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L’epilogo

Mario Draghi si è dimesso. Ora i partiti sono più deboli di prima

I politicanti brindano ma con questa crisi la credibilità internazionale del Paese rischia di sgretolarsi. Se si vota non sarà una passeggiata, per nessuno

Mario Draghi si è dimesso. Ora i partiti sono più deboli di prima

Draghi si è dimesso. La prova di unità nazionale che ha chiesto ieri in Parlamento ai partiti è fallita in braccio a una politica populista, avara, blindata in giochi di Palazzo e incapace di guardare ai bisogni del Paese. La fine dell’esperienza di governo dell’ex banchiere centrale, che in solo un anno e mezzo ha riportato al centro dell’Ue e dei consessi internazionali più importanti il ruolo dell’Italia, si chiude in un modo tanto brusco quanto inaspettato. Il passo indietro di Lega e Forza Italia, insieme ai 5S che pure la crisi l’avevano innescata, apre le porte a un passaggio incerto e lascia il Paese senza guida in un momento cruciale.

 

Un lungo applauso ha accolto oggi Draghi quando ha fatto il suo ingresso a Montecitorio. Poche parole: “Mi reco al Quirinale per comunicare le mie determinazioni”. Poi una battuta che rivela l’emozione: “Qualche volta anche il cuore dei banchieri centrali viene usato…”. Dopo le dimissioni nelle mani di Sergio Mattarella spetta ora al Colle gestire i passaggi tecnici e costituzionali che, a questo punto, porteranno ad elezioni anticipate. Il capo dello Stato riceverà nel pomeriggio i presidenti di Palazzo Madama e Montecitorio, Maria Elisabetta Casellati e Roberto Fico, così come stabilito dall’articolo 88 della Costituzione che prevede di sentire i presidenti delle Camere prima di procedere al loro scioglimento. 

 

Il voto si svolgerebbe secondo i tempi tecnici: “Le elezioni delle Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti”, recita l’articolo 61 della Carta. La prima data possibile potrebbe essere quella del 2 ottobre. I partiti provano a serrare i ranghi in vista della tornata elettorale con ogni probabilità alle porte. Ma c’è poco da stare allegri. La fine dell’esecutivo Draghi e le modalità con cui è avvenuta segnano l’epilogo di una fase politica in cui nessuno ne esce più forte. Persino il centrodestra che, con una certa spavalderia, è convinto di poter vincere le elezioni politiche a mani basse si dovrà assumere la responsabilità dei passi compiuti. Né Giorgia Meloni avrà vita facile nel conquistare la leadership che sia Salvini che Berlusconi non hanno la minima intenzione di consegnarle.

 

“Non c’è nessun volto del centrodestra, si vedrà quando si andrà a votare”, ribadisce oggi il coordinatore di Fi, Tajani. Ma berlusconiani e leghisti dovranno rendere conto al loro elettorato di riferimento e non è detto che imprese e professioni abbiano apprezzato il ritiro alla fiducia al governo Draghi, con tutto ciò che ne consegue per gli aiuti e le riforme che Palazzo Chigi stava predisponendo per sostenere le aziende e le famiglie. Intanto, dopo la ministra Maria Stella Gelmini, anche il ministro Renato Brunetta lascia Forza Italia. I draghiani convinti presentano già il conto al Cavaliere.

 

In casa Cinque Stelle non ne parliamo. Oggi un’altra deputata, Maria Soave Alemanno, lascia il gruppo. La leadership di Conte dopo questa crisi è più precaria, il Movimento come lo abbiamo conosciuto destinato all’estinzione. Ma i tempi sono stretti per tutti. Votare ad ottobre significa dover organizzare la campagna elettorale in tutta fretta. Gli ultimi due giorni hanno capovolto l’agenda della politica. Tra i progressisti il Pd deve ineluttabilmente prendere atto che il ‘campo largo’ è finito prima ancora di nascere. L’alleanza col M5S si è sgonfiata anche se resta sempre aperta l’interlocuzione col pezzo di Movimento che è andato con il ministro Di Maio.  Anche nell’area riformista il tempo non gioca a favore.

 

Matteo Renzi e Carlo Calenda dovranno accelerare il dialogo col Pd e il Pd con loro. Mentre a sinistra Liberi e Uguali del ministro Speranza è destinato a rafforzare i contatti col Nazareno, lasciando a Sinistra italiana e Verdi il ruolo di gamba radicale.

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