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Il futuro che verrà

Bonaccini e Schlein: cosa può cambiare con l’uno o con l’altro

Con il governatore schierati già tanti amministratori locali. A Roma bocche cucite dei big. Il Pd tra i danni del correntismo e la fatica di un nuovo corso

Bonaccini e Schlein: cosa può cambiare con l’uno o con l’altro

Il campo riformista se lo contende con Azione, mentre quello progressista con il M5S. Il Partito Democratico, in una dialettica sempre più marcata con le altre forze di area centrosinistra, è in mezzo al guado. Mai come adesso, percorso congressuale e candidature alla segreteria sono destinati (per forza di cose) a modificare gli attuali assetti politici tra le formazioni di minoranza. 

Il partito, nato 15 anni orsono, ha faticato fino ad oggi a tracciare un suo profilo identitario e a trovare un’unità tra gli eredi dei Democratici di sinistra, la Margherita e quelle forze riformiste e del cattolicesimo democratico da cui è nato. Un peccato originale che si porta dietro da quell’ottobre 2007. Nodo che viene al pettine anche adesso, in un groviglio di posizionamenti delle diverse correnti che potrebbero anche allinearsi, da qui a qualche mese, in modo differente.

 

Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, non solo ha ufficializzato la sua candidatura alla guida del partito, ma ha anche dichiarato guerra al correntismo che sta lo sta dilaniando. E, forse, anche ai capi-corrente da cui dipendono però molte delle chances che ha di scalare il Nazareno. La parola d'ordine è ‘rompere gli schemi’ e trovare “un gruppo dirigente nuovo”. “Noi lo abbiamo nel territorio, nelle regioni, nei comuni”, dice smarcandosi dalle designazioni ‘dall’alto’ che più di qualche scollamento hanno create tra la base e i gruppi dirigenti. 

 

Per ora c’è chi si schiera con lui, chi si tira indietro e chi dice ancora “non so”.  A non avere dubbi è Base Riformista che fa capo all’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, mentre Matteo Orfini dell’area dei Giovani Turchi fa sapere di non aver ancora deciso chi appoggiare. A dire sì a Bonaccini ci sono anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, e il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. In suo favore sarebbero pronti a schierarsi anche il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono e quello di Torino, Stefano Lo Russo. Oltre a un folto numero di amministratori locali, con Bonaccini figurano l’ex ministro Graziano Del Rio, le eurodeputate Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini, le ex parlamentari Alessia Morani, Patrizia Prestipino, Valeria Fedeli, Giuditta Pini

 

L’altra favorita per il vertice del Nazareno, la vice-presidente della Regione Emila Romagna, Elly Schlein, parte con un punto di svantaggio. Non è interna al Pd (ha conquistato un seggio alla Camera come indipendente nelle liste dem) ma sembra aver già espugnato alcuni fortini di rilievo. Potrebbero stare dalla sua parte Area dem di Dario Franceschini e zingarettiani. Mentre la fronda più a sinistra, come quella dell’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, viene compresa ancora nel limbo degli indecisi, insieme a bettiniani e due governatori di peso, che al Sud di voti ne spostano parecchi: Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia. Da outsider potrebbe, invece, giocare il sindaco di Firenze, Dario Nardella

 

Senza dubbio da chi sarà segretario dipenderà la futura linea politica del Pd. Piu riformista Bonaccini, più progressista Schlein? Sì, in linea di massima potrebbe essere questo il modello per quanto riguarda i rapporti con Carlo Calenda e Giuseppe Conte.  Intanto il governatore, che ha ufficializzato domenica la sua candidatura, stuzzica subito gli amici-nemici di Azione e Cinque Stelle: “Vorrei che Terzo Polo e M5s dicessero all’Italia cosa vogliono fare dei voti che hanno raccolto. Tenerli in una cassaforte da soli per dire che hanno ragione loro, e però vincono gli altri, o provare a discutere seriamente nel merito di ciò che serve al Paese e cercare di costruire nuovo centrosinistra”. Calenda fissa i confini: “Noi non siamo nel centrosinistra”, dice. “Siamo un centro riformista, con persone che vengono dal centro moderato, come Gelmini e Carfagna, e altri come me che vengono dal centrosinistra”.  

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