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Ma perchè John Elkann ha speso 80 milioni nella cinese Shang Xia?

Non solo ragioni di business per il brand cinese ma antiche relazioni che coinvolgono la nonna Marella. Non sempre, ma talvolta accade anche nella moda

Ma perchè John Elkann ha speso 80 milioni nella cinese Shang Xia?

All’annuncio, pochi giorni fa, dell’accordo fra Exor ed Hermès nel marchio cinese di abbigliamento e lifestyle Shang Xia, per un investimento di circa 80 milioni di euro, nessuno si è domandato perché un simile accordo sia stato raggiunto. Cioè perché la finanziaria della famiglia Agnelli, da sempre concentrata su automotive ed editoria (gli anni del Gft, di Valentino e del sogno di costruire un polo del lusso italiano sono lontani, insieme con chi li aveva gestiti, ovvero la famiglia Romiti), all’improvviso avesse deciso di destinare 80 milioni di euro, grazie a un aumento di capitale riservato, a una delle molteplici aziende che la famiglia Dumas-Hermès periodicamente scopre e sostiene; in questo caso, un brand cinese già da anni posto all’attenzione del mondo editoriale, e cioè Shang Xia.


Per chi non lo conoscesse, e da questa parte del mondo sono ancora molti, Shang Xia è stato fondato a Shanghai nel 2010 dalla designer Qiong Er Jiang con la stessa maison francese: facendo due calcoli, è dunque presumibile che l’operazione fosse stata seguita o almeno favorita da Jean Louis Dumas Hermès, cioè il tycoon, scomparso proprio in quell’anno ancora relativamente giovane, che per tutta la seconda metà del Novecento ha guidato le sorti dell’impresa, creando anche veri e propri miti del consumo di lusso come la borsa Birkin. Diceva sempre il comunicato diffuso la scorsa settimana che “Hermès, dopo aver accompagnato il marchio cinese per tutta la fase iniziale del suo sviluppo, resterà un azionista di rilievo insieme con la stilista-imprenditrice, che con l’ingresso di Exor assume anche il ruolo di Ceo”.


Lo scopo dell’iniziativa si fa dunque più chiaro, ed è ipoteticamente leggibile in questo modo: Hermès riteneva concluso il proprio sostegno alla designer cinese, che in questi dieci anni è certamente cresciuta, ma non abbastanza da assumere un ruolo di rilevanza internazionale, e grazie ad Exor ha trovato il partner adatto per condividere – o per meglio dire scaricare in buona parte – gli oneri dell’impresa. Exor, cioè gli Agnelli, accettano addirittura di non mettere un proprio uomo alla guida dell’azienda cinese. Mossa certamente corretta: tutte le imprese occidentali che possiedono o controllano imprese in Oriente tendono ad avere un manager locale alla guida. In questo caso, però, è evidente la volontà di lasciare Jiang a sviluppare da sola la propria azienda a prescindere.


Nata in una famiglia di artisti famosi e conosciuti da oltre un secolo, artista a sua volta con opere esposte nei maggiori musei, per lungo tempo collaboratrice di Hermès nella creazione delle loro celebri vetrine, questa quarantenne sottile ed elegante vanta fin da ragazza profondi legami con la Francia, dove ha studiato: nel 2013 è stata insignita del titolo di “Cavaliere delle arti e lettere” della Repubblica francese per il contributo agli scambi culturali tra Cina e Francia e nel 2016 ha ricevuto la nomina a “Cavaliere dell’Ordine nazionale al merito” a Shanghai. Dunque, ha tutte le “patenti” per essere considerata “one of us”, una di noi, da parte della famiglia Elkann e Dumas. L’inedita alleanza, hanno detto al Corriere della Sera, nasce dunque dalla “condivisione di una profonda cultura familiare e imprenditoriale”.


Non hanno detto, ed è abbastanza logico, quanto profonda e quanto antica. Chi ha qualche conoscenza dei luoghi, dei modi e delle casualità della vita, però, se l’è domandato: dove si sono conosciuti, Axel Dumas e John Jacob Elkann che, pur condividendo un background simile, non hanno seguito gli stessi percorsi di vita e di studi? E andando a scavare nei ricordi, hanno recuperato l’immagine di Marella Agnelli nel giardino della splendida (e costosissima) villa-tenuta di Marrakech, ricordando anche che a vendere parte dei terreni per la realizzazione del fantasmagorico giardino fu Jean Louis Dumas. Axel Dumas e Jaki Elkann si conoscono dunque, presumibilmente, fin da ragazzini, e l’operazione Shang Xia è nata nell’ambito di un rapporto di fiducia, di amicizia, di aiuto reciproco e (non) necessariamente in ambito di business, come peraltro suggeriscono le parole di Elkann: “Con Hermès intendiamo accompagnare Qiong Er nei prossimi anni, aiutandola a costruire una grande società, con l’obiettivo di far conoscere e apprezzare la creatività contemporanea e la cultura tradizionale cinese a un crescente numero di clienti in tutto il mondo”.


Un aiuto finanziario che comprenderà ovviamente consigli, suggerimenti e le relazioni che in Oriente vanta la famiglia Agnelli-Elkann. Tutto questo per dire che cosa? Che non tutte le operazioni di business hanno scopi diretti, immediati, misurabili, ma che rispondono a logiche di relazione, di sostegno, di network: lo sappiamo da molti anni, e sul tema del cosiddetto “capitalismo di relazione” sono stati scritti volumi e organizzati dibattiti. Non ci ricordiamo però nessun caso simile nella moda e nel lusso da molti anni, soprattutto su questa scala. Di recente, solo gli Zegna sono intervenuti in salvataggio dello storico cappellificio Cervo (che per un certo tempo è stato gestito da Maurizio Romiti) e solo Pier Luigi Loro Piana è sceso fino a Visso per aiutare, come gesto di solidarietà insieme con altri imprenditori, le attività artigianali della cittadina colpita dal terremoto, scoprendo nel frattempo un’opportunità di business nel recupero dell’antichissima razza ovina sopravissana.


In anni di sviluppo di fondi di investimento, di chiusura proditoria di aziende e marchi un tempo gloriosi, di una moda spietata che si sviluppa con tempi rapidissimi e altrettanto rapidamente cambia percorso o scompare, ecco, questa vicenda di Shang Xia ci ha colpite moltissimo.

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