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L’Italia al summit di Cornovaglia

A Carbis Bay il pragmatismo di Mario Draghi che guarda al G20

Con la Cina “serve realismo e bisogna cooperare”. Il premier tra “l’alternativa democratica all’influenza cinese” di Joe Biden e le resistenze dell’Ue

A Carbis Bay il pragmatismo di Mario Draghi che guarda al G20

È probabilmente il più atlantista dei capi di Stato che hanno dominato la scena del G7 di Carbis Bay. Ma il pragmatismo di Mario Draghi sta tutto in quelle poche parole pronunciate in conferenza stampa: “serve realismo, bisogna cooperare” anche con gli autocrati, basta “farlo in maniera franca, dicendo la nostra visione del mondo”.

 

L’attenzione del premier è rivolta alla presidenza italiana del “G20, alla lotta ai cambiamenti climatici, alla ricostruzione del mondo dopo la pandemia”. Economia e politica, interessi nazionali e globali. L’ex numero uno della Bce condivide pienamente la sfida che il presidente americano, Joe Biden, ha messo in cima agli obiettivi del summit di Cornovaglia, ovvero “l’alternativa democratica all’influenza cinese”. E anche se durante il vertice non si è parlato dell’accordo sulla ‘nuova Via della Seta’, che l’Italia ha firmato con Pechino nel 2019 - allora c’era il governo giallorosso-  il presidente del Consiglio assicura: “lo esamineremo con attenzione”. Questo significa che Roma è pronta a rivederne alcuni aspetti.

La posizione politica dell’Italia a livello internazionale è troppo netta per non farlo: la Cina “è un’autocrazia che non aderisce alle regole multilaterali”, e questo pone un problema. Lo stesso che determinano tutti gli altri regimi autoritari “che usano la disinformazione, fermano gli aerei in volo, rapiscono, uccidono, non rispettano i diritti umani, usano il lavoro forzato. Nessuno disputa che la Cina abbia diritto a essere una grande economia come le altre”, asserisce Draghi, “quello che è stato messo in discussione sono i modi che utilizza”.

 

Sono senza dubbio Usa e Cina le due locomotive della crescita mondiale in questa fase di uscita dall’emergenza sanitaria, ma i due Paesi rappresentano modelli indiscutibilmente alternativi. Sul piano politico come su quello economico: due pilastri del capitalismo, il primo di stampo privato, il secondo di Stato. Ma quello che si teme è l’espansionismo cinese di un’economia di mercato supportata da forme di spionaggio tecnologico, industriale, informatico.  Non è un caso che il vertice Nato di oggi a Bruxelles - che precede il summit Ue-Usa e l’incontro tra due giorni tra Biden e Putin - punterà sì a rinsaldare il Patto Atlantico e l’unità di intenti. Ma soprattutto affronterà i grandi temi della sicurezza, di come proteggere i Paesi alleati da attacchi cybernetici, da ‘intrusioni’ nei loro sistemi democratici.

Nel dossier le relazioni con Pechino e Mosca sono centrali. La necessità è quella di ridisegnare l’assetto strategico della sicurezza internazionale per il prossimo decennio e di proteggersi dai cyber attacchi.  Gli Stati Uniti chiederanno alla “Nato di invocare l’articolo 5 sulla difesa collettiva” anche per quelli digitali.

 

Dall’Europa l’America di Biden vuole maggiore collaborazione. Spinge per un fronte comune che si contrapponga a Russia e Cina. Uno dei leader Ue in questo momento più ascoltati oltreoceano, e a Bruxelles, è Mario Draghi. Che ha già lavorato perché i Ventisette fossero coesi sui vaccini e potrebbe continuare a farlo in vista dei nuovi equilibri che l’Occidente punta a costruire.

Ma con Putin e Xi Jinping nessuno in Ue vuole realmente inasprire i rapporti. Né la Germania, tanto meno l’Italia che vede i dati dell’export verso quella parte di mondo in continua crescita. Per conciliare finanza e valori il pragmatismo draghiano potrebbe rivelarsi parecchio utile.

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