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Nuovo tandem

Politiche 2022, cosa cambia con l’accordo elettorale Letta-Calenda

Poche ore e lo scenario nel centrosinistra muta nuovamente. Il segretario dem artefice di una partita complicata ma che, è convinto, darà i suoi risultati

Politiche 2022, cosa cambia con l’accordo elettorale Letta-Calenda

Il Patto stretto tra il segretario del Pd, Enrico Letta, e Carlo Calenda, che ha fondato Azione, cambia ulteriormente nell’arco di poche ore lo scenario nel centrosinistra. Consegnando alla solitudine alcuni leader, vedi Matteo Renzi, costringendo altri, Angelo Bonelli (Verdi) e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) a rivedere la propria collocazione elettorale, e fomentando la convinzione di Giuseppe Conte di dar vita, adesso più facilmente, a un patto con la sinistra più radicale.

 

Sul lato europeista i due front-runner Letta-Calenda si presentano senza dubbio come un ‘tandem’ convincente, che mette in difficoltà non poco il fronte moderato del centrodestra. Con indiscussa abilità, anche mediatica, l’ex ministro dello Sviluppo economico è riuscito ad imporsi sulla scena vantando un potere contrattuale sul piano politico che di fatto non ha: Azione è forte solo del 20% di consensi ottenuti alle elezioni comunali di Roma, per le politiche non ha mai corso. Anzi, per dirla tutta, Calenda oggi è europarlamentare grazie al Pd, perché è in quelle liste che è stato eletto. Ma l’ex ministro ha ottenuto pure che restassero fuori dalle candidature negli uninominali i “leader di partito divisivi” e, in particolare, coloro che non avendo un bacino elettorale cospicuo, contavano su collegi sicuri per entrare, o rientrare, in Parlamento. La faccenda riguarda, in primis, Luigi Di Maio che con il suo ‘Impegno civico’ dovrà ora presentarsi da solo e sperare di superare la soglia del 3% o ‘scomparire’ in una lista di coalizione dove lo sbarramento è al 10%. Stesso ragionamento vale per i leader dei Verdi e di SI che ora minacciano di abbandonare il ‘campo’ di Letta.

 

Chi ha tenuto duro più di tutti, anche quando il leader di Azione era pronto a rompere ogni trattativa, è stato però Enrico Letta. Uomo di mediazione, e che crede nel lavoro di squadra, il capo del Nazareno ha accettato che Calenda sparigliasse le carte per poi ricomporre il gioco e portare a casa il risultato. In termini percentuali la presenza sui territori del Pd sarà determinante per stabilire i rapporti di forza dell’intesa elettorale e, dopo il 25 settembre, se si vince, di un accordo di governo che nascerà in continuità con l’esperienza Draghi. E Letta potrà dare le carte anche qualora Calenda raggiungesse risultati di tutto rispetto. Non solo.

 

Il Nazareno, con il patto con Azione, ha messo definitivamente all’angolo Matteo Renzi che, come si suol dire, è rimasto col cerino in mano. Il leader di Italia Viva si presenterà da solo alle elezioni e la soglia del 3% non è affatto vicina. Per i democratici resta però aperto il problema della gauche della coalizione perché c’è Conte pronto a raccogliere il malcontento della sinistra che guarda al modello di la France Insoumise. Ma anche la Sinistra è divisa: Articolo Uno del ministro Speranza, per esempio, è già dentro l’alleanza col Pd. 

 

Affondato il ‘terzo polo’, quello di stampo riformista, il Nazareno guida ora una coalizione che se la giocherà nei collegi uninominali e nel proporzionale. Calenda è in grado di catalizzare il voto dei liberal del centrodestra e del mondo delle imprese e dell’industria: l’assist di cui il Pd aveva bisogno per strappare voti all’alleanza capeggiata da Meloni, Salvini e Berlusconi. Resta da vedere, come dicevamo, cosa accade con Europa Verde, Sinistra italiana e Unione popolare di Luigi de Magistris, più il nuovo partito annunciato dal giornalista Miche Santoro. Potrebbero unirsi ai 5S di Conte. Ma il Pd fa affidamento su un altro approccio: essere stato baluardo fino all’ultimo dell’esecutivo Draghi. 

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