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La politica di Dem, Terzo Polo e 5S

Minoranze sempre più divise. Pd rischia di rimanere schiacciato

Dopo nomina, giuramento e fiducia, parte la navigazione del governo Meloni. Che potrà contare su un vantaggio: le opposizioni si fanno la guerra tra loro

Minoranze sempre più divise. Pd rischia di rimanere schiacciato

Con il voto di ieri sera al Senato si sono chiuse le fasi per la formazione del governo previste dagli articoli 92, 93 e 94 della Costituzione: ovvero nomina, giuramento e fiducia. Nei prossimi giorni la maggioranza cercherà anche di chiudere il capitolo viceministri e sottosegretari. A quel punto, con la squadra al completo, inizierà a tutti gli effetti la navigazione dell’esecutivo a guida Giorgia Meloni. 

 

Il dibattito sul voto di fiducia al Senato ha confermato la leadership della presidente del Consiglio sulle forze di centrodestra – anche Berlusconi alla fine ha dovuto riconoscerlo, almeno a parole – e la connotazione marcatamente politica di questo esecutivo. Al Senato, però, si è andato anche chiarendo il posizionamento delle minoranze e, soprattutto, un dato: tra loro è appena cominciata una resa dei conti. Non solo le forze dell’opposizione sono partite divise in questo avvio di legislatura ma è probabile che ci rimarranno a lungo. La collocazione tattica delle forze che siedono dall’altra parte dell’emiciclo sembra quella del ‘tutti contro tutti’, in attesa di maturare posizionamenti futuri.

 

In mezzo a questa faida c’è il Pd, che rischia di restare schiacciato, a destra dal riformismo moderato di Renzi e Calenda, a sinistra dall’avanzata di Giuseppe Conte verso una linea politica più radicale. Veniamo al primo. Il sanatore di Rignano sull’Arno, nella sua dichiarazione di voto, ha ‘aperto’ a nome del Terzo Polo alla riforma costituzionale sul presidenzialismo alla francese che ha in mente Meloni: “un no a prescindere”, ha detto, sarebbe “sbagliato”. Parole che hanno destato immediatamente l’attenzione dei senatori dem e di quelli pentastellati, che hanno avuto ben chiaro, da quel momento preciso, che la battaglia contro il presidenzialismo la faranno da soli. Una divaricazione che ha preso corpo anche dopo, con il duro attacco dell’ex premier nei confronti del Pd, tra l’ironico e il sarcastico.

 

Colpi affondati verso un partito ancora stordito, che sta per entrare in una fase congressuale molto incerta, e che è alla ricerca di un nuovo timoniere-leader dopo le dimissioni di Enrico Letta dalla segreteria. Ma Matteo Renzi ha sferrato il suo attacco anche nei confronti del leader 5S, Giuseppe Conte, quando si è detto sostanzialmente d’accordo con la commissione d’inchiesta sulla pandemia che Meloni si appresta a istituire. Un colpo a Conte, che è stato inquilino di Palazzo Chigi quando è scoppiata l’emergenza Covid, e al ministro della Salute, Roberto Speranza, che ora siede tra i banchi dei democratici. Il succo è questo: Renzi farà opposizione al nuovo governo ma sarà ben diversa da quella che hanno in mente le altre forze di minoranza. 

 

Veniamo al M5S.  Pochi giorni fa è nato a Roma ‘Coordinamento 2050’: da Stefano Fassina a Loredana De Petris, pezzi della vecchia sinistra radicale e ambientalista, si stanno unendo con Giuseppe Conte per formare un polo progressista. Si tratta di quella rete politica e sociale che non si riconosce con il Pd, né con SI e Verdi, e che è pronta a seguire l’ex ‘avvocato del popolo’ che ha virato verso battaglie civiche, ecologiste e tradizionalmente di sinistra. L’obiettivo? Prendersi quell’elettorato dei democratici che ormai non si riconosce nell’indirizzo socialdemocratico del Nazareno, troppo liberale per la sinistra popolare.

 

In questo scenario è evidente che il Pd navighi tra venti contrari. E’ numericamente il partito più importante dell’opposizione, ma ciò non vuol dire che lo sia anche sul piano politico, e in termini di forza propulsiva in grado di contrastare il governo appena nato. Per quello che si è visto in questi giorni, prima alla Camera e poi al Senato, i dem - orfani di strategia e visione - non sanno ancora come affrontare la stagione politica che si è appena aperta nel Paese. Renzi, Calenda e Conte si sono presentati con idee più chiare. Sono apparsi più agguerriti e battaglieri e il loro avversario politico, oltre che Meloni, si chiama Pd. Un vantaggio per la neo-presidente del Consiglio.  

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