EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
mondo femminile

Giorgia Soleri, Damiano dei Maneskin e il tabù della vulvodinia

Si tratta di un disturbo che riguarda molte donne, ma del quale si parla poco. La fidanzata del cantante ha affrontato il tema. L’opinione dell’esperta

Giorgia Soleri, Damiano dei Maneskin e il tabù della vulvodinia

Il suo fidanzato, Damiano David, è uno dei volti e delle voci ormai più affermati nel mondo della musica, insieme alla sua band, i Maneskin, reduci di recenti da un nuovo grande trionfo agli MTV Video Music Awards e da diversi dischi di platino in tutto il mondo. Lei, Giorgia Soleri, è una influencer con un nutrito seguito di followers, modella, attrice e anche scrittrice di poesie: nel 2022 è uscito il suo libro La signorina Nessuno edito da Vallardi. Giorgia e Damiano qualche settimana fa hanno fatto da testimonial per una campagna di sensibilizzazione su un problema femminile di cui si parla ancora troppo poco, come fosse un "tabù": la vulvodinia.

Eppure negli ultimi tempi si sono fatti molti progressi nelle terapie, come conferma l'esperta, la ginecologa Rosanna Palmiotto, che ha dedicato molti dei suoi studi a questo disturbo del quale lei stessa ha sofferto da giovanissima e della quale è considerata una antesignana delle cure. 

 

La "malattia immaginaria" delle donne 

Si tratta di una vera e propria svolta, perché "permette di diagnostica la malattia in poco più di mezz'ora, mentre prima servivano quattro anni" chiarisce l'esperta, che ricorda: "Prima servivano quattro anni". Le difficoltà consistono nel fatto che se ne parla poco, tanto che viene considerata una "malattia immaginaria" del gentil sesso. "In Italia ne soffre una donna su sei. Un disturbo considerato 'immaginario' fino a pochissimi anni fa, ma che di fatto colpisce un'ampia fascia della popolazione femminile, tra i 14 e i 70 anni" chiarisce ancora l'esperta. Si tratta del 15%, senza considerare il sommerso. 

 

Svolta nella diagnosi

"Fortunatamente oggi dopo il Q-Tipe Test, un esame specifico della vulva e una valutazione approfondita del muscolo pelvico, in poco più di mezz'ora siamo in grado di diagnosticare il problema e soprattutto di prospettare una terapia alle pazienti, che troppo spesso arrivano da me demotivate e fortemente provate psicologicamente perché sfiduciate dai vani tentativi di cura proposti loro negli anni", spiega la ginecologa. 

 

I sintomi della malattia "tabù"

I sintomi sono svariati e vanno dal bruciore vaginale, all'infiammazione frequente alla dispareunia, ossia il dolore durante il rapporto sessuale. La vulvodinia è una malattia invalidante, che compromette la vita personale e affettiva di molte donne, ma riconosciuta come patologia solo nel 2003 dalla comunità scientifica. Per questo molte donne hanno faticato a parlarne, come invece ha fatto di recente Giorgia Soleri. "Sulle malattie di genere c'è ancora troppa chiusura mentale, come dimostra la bassissima presenza di medici specializzati sulla vulvodinia, malattia da cui è però urgente e importante sapere che si può guarire com un approccio medico multidisciplinare e personalizzato, che coinvolge diverse figure, a seconda dei casi" spiega Palmiotto. 

 

Le cure e l'approccio multidisciplinare: si può guarire

"La diagnosi viene fatta durante la visita ginecologica, che dura dalla mezz'ora ad una gran parte del tempo che viene occupato dall'anamnesi. Attraverso una serie di domande molto puntuali su tutta la situazione di salute globale e non solo ginecologica, si arriva a stabilire quando è insorto il problema e quali sono le componenti che influenzano maggiormente la gravità della patologia: l'aspetto psicosessuologico, lo stato di salute della mucosa vulvare e la salute del pavimento pelvico. Durante la visita - spiega la ginecologa - si fa il Q-Type Test (che dura un minuto) e la ginecologa esperta riesce a valutare lo stato di salute del pavimento pelvico in circa 3 minuti". 
 

Il percorso terapeutico scelto dalla ginecologa ed illustrato alla paziente può durare sei mesi e prevede l'invio alla fisioterapista o al personal trainer esperto in rieducazione del pavimento pelvico, che potrà anche consegnare "alla paziente un lavoro a domicilio quotidiano (anche qui è tutto molto personalizzato nella tempistica). Oppure ci può essere l'invio alla sessuologa, che farà il numero di sedute sufficienti per sbloccare la situzione", conclude la dottoressa Rosanna Palmiotto.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA