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Perché la sanità torna nel dibattito pubblico

Il Pnrr fa il tagliando all’assistenza domiciliare, non va sprecato

Il sovraffollamento dei pronto soccorso e il taglio delle liste d’attesa devono essere le priorità. E nelle elezioni regionali di Lazio e Lombardia…

Il Pnrr fa il tagliando all’assistenza domiciliare, non va sprecato

I fatti di solito sono più testardi delle intenzioni, e anche delle omissioni. Infatti, a distanza di pochi mesi dalla campagna elettorale per le elezioni politiche in cui tutti i partiti evitarono accuratamente di parlare di sanità dopo quasi tre anni di Covid, il tema dell’adeguamento del Servizio sanitario nazionale è tornato prepotentemente d’attualità grazie proprio a due fatti che sono sotto gli occhi di tutti. Ecco il primo e più importante: i pronto soccorso degli ospedali scoppiano perchè assediati non tanto e non solo dagli interventi di urgenza cui sono destinati ma anche e soprattutto dai malati diciamo così “normali”, ad esempio quelli che non riescono a trovare risposte nelle visite specialistiche per via delle lunghe liste d’attesa, e anche dagli immigrati non regolarizzati che non hanno assistenza sanitaria e che trovano nel pronto soccorso la risposta a bisogni elementari di cura. Se aggiungiamo il ritorno del Covid, sia pure in modalità molto meno acuta degli anni scorsi grazie ai vaccini, e quindi le relative richieste di ricovero, vediamo che il panorama è completo. Contemporaneamente le Asl stanno lavorando sodo per utilizzare i fondi del Pnrr e rafforzare la medicina territoriale attraverso la nuova organizzazione delle Centrali operative territoriali, che hanno tra i propri obiettivi proprio quello di togliere pressione ai pronto soccorso ampliando e rendendo più efficace l’assistenza domiciliare, anche attraverso la Telemedicina.

 

Ma, paradossalmente, c’è anche un altro motivo per cui si riparla di sanità che è invece strettamente politico: fra circa un paio di mesi si vota in due delle regioni più importanti d’Italia, cioè in Lombardia e nel Lazio, e in entrambi i casi lo scontro tra i candidati a guidarle è soprattutto sulla sanità. A Milano si combattono il governatore uscente, il leghista Attilio Fontana, e l’ex vicepresidente e assessora alla Sanità, Letizia Moratti, che ha lasciato il centrodestra ed è sostenuta dal Terzo Polo di Calenda e Renzi (c’è anche Majorino, candidato del Pd). Come è ben noto, la Lombardia ha pagato un altissimo tributo di vittime al Covid proprio perchè la sanità lombarda è incentrata sulle strutture sanitarie private le quali hanno scelto di non occuparsi di chi era affetto da virus riversando dunque sulle strutture pubbliche un carico impossibile da reggere, e ora è fortemente avvertita dai milanesi e dai lombardi la necessità di un riequilibrio, visto che oltretutto le cliniche e gli istituti privati si reggono anche e soprattutto sui soldi pubblici oltrechè sulle assicurazioni private e le integrazioni da parte dei pazienti. 

 

Nel Lazio il candidato del centro sinistra alla guida della Regione è l’attuale assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, sostenuto dal presidente del Consiglio regionale del Lazio, Daniele Leodori, un politico che ha seguito sempre con competenza e interesse i temi della salute e dell’organizzazione della sanità. E, guarda caso, il centrodestra ha scelto come sfidante Francesco Rocca, fino a pochi giorni fa presidente della Croce Rossa e amministratore di cliniche private. Al di là degli interessi concreti, e ovviamente anche degli scontri aspri tra sfere d’influenza private sul bilancio della sanità regionale, evidentemente il centro sinistra punta sull’effetto della ben organizzata campagna vaccinale allestita quasi due anni fa da D’Amato, mentre il centrodestra fa leva su un personaggio che promette di cambiare le cose, cominciando dalle liste d’attesa come ha annunciato qualche giorno fa presentando la sua candidatura.

