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La mappa mondiale dei vaccini e quel (poco) che può fare l’Italia

Ci vogliono diversi mesi per riconvertire le strutture produttive, anche se il nostro Paese contende alla Germania il primato nell’ambito farmaceutico

La mappa mondiale dei vaccini e quel (poco) che può fare l’Italia

Nelle settimane che verranno sarà molto difficile risolvere i ritardi annunciati da Pfizer e AstraZeneca che potrebbero essere compensati solo a cominciare dal secondo trimestre del 2021, quando in Italia potrebbero arrivare circa 60 milioni di dosi. L’Italia viaggia verso i 4 milioni di somministrazioni di vaccino contro il Covid-19, ma è improbabile raggiungere i tredici milioni di vaccinati entro marzo/aprile promessi dal ministro Roberto Speranza a dicembre. Per raggiungere l’immunità di gregge dobbiamo vaccinare almeno 45 milioni di persone. Ma con l’attuale andatura impiegheremmo 30 mesi.   

Se vogliamo eliminare il virus servono dunque tantissime dosi di vaccino. L'industria farmaceutica italiana potrebbe trasformarsi in un motore produttivo. Difatti, nella produzione conto terzi, l’Italia è un riferimento europeo. Pertanto, si possono usare anche i suoi stabilimenti per allargare la capacità produttiva del vaccino. In teoria tutto è possibile, ma la pratica riserva le sue complicazioni ed è infatti necessario un intervento governativo per  sostenere  e invogliare le case farmaceutiche che possiedono i brevetti a condividerli con gli impianti industriali per aumentare le dosi del vaccino a disposizione.

 

Sarebbe cosa buona e giusta se la politica  supportasse un adeguamento industriale per riportare la produzione di vaccini in Italia quanto prima, in modo che i settori produttivi e le multinazionali (attualmente attive per la distribuzione di dosi nel mondo),  siano coinvolte e stimolate ad associare anche l'Italia con i suoi stabilimenti nazionali capaci di dare "una mano"  alle forniture stesse. Una  sorta di "autonomia  vaccinale" sarebbe ottimale  all'Italia in modo  di accelerare la profilassi anti-Covid. Ma il problema principale  non sono i brevetti, in quanto le  multinazionali del farmaco desiderano fare accordi di produzione per conto terzi,  ossia con fabbriche che producono i loro prodotti già sviluppati. Inoltre, la produzione di un vaccino differisce dagli altri farmaci:  è un preparato biologico,  non sintetico, e richiede un approccio specifico. Il vaccino deve avere una bioreazione dentro una macchina (bioreattore); pertanto, da quando si inizia la produzione passano circa 6 mesi. Occorre una simbiosi operativa delle varie aziende collegate in forza delle apparecchiature idonee onde inserirsi a produrre.


Al momento, a produrre i vaccini distribuiti in Italia e in Europa sono Pfizer-BionTech, Moderna e AstraZeneca. Il vaccino è una sostanza biotecnologica abbastanza complessa la cui produzione avviene in più fasi. Per un vaccino “tradizionale” come quello di AstraZeneca la fase più critica e premurosa è quella della produzione dell’antigene: all’interno di recipienti asettici ( bioreattori) le cellule ospiti infettate dal virus si moltiplicano e creano la molecola che affronta il virus. L’antigene  viene poi miscelato con altri componenti per stimolare ancor più  il sistema immunitario e garantire la stabilità del farmaco. Il tutto sarà poi versato nelle fiale, confezionato e  pronto per essere  iniettato. I vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna sono ancora più complessi, perché sono basati sulla tecnologia a Rna messaggero (mRna), che non era mai stata impiegata prima per un vaccino destinato agli animali “superiori” come l’Uomo. Il 70% temporale/produttivo di un vaccino è utilizzato per le procedure di controllo della qualità.

Quest’ultima proprietà di tutta la catena è l’aspetto fondamentale: non è sempre sicuro che dal processo di produzione emerga un vaccino efficace, come è accaduto poco tempo fà in uno dei due impianti a cui il gruppo  AstraZeneca  ha affidato la produzione del vaccino ( La fabbrica “difettosa” e’ stata quella belga della società francese Novasep).

 

I luoghi preposti alla produzione dei farmaci di AstraZeneca, Pfizer-BioNTech e Moderna hanno tecnologie specifiche che hanno solo pochi impianti italiani. Ad esempio, Novasep e come Halix sono società che lavorano per conto terzi. Tutti i vaccini anti-Covid19 prodotti in Europa seguono questo iter.  Il principio attivo del vaccino di Moderna è prodotto dalla società svizzera Lonza, mentre i lotti sono realizzati in Spagna da Rovi Pharma. Il vaccino BionTech è prodotto in Germania in due impianti, uno BionTech e l’altro di Rentschler. Per la problematica del procedimento a produrre un numero maggiore di dosi, le case farmaceutiche si stanno attivando. In breve tempo, si spera, la produzione si estenderà alla fabbrica che la BionTech ha rilevato da Novartis a Marburg e, con l’accordo reso noto il 27 gennaio, anche il gruppo francese Sanofi concederà a BionTech e Pfizer il suo stabilimento di Francoforte per produrre 125 milioni di dosi di vaccino in Europa a partire dall’estate del 2021.


