217esimo giorno

Crisi a Gaza: tensioni e diplomazia in gioco per evitare il peggio

La situazione si aggrava con azioni unilaterali di Israele e la risposta degli USA. Netanyahu sfida Biden, mentre l’ONU segnala una catastrofe umanitaria

Crisi a Gaza: tensioni e diplomazia in gioco per evitare il peggio

La crisi nella Striscia di Gaza entra nel suo 217° giorno con una serie di eventi che intensificano le tensioni nella regione. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sfida apertamente il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, promettendo azioni unilaterali se necessario. Nel frattempo, la comunità internazionale esprime preoccupazione per la crescente crisi umanitaria, con oltre 100.000 persone in fuga dalla città di Rafah e l’escalation di violenze che ha portato alla chiusura della sede di Al Jazeera a Nazareth.

 

Tensioni militari

La decisione degli Stati Uniti di interrompere parte delle forniture di armi a Israele ha suscitato una risposta decisa dal portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari. “L’Idf ha armi sufficienti per le missioni programmate, incluse quelle a Rafah,” ha affermato, minimizzando l’impatto della decisione americana. Tuttavia, il bilancio delle vittime continua a salire, con il ministero della Sanità locale gestito da Hamas che riporta almeno 34.904 morti e 78.514 feriti dal 7 ottobre.

La Casa Bianca, attraverso il portavoce della sicurezza nazionale John Kirby, ha messo in guardia Israele sull’efficacia di un’irruzione a Rafah per sradicare Hamas. Kirby ha sottolineato la necessità di trovare soluzioni alternative, mentre il presidente Biden ha sospeso la consegna di 3.500 bombe a Israele. Netanyahu, da parte sua, ha espresso la speranza di risolvere i disaccordi con Biden, ribadendo la necessità di agire per proteggere Israele e sconfiggere Hamas a Rafah.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, durante un’intervista a ‘Dr. Phil Primetime’, ha inoltre espresso preoccupazione per il sostegno apparente al genocidio da parte di alcuni gruppi universitari negli USA, che secondo lui sostengono la distruzione di Israele. Netanyahu ha criticato la mancanza di consapevolezza storica e la comprensione errata degli obiettivi di Hamas, sottolineando la necessità di difendere Israele dalle minacce esterne e dalle campagne di disinformazione.

 

Valutazione USA sulla condotta di Israele 

Intanto negli Stati Uniti, il segretario di Stato americano Antony Blinken è in procinto di presentare al Congresso un rapporto che, pur essendo molto critico nei confronti delle azioni di Israele a Gaza, non arriva a dichiarare una violazione dei termini d’uso delle armi fornite dagli USA. Questa valutazione emerge da fonti come il Times of Israel e Axios, che citano dichiarazioni di funzionari statunitensi. Il Dipartimento di Stato, seguendo un nuovo memorandum sulla sicurezza nazionale emesso dal presidente Biden, ha lavorato intensamente alla stesura di questo documento politicamente delicato. Nonostante la scadenza originale fosse l’8 maggio, il rapporto è stato posticipato di alcuni giorni a causa di dibattiti interni sul suo contenuto e sulle conclusioni da trarre. L’ambasciatore USA in Israele, Jack Lew, e l’inviato umanitario uscente per Gaza, David Satterfield, hanno sostenuto che Israele non sta violando il diritto internazionale e non sta impedendo gli aiuti umanitari, soprattutto dopo un cambiamento di politica avvenuto ad aprile in risposta a un ultimatum del presidente Biden.

 

Verso un nuovo Status per la Palestina

Sempre oggi, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite potrebbe elevare lo status della Palestina, conferendole quasi tutti i diritti di uno stato membro, escluso il diritto di voto. Il Jerusalem Post anticipa che gli Emirati Arabi Uniti presenteranno una risoluzione per chiedere al Consiglio di Sicurezza di ammettere la Palestina come membro a pieno titolo dell’ONU. Questa mossa segue il veto degli USA a una precedente richiesta palestinese di adesione al Consiglio di Sicurezza. La risoluzione proposta cerca di aggirare il potere esclusivo del Consiglio di sicurezza e, se approvata, consentirebbe alla Palestina di operare all’interno dell’ONU quasi come uno stato membro, partecipando attivamente ai forum e alle conferenze internazionali.

 

Appello dell’Egitto per la flessibilità e la tregua 

Il governo egiziano, attraverso il suo ministero degli Affari Esteri, ha lanciato un appello a Hamas e Israele affinché mostrino flessibilità per raggiungere al più presto una tregua a Gaza, che dovrebbe includere anche il rilascio degli ostaggi. Nel corso di una conversazione telefonica con il segretario di Stato USA Antony Blinken, il ministro degli Esteri egiziano Sameh Choukri ha evidenziato l’urgenza di un accordo di tregua per porre fine alla tragedia umanitaria in atto. Nonostante i negoziati del Cairo non abbiano ancora portato a un’intesa, l’Egitto sottolinea la delicatezza della situazione e i rischi che un’operazione militare israeliana a Rafah comporterebbe per la stabilità regionale. Intanto, l’esercito israeliano ha rafforzato la sua presenza a Rafah, assumendo il controllo del valico di frontiera e interrompendo il flusso di aiuti umanitari.

 

Onu: crisi umanitaria a Rafah

L’ONU ha segnalato una crisi umanitaria a Rafah, con oltre 100.000 persone in fuga a seguito dell’intensificarsi dei bombardamenti israeliani. Questo esodo rappresenta il più grande spostamento di popolazione nella regione negli ultimi mesi. Rafah, situata al confine meridionale di Gaza, è diventata rifugio per oltre un milione di sfollati provenienti da altre zone del territorio palestinese. Le Nazioni Unite prevedono un ulteriore aumento degli sfollati, che si troveranno a vivere in accampamenti di fortuna, privi dei servizi essenziali e delle loro abitazioni, ormai ridotte a macerie.

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