E qui si torna al tema precedente, cioè alla reale situazione degli ospedali, dei pronto soccorso e dell’assistenza domiciliare perchè ovviamente la politica detta le linee strategiche e indirizza i fondi disponibili ma poi l’onere concreto della risposta ai bisogni sanitari della popolazione resta affidata ai medici e agli infermieri, i quali sono pochi rispetto alle esigenze, inferiori come numero rispetto alla media dei paesi europei, e anche pagati meno tanto è vero che molti cercano di andare in pensione il prima possibile, oppure cercano di andare a lavorare all’estero, mentre in Calabria abbiamo fatto ricorso ad una nutrita pattuglia di medici cubani. 

 

Il pallino torna dunque nelle mani dei dirigenti sanitari e dei medici ed infermieri che tra mille difficoltà oggi sono sul fronte caldissimo del servizio pubblico. Tutti noi infatti siamo consapevoli che la nuova organizzazione debba mantenere i pregi ed eliminare i difetti dell’attuale assistenza domiciliare sul territorio a cominciare dalla necessità di fornire una più ampia copertura oraria, giornaliera e settimanale alle esigenze dei pazienti e delle loro famiglie. Il tema ineludibile per la politica e i decisori è quello dell’aumento del personale medico e infermieristico, sul quale tuttavia è difficile operare forzature perchè la preparazione non si può accorciare o improvvisare ma serve programmazione di medio-lungo periodo.

 

In base alla mia approfondita esperienza professionale in ospedale e come attuale titolare di un ingranaggio delicato della medicina territoriale posso dire che la grande differenza possiamo farla se riusciamo a far dialogare direttamente i Centri di assistenza domiciliare e i pronto soccorso. Come? Dobbiamo essere in grado di capire se, ad esempio, un paziente si ricovera spesso per la stessa diagnosi, e dunque una volta accertati i ricoveri ripetuti, magari è il Cad che, in base alla propria conoscenza del territorio e dunque del malato, individua il paziente che ricorre a ricoveri ripetuti e lo mette sotto particolare osservazione per evitare che vada spesso in pronto soccorso. Pensiamo ad esempio agli scompensi cardiaci degli anziani: il malato cronico acutizza frequentemente ma non guarisce e serve un medico e un infermiere per farvi fronte perchè si tratta di un malato di terzo livello assistenziale da quattro accessi infermieristici a settimana. Ma assistendolo anche con Telemedicina e telemonitoraggio saremo meglio in grado di intervenire e di limitarne gli accessi al pronto soccorso.

 

Senza entrare in eccessivi tecnicismi, l’altro grande tema da sviluppare è proprio quello di intercettare le criticità dei malati il prima possibile con la Telemedicina, il teleconsulto e il monitoraggio con l’obiettivo di seguire in questo modo e in tempi brevi il 10 per cento dei nostri pazienti. Questo significa per una Asl di media copertura territoriale monitorare costantemente, vado a spanne, poco meno di mille pazienti fragili che sono quelli che più degli altri rischiano di andare al pronto soccorso. Ovviamente, vanno ridotte in modo risoluto e veloce le liste d’attesa, cosa che deve essere sottratta alla polemica politica per concentrarsi tutti sul come fare per ridurle: la nuova organizzazione della medicina del territorio ha tale obiettivo accanto a quello di evitare il sovraffollamento dei pronto soccorso, ma anche qui è fondamentale (oltre all’apporto della Telemedicina) la collaborazione tra tutti i soggetti interessati, e magari un accordo sindacale che permetta di utilizzare gli apparati radiologici 24 ore al giorno con appositi turni del personale.  

 

Dunque la sanità, tema cruciale in un paese che ha più pensionati che lavoratori dipendenti e mentre si discute di una riforma delle autonomie regionali che non sembra si preoccupi più di tanto di sanare i grandi divari territoriali esistenti anche nella cura della salute (sono ripresi i viaggi della speranza per curarsi al Nord), torna nel dibattito pubblico. C’è da augurarsi che vi partecipino attivamente i medici e tutti gli operatori sanitari e i cittadini più avvertiti, e non solo perchè siamo tutti pazienti potenziali. Dico di più: l’educazione sanitaria dovrebbe essere parte della preparazione civica degli studenti così come, ad esempio, l’educazione finanziaria. Se non altro per fare in modo che le generazioni più giovani siano più consapevoli dei problemi, e per evitare che la politica se ne occupi in modo casuale: in fondo il Servizio sanitario nazionale ha compiuto quattro decenni e serve un tagliando che non sia di facciata. 

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