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La mostra a Roma

Raoul Dufy, la riscoperta dei colori in mostra a Palazzo Cipolla

Emmanuele F.M. Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro - Internazionale: “Dopo quarant’anni di oblio, torna in Italia un grande artista”

Raoul Dufy, la riscoperta dei colori in mostra a Palazzo Cipolla

Per una sonora coincidenza della storia, l’inaugurazione della prima mostra di Raoul Dufy a Roma dopo 40 anni di oblio è venuta a coincidere con il giorno dell’elezione del presidente del Senato, primo atto del nascente nuovo governo di Giorgia Meloni: una giornata ricca di colpi di scena, dove i rivolgimenti della politica hanno fatto pensare a più di un osservatore che ciò che sembra molto serio e pesante a volte non lo è, mentre altre volte occorre prendere molto sul serio ciò che si presenta leggero e solare.

 

Un equivoco di questo tipo è esattamente ciò in cui si dibatteva fino ad oggi la percezione di Raoul Dufy, il “pittore della gioia e della luce” francese che amava l’arte per l’arte e dipingeva con lo scopo dichiarato di arrecare piacere, spesso considerato a torto un artista mondano e leggero a causa del suo interesse per la società dell’intrattenimento del primo ‘900 con le corse, le regate, gli spettacoli elitari e popolari a un tempo, da lui rappresentati con uno stile colorato che gli costò la patente di superficialità.

 

Non è casuale nemmeno che proprio in questi giorni si corra in Sicilia la Targa Florio, la gara automobilistica più antica del mondo, nel cuore di quel mediterraneo tanto amato da Dufy, che lo frequentò e lo dipinse dalla Costa Azzurra all’amatissima Sicilia, riproducendone sulle sue tele i colori sgargianti delle acque. Pittore marittimo, Raoul Dufy fu inizialmente prosecutore di quella tradizione impressionista germogliata con Monet nella sua città natale, Le Havre, e in seguito si accostò ai Fauve, quegli artisti radunati intorno a Matisse che reagirono alla pittura d’atmosfera per approdare all’austerità cezanniana con la quale le forme, le zone piatte e i colori accesi o addirittura violenti sono indipendenti dalla linea, che accenna appena a circoscriverle.

 

“La particolarità di Dufy - spiega il Prof. Emmanuele F. M. Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro - Internazionale, che ha fortemente voluto la mostra - risiede nel dissociare gradualmente, nel corso della sua maturazione artistica, il colore dal disegno, semplificando il più possibile: egli eludeva il soggetto dell’opera per una sorta di propensione al principio dell’indeterminatezza, facendo sì che il segno si posasse sul colore con disinvoltura, mosso dalla pura gioia del dipingere. Si può affermare che nell’estetica dell’artista francese la forma venisse prima del contenuto, e questa caratteristica probabilmente lo relegò a un ruolo di secondo piano in un periodo in cui l’impegno dichiarato (ad esempio, di un artista come Picasso, che negava fermamente la funzione decorativa dell’arte) era un imperativo. In realtà, sotto l’apparente semplicità delle forme di Dufy, vi erano un’elaborazione minuziosa, un’attenzione ed una sensibilità fuori dal comune, e soprattutto la sua teoria che il colore servisse ai pittori per captare la luce”.

 

Nonostante fosse afflitto da artrite reumatoide, malattia che lo portò ad essere tra i primi pazienti in assoluto a sperimentare le cure con il cortisone, Dufy fu pittore e scenografo estremamente prolifico per tutta la vita. Figlio di un musicista e di modeste condizioni economiche, la crisi finanziaria della sua famiglia lo costrinse in giovane età a cercare lavoro a Le Havre e iniziò a dipingere frequentando dei corsi serali. Una storia di impegno e fatica, che evidentemente non gli tolse il gusto per la leggerezza, per i viaggi e per la ricerca artistica. Collaborò con vari scrittori francesi tra i quali Guillaume Apollinaire illustrando con xilografie le loro opere (in particolare, di quest’ultimo, il Bestiario o Corteggio di Orfeo, opera ispirata ai bestiari medievali cui Picasso aveva rifiutato di lavorare, poi considerato un capolavoro di inventiva per come Dufy ha gestito i contrasti tra bianco e nero).

 

Dopo aver così contribuito alla rinascita della tecnica dell’incisione su legno, Dufy si cimentò anche nella collaborazione con lo stilista Paul Poiret, ammiratore del Bestiario, che gli propose di creare un laboratorio artigianale per la stampa su tessuto, la Petite Usine. Dufy traspose la tecnica della xilografia in ambito tessile, studiando con l’aiuto di un chimico tutte le fasi della produzione e disegnando per la maison Poiret sontuose stoffe stampate per la moda e l’arredamento. Adattando la sua creatività alla produzione industriale, Dufy fu attivo nei settori della moda, dei profumi, dell’illustrazione e della decorazione art déco, con esiti di assoluta qualità. Tutte fasi che si possono ammirare nella mostra a Palazzo Cipolla, insieme al dipinto più grande del mondo: La Fata Elettricità, un’opera composta da 250 pannelli di compensato della misura di due metri per un metro e venti, realizzata da Dufy per il padiglione della luce e dell’elettricità all’Esposizione internazionale delle arti e delle tecniche nella vita moderna, tenutasi a Parigi nel 1937.

 

Sono 160 le opere in mostra tra dipinti, disegni, ceramiche e tessuti, espressione della creatività multiforme e polimaterica di Dufy, provenienti da rinomate collezioni pubbliche e private francesi quali il Musée d’Art Moderne de Paris, il Centre Pompidou, Palais Galliera, la Bibliothèque Forney e la Bibliothèque literaire Jacques Doucet, il Musée de la Loire, il Musée des Tissus et des Arts Décoratifs di Lione, il Musée des Beaux-Arts Jules Chéret di Nizza e il Musée Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles.

 

La mostra, visitabile a palazzo Cipolla dal 14 ottobre 2022 al 26 febbraio 2023, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro - Internazionale e realizzata da Poema con il supporto di Comediarthing e Arthemisia. L’ideazione è del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Paris Musées e la curatela di Sophie Krebs con il contributo di Nadia Chalbi.

 

P.S.: ai nuovi eletti e a coloro che se ne vanno. Palazzo Cipolla dista pochi metri dai Palazzi della Camera e del Senato, motivo per cui andare a vedere la mostra di un artista siffatto, può essere un modo per avvicinare lo spirito dei (nostri) tempi.

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