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Se la parola recupera spazio a danno dell’immagine, il caso ClubHouse

Dopo un anno di pandemia torna l’ars oratoria, ci siamo stufati di mettere like e ora Facebook e Twitter pensano a copiare il nuovo social network

Se la parola recupera spazio a danno dell’immagine, il caso ClubHouse

Anche al netto delle polemiche sul social del momento ClubHouse (cessione del numero di cellulare e dell'intera agenda di contatti al momento dell'iscrizione, scarso interventismo contro l'hate speech), che sono poi le solite e che ci dovrebbero indurre a fare attenzione all'entusiasmo con cui offriamo la nostra privacy in cambio dell'invito a una festa dove ormai sono arrivati un po'tutti e per terra si inizia a scivolare sulle tartine, è evidente che dopo un anno di pandemia la parola stia recuperando spazio nei riguardi dell'immagine.

 

Esclusi i direttori creativi della moda che non si capisce bene perché smanino tanto per un invito su Clubhouse quando il ventaglio della loro ricchezza lessicale di articola sulle bacchette della radice "super", ovvero "super-elegante, super-couture, super-bello, super-rigido" eccetera, la parola sta recuperando spazio sull'immagine. Pesci rossi boccheggianti per un po' d'aria, ci siamo stancati di guardare il mondo deformato dal vetro della nostra boccia, della nostra bolla, insomma dallo schermo del nostro pc.

E dunque non è così sorprendente che iniziamo a spostare il nostro interesse da chi ci inchioda davanti a un video verso chi sa intrattenerci con la propria ars oratoria senza azzerare nel frattempo qualunque nostra altra attività. Perfino Facebook, il social che in meno di vent'anni ha messo in pratica la profezia di Andy Warhol sui quindici minuti di celebrità garantiti a tutti, qualche giorno fa ha annunciato di stare studiando un clone di Clubhouse. Ci arriva dopo Twitter, che è già pronto per Audio Spaces, una app pressoché identica a quella di Paul Davison e Rohan Seth, con le sue stanze, le sue conversazioni, il timore sempre sotteso di tutti che si finisca alla Jean Paul Sartre, cioè in quell'inferno che sono gli altri e che in quella stanza chiusa possa succedere di tutto, in primo luogo di annoiarsi.

 

D'altro canto, è sempre più evidente che ci siamo stancati di guardare e mettere like come automi a celebrità di cui ci importa meno di zero o al boss per garantirci la sua benevolenza. Se la riscossa della vocalità dovesse prendere piede, come certamente accadrà, questo equivarrà al passaggio in serie B, nel "second best", delle influencer moda da trentamila euro a post, perché è evidente che raccontare un abito sia più difficile che mostrarlo sculettando e che per spiegare le virtù di un risotto o le proprietà organolettiche di un vino non basti prodursi in grugniti beati all'assaggio. Il progressivo recupero della narrazione vocale, testimoniato anche dai dati diffusi pochi giorni fa da RadioTER, l'indagine ufficiale sull'ascolto delle radio italiane (33,7 milioni di ascoltatori medi quotidiani sopra i quattordici anni di età, aumento della fruizione via smartphone, DAB, pc, alta credibilità nei riguardi dei contenuti informativi) è la rivincita di chi si è ammazzato sull'aoristo passivo rispetto ai TikToker diciottenni che raccontano a Raitre di vivere già in comunità per "ottimizzare post e follower" e che si esprimono per sillabe e inconsapevoli onomatopee: "uh, ah, ke, uè, salta con me, op op, figoo".

 

La seduzione della parola pronunciata è la vendetta per niente sottile di chi ha affinato dizione e recitazione per finire a fronteggiare un anno di teatri chiusi e che ora, come Stefano Fresi che ne è diventato sostanzialmente il testimonial, può accumulare follower e nuova fama come guida alle bellezze di Roma e di altre città italiane sull'app Loquis (loquor, loqueris, locutum sum, loqui, un minimo si deve sapere anche solo per avvicinarla), la prima piattaforma di geo-podcasting declinata in cinque lingue, insomma una sorta di guida turistica spontanea e dove, però, per accedere o postare bisogna superare una selezione, e vi sono anche gli editor e i curatori per verifiche e controlli.

 

Già al momento del suo debutto grazie a un crowdfunding, circa due anni fa, il fondatore Bruno Pellegrini diceva che la nuova frontiera del digitale sarebbe stata l'audio. Scorrendo Loquis, vi abbiamo trovato un sacco di curiosità legate alla capitale, ma anche alla nostra città di origine (divertenti i retroscena sulla "casa delle fate di San Siro") e molte belle voci educate e non del tutto sconosciute. "Vivi il Mondo #atestaAlta" è il suo hashtag, che pare proprio l'opposto rispetto a quello che vivere attaccati a Instagram di costringe a fare: guardare in basso, altezza marciapiede.

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