Pil, crescita che rallenta, inflazione. E’ sulla tenuta economica del Paese, e di conseguenza su quella sociale, che il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni dovrà dare le risposte più importanti e dimostrare di essere all’altezza delle aspettative del Paese. Tra giugno 2021 e settembre 2022 l’indice generale dei prezzi è aumentato in Italia del 9,6 %. Cifre record che non riguardano solo le spese per le bollette e l’abitazione, ma anche quelle alimentari. Questo significa che i rincari toccano beni e servizi di cui non si può fare a meno, e che l’inflazione è destinata a corrodere i salari e a diminuire drasticamente la capacità di spesa delle famiglie. Il fenomeno non accenna a diminuire, non con l’incertezza che contraddistingue economicamente e politicamente questa fase della storia dell’Europa. La guerra russo-ucraina è la causa principale del terremoto che si sta abbattendo sul costo della vita e, a monte, sappiamo che c’è il prezzo delle materie prime con cui si produce energia. Il caro vita costa alle famiglie mediamente 470 euro l’anno con l’effetto che ad essere intaccati sono anche i risparmi.
Dunque, l’esecutivo appena nato ha da fronteggiare la contrazione economica e le ricadute sull’occupazione. Ma sa che tecnicamente, come hanno avvertito i più importanti organismi internazionali, la recessione è inevitabile. Già l’ultimo trimestre di quest’anno è il primo dei due consecutivi che il Fondo Monetario Internazionale ha conteggiato per una battuta d’arresto del Prodotto Interno Lordo. Fino ai primi mesi dell’anno prossimo l’Italia, accompagnata da altri paesi europei come la Germania, non crescerà. Con l’aggravante, da noi, dell’entità del debito pubblico che - seppure sceso sensibilmente nell’ultimo anno - si attesta su cifre rischiose. In questo contesto, l’ombrello della Bce e dell’Ue da un lato, e quello dei sostegni che di volta in volta il governo Draghi ha aperto per fronteggiare gli scossoni derivanti dall’inflazione, sono stati determinanti per attutire il colpo.
C’è di più. Siamo in piena sessione di bilancio. Entro il 31 dicembre va approvata la legge per la programmazione finanziaria, la più importante per un governo in carica, che dovrà tenere conto della straordinarietà della situazione attuale e dell’impossibilità di fermare il processo in atto. Almeno fino a quando ogni previsione economica, non solo per l’Italia, resterà appesa al gas russo. La contrazione dell’economia dipenderà ancora a lungo dalle forniture di Mosca, che a loro volta sono legate all’evoluzione della guerra. Il cane che si morde la coda, diremmo.
In questo quadro la revisione al ribasso delle prospettive di crescita comporta, gioco forza, effetti sui target di finanza pubblica che andranno aggiornati. Ma in questo frangente è anche importante vedere che margini di manovra darà Bruxelles, ben sapendo che la progressiva riduzione del debito resta uno step ineludibile. L’Unione europea ha messo in conto una revisione complessiva della disciplina di bilancio dei Ventisette. Sarà, perciò, rilevante saper trattare nelle sedi europee, mostrando la ferma volontà di mantenere i conti in ordine e di non voler scivolare negli squilibri che potrebbero nascere da nuove misure in deficit. La presidente del Consiglio e il nuovo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dovranno darne prova: la strada del dialogo in Europa deve restare maestra.