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Luoghi non comuni

Gucci inventa un film festival con Van Sant per lanciare la collezione

Intanto Valentina Gallov apre una mostra d’arte in un condominio torinese dal nome gentilvicini: la cultura reagisce alla pandemia, come il Decamerone

Gucci inventa un film festival con Van Sant per lanciare la collezione

E’ bello vedere la voglia di riscossa. Di esserci nonostante tutto. Di lavorare e di produrre a dispetto dei paletti fisici e metaforici, dei Dpcm, della pandemia che al primo lockdown, a marzo, non sembrava così vicina, così accerchiante come adesso. E’ bello vedere arrivare sulla mail progetti ogni volta più creativi, più interessanti; idee che inorgogliscono solo a leggerle, guarda come siamo bravi noi italiani però, talvolta anche a dispetto della mancanza di budget. Perché se il direttore creativo di Gucci Alessandro Michele inventa un film festival con Gus Van Sant per lanciare la nuova collezione e sostenere un gruppo di nuovi stilisti grazie ai finanziamenti importanti che il suo brand gli garantisce, ci sono anche realtà che creano iniziative locali geniali con pochi, pochissimi euro. Che trasformano le chiusure dei confini, delle regioni, delle città in stimoli creativi; che di fronte ai musei chiusi aprono mostre fruibili dagli abitanti di un solo palazzo. 

 

Dunque, per un colosso come Gucci che presenta la nuova collezione, “OUVERTURE of Something that Never Ended”, come una mini-serie in sette episodi diffusa su tutte le piattaforme durante il GucciFest, un festival di moda e cinema digitale che si svolgerà dal 16 al 22 novembre e che mira a dettare nuovi codici di comunicazione svincolati dalla cadenze delle fashion week (ne sarà protagonista l'attrice, artista e performer Silvia Calderoni accanto a una serie di talenti internazionali e amici della maison, fra cui: Paul B. Preciado, Achille Bonito Oliva, Billie Eilish, Darius Khonsary, Lu Han, Harry Styles e Florence Welch), c’è una giovane curatrice come Piera Valentina Gallov che apre-una-mostra-chiusa in un condominio torinese. Il progetto si intitola gentilivicini, è destinato ai circa duecento inquilini che abitano lo stabile di via san Giovanni Battista La Salle 16 a Torino e ha una valenza sociale e storica che travalica completamente quella artistica, pur ragguardevole, collegandosi idealmente al celebre Bateau Lavoir  della Montmartre di Picasso e Max Jacob. 

 

L’esposizione chiusa-aperta, presenta le opere degli artisti che hanno preso parte al programma di residenza 2020, tutto svolto tutto nei mesi del primo lockdown, dedicato a giovani artisti italiani e realizzato con il sostegno di MiBACT e SIAE. Con un gesto inconsueto, ma significativo, le opere sono state scelte dalla comunità dei condomini dello stabile, oltre che dal comitato scientifico di cui fanno parte Beatrice Merz dell’omonima fondazione, Anna Pironti del Castello di Rivoli,  Patrizia Sandretto Re Rebaudengo. “Le difficoltà”, dicono, “hanno reso ancora più evidente il desiderio di trovare alternative per esprimere, attraverso l'arte, un senso di vicinanza e di identità collettiva”. Ecco quindiun arazzo ricamato con le storie degli abitanti del palazzo, un tappeto dove ci si può sedere per ascoltare storie, pregare o mangiare, una finestra immaginaria sul passato, un percorso visivo nella vita quotidiana del quartiere, un dispositivo per misurare l’energia positiva e un bassorilievo composto dai fregi dei palazzi torinesi. 

 

Un gesto simbolico per indicare come l’arte (pensiamo anche alla letteratura, al Decamerone e ai Canterbury Tales, scritti come antidoto alla clausura da pandemia o come accompagnamento a un pellegrinaggio) possa creare vicinanza, senso della collettività, nuovi contatti e una nuova fruizione degli spazi collettivi. Gli artisti del collettivo sono tutti giovanissimi, fra la generazione X e la Z. Arrivano da ogni parte d’Italia e hanno pensato opere che mettono in discussione i tradizionali canoni della "produzione artistica" per mettersi al servizio di una committenza collettiva ed eterogenea, nel nome di sentimenti come gentilezza e vicinanza per mettere in dialogo percorsi e poetiche diverse. Speriamo vogliano condividere questa esperienza con tutti almeno online.

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