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Equlibrismi

L’avvocato del popolo e i timori di una nuova scissione nel Movimento

Aut aut dopo l’incontro a Palazzo Chigi. Conte tra l’ombra di Di Maio e Di Battista, i due ex catalizzatori in potenza delle opposte fronde pentastellate

L’avvocato del popolo e i timori di una nuova scissione nel Movimento

Giuseppe Conte cerca ragioni per restare al governo e annuncia che “la base del M5s ha già un piede fuori”. Quello che si pensava ieri dopo l’incontro tra il leader grillino e il premier Mario Draghi, e cioè che la crisi di governo fosse rientrata almeno per qualche tempo, è stato rovesciato dalle ultime dichiarazioni dell’avvocato. C’è da pensare che la fronda degli “usciamo subito” sia in pressing e che Conte tema di perdere il sostegno dei parlamentari che tifano per la rottura con la maggioranza. Il risultato non cambia: il capo dei pentastellati continua a mettere in campo azioni, o non azioni, sull’onda di un disagio politico dovuto alla mancanza di una direzione univoca. Sicché finisce col diventare preda delle istanze massimaliste che agitano il suo Movimento a volte, altre dell’approccio moderato che coincide, peraltro, col suo tratto personale da uomo di centro. Se ieri ad un certo punto della giornata lo strappo è sembrato congelato, nell’arco di pochissime ore il quadro si è ribaltato. Conte è tornato su toni barricaderi assottigliando ancora l’esile filo di speranza di chi ha pensato che per un po’ il governo potesse navigare in acque meno agitate. Ma il caos che governa da tempo il M5S determina un rischio che sovraintende agli aut aut dell’ex premier: una ulteriore scissione nei Cinque Stelle che segnerebbe la fine politica del Movimento e dello stesso Conte. 

 

E’ stato interessante vedere che proprio ieri, quando il faccia a faccia tra Draghi e il leader pentastellato catalizzava l’attenzione dei media, i due fondatori del Movimento della prima ora, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, entrambi fuoriusciti sebbene in tempi e per motivi diversi, facevano sentire in qualche modo la loro presenza nello scenario politico. Il primo incontrava privatamente il sindaco di Milano, Beppe Sala, per discutere di un nuovo contenitore politico di stampo liberal-democratico. L’idea è di coinvolgere anche i sindaci che si sono distinti per buona amministrazione e capaci di consenso nelle proprie comunità. Dall’altro, Di Battista, da duro e puro della prima ora, entrava nell’agone mediatico e dichiarava: “E anche oggi il Movimento esce dal governo domani…Ormai succursale di pavidità e autolesionismo”.

 

Ecco, i pericoli che vede Conte si sono palesati molto chiaramente nella convulsa giornata appena passata. Il fronte interno è spaccato in due e il canto delle sirene potrebbe essere tentatore. I governisti convinti troverebbero, ad esempio, in Di Maio l’approdo centrista e moderato. Il ministro si sta muovendo abilmente per dare al suo ‘Insieme per il futuro’ un respiro più ampio, consolidando una possibile gamba liberale nell’asse progressista. I rivoluzionari delle origini, quelli che il Movimento lo hanno visto nascere e che non si riconoscono più in ciò che è oggi, troverebbero invece in Di Battista il loro punto di riferimento, riconoscendolo alle prossime elezioni politiche di primavera come loro capo politico.

 

In mezzo c’è Conte. Il quale, a furia di compiere equilibrismi per tenere a bada le diverse anime che dilaniano il Movimento, un giorno dice una cosa, il giorno dopo un’altra. Un errore questo, non solo sul piano della comunicazione e dell’immagine che il leader restituisce ai cittadini, ma soprattutto sul piano politico. Più Conte contraddice se stesso e più il suo ruolo si indebolisce. Tanto che anche i suoi alleati più convinti, vedi il Partito democratico, alla fine fanno fatica a ritenerlo affidabile. Figuriamoci Palazzo Chigi.   

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