Quelli di Pfizer e Moderna sono vaccini a mRna. Questo tipo di “farmaco” è una innovazione esclusiva per l’industria farmaceutica ed è prodotto con un procedimento molto complesso e sensibile, articolato in più fasi e che necessita di diverse settimane di lavoro. Come pubblicato da Axios, siamo nel mondo della Biologia molecolare: ad esempio, per il vaccino Pfizer, la preparazione  è  un processo  in tre fasi dall'inizio alla fine, impiega settimane e coinvolge tre diverse strutture. Eccole: a) Produzione di Dna: in un primo stabilimento nel  Missouri, Pfizer produce Dna che codifica per l'Rna messaggero, istruzioni per le cellule per fare parte della proteina spike sulla superficie del coronavirus. Ciò prepara il sistema immunitario a difendersi da futuri incontri con il virus.

 

Il Dna viene prodotto da cellule batteriche, quindi purificato, congelato e spedito a un'altra struttura nel Massachuttes, dove b) Produzione dell'mRna: il Dna stampo viene incubato con blocchi di Rna messaggero in un reattore per creare l'mRna. Dopo la purificazione e i controlli di qualità, l'mRna congelato viene spedito a un altro impianto nel Michigan, dove  c) Formulazione del vaccino: l'mRna e le nanoparticelle lipidiche (involucri oleosi che rilasciano l'mRna alle cellule del corpo) vengono combinati e passano attraverso una serie di filtrazioni. Il vaccino “liquefatto”, sciolto, viene quindi trasferito in fiale sterili, tappate, ispezionate, etichettate e confezionate in contenitori delle dimensioni di confezioni di cartone (tipo scatole per alimenti). Questi contenitori vengono quindi conservati in congelatori sotto zero per attendere la spedizione ai siti di distribuzione dei vaccini stessi.


Pfizer e il socio BionTech stanno incrementando le forniture del 20% ottenendo l'approvazione della Fda per estorcere una sesta dose (invece di cinque) da ogni fiala. Ma, anche l'estrazione di una sesta dose richiede l'uso di siringhe super-raffinate, che hanno i proprie obbligazioni e catena di produzione. Il presidente americano  Biden vuole utilizzare i suoi poteri in tempo di guerra ( come fu per la penicillina, “The case of Penicillin” , un libro dello scrivente) ai sensi del Defense Production Act per dare alla Pfizer un accesso imperativo e prevalente a costituenti delicati come pompe di riempimento e unità di filtrazione.

 

I dieci produttori Novartis, Sanofi e Merck KGaA sono quelli a contratto che sosterranno l'azienda a produrre più dosi, con compiti particolari come ad esempio la formulazione di nanoparticelle lipidiche, il riempimento sterile, l'ispezione e la confezione. Nel frattempo la Johnson & Johnson,  per l'uso di emergenza , è stata autorizzata dalla Fda (Food and drug administration) per il suo vaccino monodose. La difficile produzione in grandi proporzioni scaturisce proprio dalla laboriosità del processo di produzione. In realtà, attraverso questa tipologia ad mRna, si vorrebbe “trasformare in ordinario un evento straordinario” mai praticato in precedenza. Non va dimenticato che si tratta di un vaccino approvato da appena due mesi.

 

La complessità di produzione così strutturata non facilita il lavoro a chi non è in grado di fare buon uso degli studi già svolti. Tant’è che la Pfizer ha contattato le 10 aziende suddette ma è inverosimile che si possano attivare veri e propri impianti capaci di dare un’accelerata a questo tipo di produzione: dovranno passare ancora vari mesi prima che altre aziende producano le loro dosi.

 

Al contrario, il vaccino di AstraZeneca ha una configurazione quasi analoga a quella di altri vaccini già usati in passato. Ma anche questa azienda di Cambridge ha riscontrato difficoltà nella produzione a fronte delle previsioni.  Comunque, se tutte le aziende dovessero riuscire a recuperare i tempi, da aprile ci saranno molte più dosi e le vaccinazioni potranno riprendere a ritmo sostenuto. Nel mentre si potrebbe economizzare dando una sola dose di vaccino alle persone che sono già state contagiate dal virus (ma non tutti gli scienziati sono d’accordo).

Da tempo l’Italia gareggia con la Germania per la supremazia sulla produzione di farmaci. L’ultimo aggiornamento vede primi i tedeschi: 32,9 miliardi la loro produzione farmaceutica e 32,2 miliardi italiani la nostra. La Francia, terza, si è fermata a 23,2 miliardi. L'obiettivo è la produzione da parte di aziende terze subordinata ad accordi commerciali con le multinazionali in possesso dei brevetti: o con la produzione stessa (più complicata) o con l’infialamento del siero. In Italia sono attive varie aziende. La Advent-Irbm di Pomezia (Roma) in tandem con altre, opera per un centro dell'Università di Oxford. L’Igea, azienda di tecnologie biofisiche di Carpi (Modena), partecipa al progetto europeo "Opencorona" per un vaccino anti coronavirus: Rapid vaccine development through Open novel Corona Virus Vaccine Platformi.

