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Cosa cambiare

La sfida ora è sganciare i prezzi del gas da quelli dell’energia

Sul tavolo Ue non c’è solo il ‘price cap’ ma una riforma strutturale del mercato elettrico. Bruxelles si muove ma di incertezze ce ne sono ancora molte

La sfida ora è sganciare i prezzi del gas da quelli dell’energia

Quella del gas non è una battaglia che si vince da soli. L’aumento dei prezzi del combustibile fossile è frutto di una serie di concause che stanno mettendo a dura prova gli Stati membri dell’Unione europea. La società energetica francese Engie ha reso noto oggi di aver ricevuto da Gazprom, il colosso russo, una comunicazione relativa ad una ulteriore riduzione delle forniture da martedì per un “disaccordo tra le parti sull’applicazione di alcuni contratti”. Dall’inizio della guerra in Ucraina, come è accaduto all’italiana Eni ed altre società nazionali sparse sul territorio del Vecchio Continente, le forniture russe hanno subito un calo. E a questo si aggiunge che Gazprom, oltre ad operare una riduzione dei flussi, da domani al 2 settembre ha annunciato che chiuderà il gasdotto Nord Stream 1. Ufficialmente per lavori di manutenzione, in realtà come ennesimo strumento di pressione per convincere gli europei ad allentare le sanzioni contro la Russia

 

Questa situazione di estrema incertezza, accompagnata dall’aumento generalizzato della richiesta di gas a livello globale, ha portato all’impennata dei prezzi e ai record storici cui stiamo assistendo in questi giorni. Le conseguenze sui costi dell’energia sono di portata enorme. Oggi Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha annunciato che “porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili russi è solo il primo passo. L’aumento vertiginoso dei prezzi dell’elettricità sta mettendo a nudo i limiti dell'attuale struttura del mercato elettrico, sviluppato per circostanze diverse”.

 

L’Ue sta “lavorando a un intervento di emergenza e a una riforma strutturale del mercato elettrico. Dunque, il nodo non è solo l’ormai famigerato ‘price cap’, su cui si registra nelle ultime ore l’apertura del governo di Berlino, ma operare un decoupling, un disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’energia sui mercati all'ingrosso. “Dobbiamo fare una riforma strutturale di ampia portata. All'inizio del 2023”, fa sapere la Von der Leyen. 

 

Il timore maggiore in questa fase è che Vladimir Putin possa decidere la chiusura dei rapporti con i clienti europei, forte della domanda che arriva dalle economie emergenti, come quella indiana, o da potenze consolidate come la Cina. La Russia non ha certo un problema di esportazione delle enormi riserve di gas naturale che possiede, deve solo decidere a chi darlo e a quali condizioni. Questo significa che il calo del prezzo registrato alla Borsa di Amsterdam nelle ultime ore, l’ultima quotazione è a 272 euro per megawattora, può spingere solo ad un cauto ottimismo, niente di più. Di oscillazioni ce ne saranno ancora, il mercato non è destinato a stabilizzarsi a breve. 

 

L’Ue sta diversificando “i fornitori alla velocità della luce” ma, spiega la presidente della Commissione Ue, “abbiamo chiesto agli Stati membri di ridurre il consumo di gas del 15%”. Quello che serve è “accelerare la nostra transizione verso fonti energetiche verdi. Ogni chilowattora di elettricità che l'Europa genera da energia solare, eolica, biomasse, idroelettrica, geotermico o idrogeno verde ci rende meno dipendenti dal gas russo”. Il quadro in tutta Europa è in rapido cambiamento. Prima si comprende che servono nuove regole meglio è, ma poi serve agire. In caso contrario i rischi che si corrono sono altissimi.

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