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A Cagliari l’ultima tragedia

Prevenire le morti improvvise nel calcio si può, con il defibrillatore

Ecco i problemi cardiaci che possono avere anche soggetti giovani e sani. Anche la Figc si è attivata per nuove misure adeguate nel nome di Davide Astori

Prevenire le morti improvvise nel calcio si può, con il defibrillatore

Notizia drammatica di questi giorni: a Cagliari un giovane calciatore è morto durante una sfida di calcetto tra amici. Si chiamava Andrea Musiu, aveva 20 anni e in passato aveva giocato nelle giovanili del Cagliari.  Sul posto sono arrivate anche due autoambulanze del 118 ma tutti i tentativi di rianimare il ragazzo sono stati inutili. Stava giocando a calcetto e si è sentito male all’improvviso davanti ai compagni di squadra.Non a caso, a piu di quattro anni dalla scomparsa di Davide Astori nell’albergo di Udine che ospitava la Fiorentina, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha  bandito  di recente  un  concorso per  una borsa di studio, intitolata al calciatore della Nazionale, proprio per studiare e approfondire nuove tecniche sulla “Prevenzione primaria e secondaria della morte improvvisa nel calcio”.

 

Richiamare l’attenzione sul tema dei problemi cardiaci, per i calciatori, rientra  tra le iniziative scientifico-culturali volte alla Tutela della Salute dei tesserati federali. Una borsa, con l’obiettivo di evitare/prevenire  disgrazie tanto in serie A quanto nelle leghe minori. Il problema  dell’arresto cardiaco è in rapporto a cause elettriche ed in particolare al “blocco” e alla “fibrillazione ventricolare”, aritmie nelle quali la contrazione del ventricolo è inefficace o lenta e il sangue non circola. Le cause di questa aritmia sono varie e, di solito, risultano secondarie a cardiopatie severe (le malattie delle coronarie e la cardiopatia ischemica)  che possono aggravarsi con la fibrillazione ventricolare, qualora subentrano fattori stimolanti. La crisi può avvenire  come  evento elettrico , ma causando, comunque un arresto cardiaco, anche in persone con apparato cardiocircolatorio relativamente sano. Aritmia sempre mortale in assenza di pronto intervento  che, durante i secoli, ha segnato il percorso che ha portato alla “defibrillazione elettrica del cuore”.

 

Un’altra tipologia dell’arresto cardiaco è il ”blocco atrio-ventricolare”. Difatti, nel momento in cui alcuni processi patologici ledono i tessuti di conduzione del cuore stesso, si verifica un rallentamento della trasmissione degli impulsi con scarsa attivazione elettrica e , pertanto, dell’attività contrattile del muscolo cardiaco. Il sangue -in questa situazione- arriva in quantità ridotta agli organi periferici con diversi sintomi collegati ( affanno, svenimento, sincope, angina con dolori al petto…). Da molti anni, per tamponare queste anomalie del ritmo cardiaco, si fa ricorso a stimolatori elettrici (Pacemaker) utilizzati sia in via transitoria pe blocchi temporanei, che in via definitiva  allorchè i battiti del cuore siano rallentati. Questo elettrostimolatore invia stimoli al cuore a frequenza prefissata, mediante una sonda collocata dentro la cavità cardiaca.

 

Un soggetto che perde conoscenza, non risponde e non respira potrebbe avere un arresto cardiaco.  Se il paziente  viene subito soccorso con un massaggio cardiaco e defibrillazione in 3-5 minuti, la possibilità di salvezza è alta. Ogni anno 60 mila persone in Italia  hanno un arresto cardiaco improvviso che, nel 70% dei casi, avviene in presenza di altri individui; purtroppo solo nel 15% dei casi i  presenti al tragico evento iniziano subito le manovre di rianimazione cardio-respiratorie. Di questi tempi, i defibrillatori sono così semplici da utilizzare al punto da essere posizionati nelle scuole, nelle piazze, negli stadi, nelle stazioni ferroviarie, nei porti e  aeroporti, nelle palestre,  e in molti altri luoghi pubblici: associazioni cittadine, località molto frequentate o ad alta affluenza turistica,  strutture dove si registra un grande afflusso di pubblico. 

 

Il defibrillatore è uno strumento salvavita in grado di rilevare le alterazioni del ritmo della frequenza cardiaca e di erogare una scarica elettrica al cuore qualora sia necessario; di solito è costituito da due elettrodi che devono essere messi sul petto del paziente (uno a destra e uno a sinistra del cuore ) e da un apparecchio centrale per  l’analisi dei dati. Abbiamo a disposizioni,vari,tipi di defibrillatori: il defibrillatore manuale, semiautomatico esterno, automatico esterno e  quello impiantabile o interno.  Il defibrillatore manuale è il dispositivo più difficile da utilizzare, pertanto viene adoperato da medici o da operatori sanitari esperti. Il semiautomatico esterno è in grado di funzionare quasi in completa autonomia; appena collegati gli elettrodi al paziente, è in grado di stabilire se erogare uno shock elettrico al cuore.  Compito dell'operatore (formato da corso pratico)  sarà solo quello di premere il tasto di scarica.

 

Il defibrillatore automatico, diversamente da quelli semiautomatici, nel momento in cui riscontra l'arresto cardiaco agisce in piena autonomia nel provocare lo shock elettrico al cuore del paziente. Ad esso, infatti,  basta solo essere acceso e collegato al paziente. Quello impiantabile o interno è uno stimolatore cardiaco alimentato da una batteria dalle dimensioni molto ridotte che viene inserito in prossimità del muscolo cardiaco, solitamente, a livello della spalla, al di sotto della clavicola.  E' importante sottolineare  che, onde  salvare la vita ad un soggetto colpito da arresto cardiaco,  non serve solo il defibrillatore, ma occorre anche metterlo in azione il prima possibile: le percentuali di sopravvivenza per la persona colpita  diminuiscono di circa il 10% per ogni minuto trascorso. È consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico/automatico in sede extraospedaliera anche al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare.

 

Dobbiamo augurarci che l’iniziativa della FIGC possa sensibilizzare l’attivazione di ulteriori ed adeguate misure organizzative con specifici programmi di educazione sanitaria, e con la disponibilità di ambulanze attrezzate del tipo CMR (unità mobile di  Rianimazione). Con l’acronimo CMR, si intende un mezzo di soccorso caratterizzato dalla presenza a bordo di ogni presidio, elettromedicale e non, necessario per l'assistenza e il monitoraggio di pazienti critici. In pratica, una terapia intensiva mobile, in grado di garantire quasi le stesse cure normalmente prestate al malato all'interno dell'ospedale. Oltre all'equipaggiamento di attrezzature specifiche come il monitor cardiaco, il respiratore meccanico, i farmaci d'emergenza e le pompe di infusione (solo per citarne alcune), ciò che differenzia un CMR rispetto a un'ambulanza base è la presenza di un equipaggio medico-sanitario specializzato.

 

Il personale generalmente utilizzato per il trasferimento di questi malati critici è costituito da un infermiere e da un medico specializzato in emergenza e/o in anestesia-rianimazione (in grado di gestire, ad es., un paziente che deve essere intubato). Certo, non è facile, data la precarietà odierna del Sistema sanitario, a corto di personale e di presidi territoriali di emergenza,  posizionare un’ambulanza del genere vicino ad ogni campo di calcetto.

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