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Le prime misure del governo

Crisi economica e priorità, che c’entra alzare il tetto al contante?

Busia, presidente dell’Autorità Anticorruzione: “Il mercato non lo richiede, a meno che non si tratti di attività illegali o di economia sommersa”.

Crisi economica e priorità, che c’entra alzare il tetto al contante?

I tempi stringono per la manovra di bilancio, e la priorità è sempre di più conciliare l’urgenza di nuove misure contro il caro bollette con la programmazione in tema di conti pubblici. E’ probabile che per dare subito un sostegno a cittadini e imprese il governo andrà dritto su un decreto legge, per poi prevedere altri interventi nella manovra che va chiusa entro il 31 dicembre. Per ora ci sono fibrillazioni non di poco conto su temi che non sembravano essere in cima all’agenda del nuovo esecutivo, e che stanno sollevando parecchi dubbi, non solo tra le forze di opposizione ma anche nelle file della maggioranza. Stiamo parlando dell’innalzamento al tetto del contante. In prima battuta si era parlato di portarlo a 10 mila euro, per poi scendere a 5 mila. Un tetto comunque molto alto che provoca non poche polemiche. Fratelli d’Italia continua a sostenere “che non c’è alcuna relazione tra l’evasione e il tetto”.

 

“La parte sostanziale dell’evasione riguarda le mafie e i grandi gruppi, nessuno di questi è spaventato dal tetto al contante”, dichiara Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, insistendo sul fatto che “c’è un tema di privacy, ognuno deve poter spendere i soldi come crede”. Ma dall’Autorità Anticorruzione arriva una presa di posizione molto netta. “Il mercato non richiede di alzare il tetto al contante, perché oltre certi importi ormai non si paga più cash, a meno che non si tratti di attività illegali o di economia sommersa”, afferma il presidente Giuseppe Busia.

 

In ogni caso il problema principale, nell’attuale congiuntura, resta il caro energia con l’alta inflazione che sta generando. La Banca Centrale Europea, per la terza volta consecutiva, ha deciso di alzare i tassi di interesse dello 0,75%. Interventi che Francoforte ritiene necessari per contenere il balzo inflazionistico, per il quale non si intravede una frenata nel breve termine. In Europa, intanto, diversi Paesi - tra cui l’Italia - stanno entrando tecnicamente in recessione. Questo significa che al caro vita si affianca l’assenza di crescita, con tutti gli effetti che possiamo immaginare in termini di economia reale.

 

A settembre l’inflazione nell’Eurozona ha raggiunto il 9,9%. Un record. La componente energetica resta il maggiore driver dell’inflazione in Ue, un dato questo che fa la differenza tra la situazione economica del Vecchio continente e quella che si registra Oltreoceano. L’inflazione è “inaccettabilmente alta” anche negli Stati Uniti ma Janet Yallen, la segretaria al Tesoro americana, esclude segni di recessione a breve termine. 

 

In Italia imprese e cittadini sono in forte affanno. Il governo dovrà muoversi tra due fuochi: appunto recessione e inflazione. Per farlo serviranno risorse. Il problema sostanziale è come reperirle senza ricorrere a nuovo deficit. La chiave di volta sta soprattutto in questo. C’è un equilibrio che va mantenuto tra il saldo di bilancio strutturale e l’Obiettivo di medio termine (Omt). Ci si può discostare in occasioni straordinarie, ma in via temporanea. Vedremo nei prossimi giorni quali saranno le mosse della premier e del ministro dell’Economia, Giorgetti. Nel frattempo Meloni è al lavoro anche per chiudere la squadra dei viceministri e dei sottosegretari. Per ora non c’è intesa sui nomi. Il puzzle si dovrebbe comporre per l’inizio della settimana prossima. 

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