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Cosa potrebbe cambiare

Elezioni 2022, la spina nel fianco di Giorgia Meloni si chiama Salvini

La leader Fdi in difficoltà per le sortite del leghista sulle sanzioni alla Russia. Ma non abbandonerà l’atlantismo di Draghi: ne ha bisogno più che mai

Elezioni 2022, la spina nel fianco di Giorgia Meloni si chiama Salvini

Dopo una prima fase quanto meno dormiente di campagna elettorale assistiamo a una virata più decisa di una parte delle forze politiche. Con l’avvicinarsi della data del 25 settembre i partiti tendono a stringere sui contenuti di maggiore interesse ed alcuni escono allo scoperto più di quanto abbiano fatto in un primo tempo. L’esempio calzante è quello del leader del Carroccio, Matteo Salvini, che in questi giorni ha spinto di nuovo il piede sull’acceleratore del filo-putinismo. Dopo essere stato parte della coalizione di unità nazionale del governo Draghi, dichiaratamente filo-atlantista, Salvini torna alle origini e gioca le carte di una politica estera più vicina alla Russia che non agli Stati Uniti. I suoi distinguo sulle sanzioni che l’Ue sta comminando a Mosca a seguito dell’aggressione all’Ucraina rompono uno schema. E mostrano in tutta evidenza che il leghista non teme di rompere la coesione occidentale sulle sanzioni a Vladimir Putin, anzi lo vuole. Ma in un momento storico in cui il centrodestra si candida alla guida del Paese, con serissime probabilità di vittoria, la sterzata dell’ex ministro dell’Interno potrebbe creare non pochi grattacapi all’alleata super favorita in questa corsa elettorale, ovvero Giorgia Meloni. Diciamolo chiaramente: Salvini sta diventando una spina nel fianco per la leader di Fratelli d’Italia e si sta muovendo per metterla in difficoltà, non per favorirla. 

 

La collocazione internazionale dell’Italia nel complesso quadro geopolitico delineatosi con la guerra a Kiev non è solo una questione di politica nazionale, perché tocca in maniera determinante gli equilibri europei e quelli dell’intero scacchiere occidentale. Questo lo sa Salvini come lo sa Meloni. C’è da scommettere che, in vista del voto, la distanza tra i due si farà più marcata. E non potrebbe essere altrimenti. Per un semplice motivo. La prospettiva dei due è diversa. I sondaggi danno la Lega al 13 per cento, forse scenderà anche al 12, percentuali ben lontane dal trionfo alle europee del 2019.

 

Mentre Meloni continua la volata, primo partito della coalizione di centrodestra e primo partito del Paese, davanti a Pd e tutti gli altri. L’ex ministra della Gioventù già si vede a Palazzo Chigi e sta facendo di tutto per arrivarci. In primis, rivestendo la sua destra radicale di una patinatura moderata, in ogni caso ispirata ai principi del Patto atlantico in politica estera come sul piano di politica economica. Meno trampista e più repubblicana, meno radicale e più conservatrice: Meloni intende rassicurare Washington come pure i vertici dell’Ue. 

 

Salvini fa un altro gioco. Sta ritornando alla sua inclinazione populista e sovranista con un occhio alla vecchia amicizia con il partito del putinismo moscovita, Russia Unita. Palazzo Chigi è perso, nessuna chance di arrivare primo, quindi la sua tattica è più sottile. Guarda alla sponda orientale, si sente più vicino all’ungherese Orban che non a Macron, per dirne una. Ma dire dove tutto ciò porterà la Lega è difficile.

 

Una cosa è certa: allontanarsi dalla politica estera draghiana non vede convinta buona parte di via Bellerio. Salvini si sta muovendo sul filo del rasoio e il suo match elettorale non è detto che finisca con più voti di quanto le proiezioni gli attribuiscono oggi.  

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