il positivismo, esito dell’Illuminismo francese. C’è anche un cambiamento profondo di mentalità: la rivoluzione sociale porta le donne in primo piano e c’è anche un risveglio del patriottismo femminile.

 

La protagonista di La stagione dei narcisi è una ragazzina con sogni di rivoluzione, che si innamora del suo professore e finirà per seguire i moti carbonari in Inghilterra, dove però scoprirà che in Inghilterra non c’è alcun interesse per le vicende italiane. Il personaggio della protagonista è ispirato a Bianca Milesi Mojon, una patriota italiana realmente esistita. Amo le figure femminili, lo sviluppo delle dinamiche psicologiche dei personaggi, e l’Ottocento è l’epoca in cui le donne compaiono sulla scena della grande Storia in modo più significativo rispetto alle epoche passate.”

 

"Ne L’erede dei Gainsbourg, i due protagonisti sono Nigel e Athena Gainsbourg. Nigel è un medico chirurgo dell’Università di Oxford, che cerca disperatamente una cura per la malattia mentale di sua sorella Edwina, prima che venga sottoposta a terapie mutilanti come la clitoridectomia (il taglio del clitoride), considerate all’epoca una terapia sperimentale all’avanguardia per le malattie mentali femminili. La scena della dimostrazione “scientifica” di questa operazione ricorda tanto le opere d’arte di Sarah Lucas, la più selvaggia degli Young British Artists, ed è un’opera di brutale femminismo che vale da sola la lettura del romanzo. Non è quindi strano che Douglas Scott affermi, nel corso della nostra conversazione, che ha in mente di scrivere un romanzo sulla storia della psichiatria. Ma oltre a questo, credo che curiosamente molte donne ancora oggi vedranno se stesse o altre donne che conoscono nella figura di Athena, una donna sola in un mondo di uomini, che combatte per non essere sopraffatta. In questo romanzo ci sono la generosità e il calcolo, l’abiezione e la dignità, il coraggio del bisogno e la pigrizia di chi occupa una posizione comoda.

 

"Mi sono divertita molto scrivendo L’erede dei Gaisbourg, un romanzo che ho preparato studiando a lungo la storia, il gusto, la letteratura, i codici sociali dell’epoca. Quando sto scrivendo una cosa che mi piace perdo la cognizione del tempo: ho passato notti sulla rivoluzione industriale inglese, la storia dei sindacati minerari e le dinamiche sociali legate allo sviluppo delle nuove tecnologie. A volte, queste tecnologie provocano disastri(Dopo una chiacchierata fiume Scarlett si ferma un attimo a pensare, ndr). Ecco, se cerco un filo conduttore nei miei romanzi, sicuramente devo dire che parlo sempre di disastri (e ride). Per me il disastro è il momento in cui tutto si ferma: improvvisamente succede qualcosa che ti paralizza, una situazione generale esterna nella quale ti trovi. Sicuramente c’entra il fatto che in passato sono stata coinvolta in un paio di incidenti stradali, ho vissuto l’esperienza della paralisi e del restare ferma in attesa dei soccorsi.”

 

“Il mio romanzo più ambientalista è Ho vinto te, che si svolge sull’isola di Christmas Island, a lungo luogo di esperimenti nucleari. Questi esperimenti, raccolti in un dossier secretato, sono continuati fino a quando i governi inglese e americano li hanno sospesi e hanno trasformato l’isola in un parco naturalistico. L’isola sorge sulla cresta di un vulcano e nel 2008 è stata devastata da un tifone che ha distrutto tutto, perfino la pista di atterraggio e i soccorsi sono dovuti arrivare via mare. Il disastro qui è un disastro ambientale, che cambia la vita dei protagonisti.”

 

“E anche nella mia trilogia esoterica, Il Codice Morrigan, il disastro è quello prodotto dai totalitarismi del ‘900, che hanno distrutto - appropriandosene - simboli millenari di energia positiva, come ad esempio la svastica e il fascio di spighe. Sono una studiosa appassionata di simboli e credo che l’operazione dei totalitarismi novecenteschi sia una antesignana della cosiddetta cancel culture, ovvero la distruzione della cultura ritenuta “non giusta”. Infatti, quando sporchiamo il significato di un simbolo, allora il simbolismo si presta all’occultismo, ovvero a quella pratica che non difende il potere dello spirito ma sempre un potere biecamente umano, fatto di interessi bassi e tangibili. Ma noi esseri umani siamo bravissimi a ripeterci negli stessi errori, e siccome non conosciamo i simboli li rifiutiamo senza sapere che ci sono stati rubati elementi della nostra identità. Il simbolismo è la conoscenza del simbolo nella sua limpidezza, l’occultismo è la mistificazione del simbolo per giustificare un interesse umano, un sopruso. Nel Codice Morrigan il disastro è appunto un disastro di simboli.”

 

“Ne L’erede dei Gainsbourg c’è invece il disastro minerario di Bedford, che nella realtà storica è avvenuto un po’ più tardi rispetto alla collocazione nella mia storia, e che è stato uno spartiacque nella storia mineraria inglese. Fino al 1786, infatti, i minatori che non facevano particolare attenzione a calibrare la fiamma presente sul proprio elmetto e necessaria per farsi luce nelle lunghe gallerie sotterranee, rischiavano la vita in quanto una eccessiva fuoriuscita di gas poteva causare l’esplosione della miniera. Ciò accadde a Bedford. Prima l’alluvione della miniera e poi la tragedia di Bedford sono i due disastri  di L’erede dei Gainsbourg, che i protagonisti si troveranno a fronteggiare.” 

Insomma, se cercate Bridgerton evitate assolutamente questo romanzo.

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