 

Un'altra società della provincia di Roma, la Takis di Castel Romano, ha iniziato da tempo la sperimentazione sui topi di cinque vaccini.  Per ora, in provincia di Frosinone, lo stabilimento di Anagni della multinazionale Catalent partecipa in qualche modo alla realizzazione dei vaccini: si occupa di mettere nelle fiale il farmaco che arriva dagli stabilimenti di AstraZeneca e potrebbe farlo anche per Pfizer-Biontech e per la Johnson & Johnson.

 

Ma sono parecchie le aziende farmaceutiche che si stanno riconvertendo per specializzarsi nell’infialamento di vaccini. La difficoltà si riflette anche sul vaccino di ReiThera. Si può dire che trattasi di un farmaco ancora in corso di sperimentazione e saranno necessari accordi con centri produttivi adeguati per produrlo in grandi quantità.  L’Haupt Pharma di Latina sta predisponendo la riconversione di una unità operativa. Questa azienda collegata alla multinazionale tedesca Aenova, produce farmaci per conto terzi. E’ in atto  un investimento in milioni di euro per impianti nuovi che permetterà l’infialamento di medicinali in forma liquida, a partire dai vaccini. In tal modo, per la lotta al Covid, sarà possibile infialare sia i vaccini con l'adenovirus come quello di Astrazeneca sia con l'Rna messaggero come quello di Pfizer e Moderna. Si spera di presentare all’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) tutta la documentazione per ottobre ed avere l’autorizzazione a entrare in produzione.  


Va sottolineato che il processo di “infialatura” del farmaco è delicato e importante, ma il fulcro della produzione primaria del vaccino avviene in altro luogo.  Il lato debole è il numero esiguo di bioreattori per produrre il principio attivo del vaccino. Ad esempio, la Gsk, multinazionale del settore vaccini con il suo grande stabilimento produttivo a Rosia (Siena), ha i bioreattori non per il vaccino anti-Covid ma per quello contro la meningite che è batterico. Reithera ce l'ha ma non tanto per fare milioni di dosi. Questo non significa però che non si possa ipotizzare di metter su in Italia degli impianti con bioreattori: bisogna tenere presente, comunque, che serve lo standard e l'approvazione prima dell'Ema e poi dell'Aifa. E i tempi non sarebbero brevi. Anche l’azienda Usa Thermo Fisher Scientific di Ferentino (FR) è tra quelle che sarebbero in grado di produrre sia vaccini adenovirali che a mRna; come pure la Fidia farmaceutici di Abano Terme è tra le quelle pronte a partecipare alla produzione di vaccini anti Covid-19.   


In sintesi: l’Italia non ha fabbriche di vaccini pronte ad abbracciare la lotta al Covid-19. I vaccini sono prodotti complessi che richiedono vari controlli. Però l’Italia ha le strutture che possono essere rimodellate per produrli. Se si vuole ampliare questa capacità occorrono investimenti congrui, ricordando che ogni modifica al processo produttivo deve essere approvata dalle autorità competenti (si parla di 800 milioni di euro per un impianto attivo pro- vaccini mRNA). Mentre, sui tempi, ci vogliono circa 8 mesi per trasferire a una struttura  italiana tecnologia e competenza per tale “processo vaccinale”. Ebbene, se la produzione italica di tali vaccini è potenzialmente possibile, certamente non può giungere da un momento all’altro. Analoghe considerazioni vanno fatte per il vaccino di Reithera: se il prodotto sul quale sta operando l’azienda di Castel Romano dopo investimenti dello Stato supererà le previste fasi sperimentali, ci vorranno accordi con centri produttivi specifici (ubicati o non in Italia) per la massima produzione.


Per il futuro, è importante prendere coscienza che il lavoro medico-scientifico non si ferma con la produzione di questi vaccini. E’ fondamentale continuare ad aggiornarli in rapporto alle varianti. Quest’ultime sono uno dei problemi, perchè, nell’ augurarci di raggiungere l’immunità di gregge e poter convivere finalmente con il virus (qualunque sia il ceppo di virus in circolazione), bisogna fare ognuno la propria parte con la dovuta attenzione: il sottoscritto, pur essendo vaccinato, obtorto collo continua a rispettare le regole sia con la mascherina sia con atteggiamenti previdenti. Sicuramente, con la vaccinazione su larga scala, e con moderate normative igenico-sanitarie, arriveremo ad una ragionevole convivenza con questo virus, ma anche con le altre malattie infettive, affinchè il mondo di ciascuno di noi possa riprendere a vivere.

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