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Lo sguardo oltre la siepe

Biden fa la cosa giusta e striglia Erdogan sul genocidio degli armeni

Dopo Draghi il presidente cattolico Usa, Biden, invia un segnale all’alleato Erdogan che si espande nel Mediterraneo, in sintonia con Papa Francesco

Biden fa la cosa giusta e striglia Erdogan sul genocidio degli armeni

Il 24 aprile è da oltre un secolo il giorno in cui il popolo armeno alza la voce per farla udire al mondo, ricorda l'eccidio iniziato in quel giorno nel 1915. Mentre la guerra mondiale imperversava, la polizia dell'allora Impero ottomano arrestò e uccise in quel giorno centinaia di intellettuali armeni proseguendo, con un crescendo parossistico, a massacrare gli armeni in genere. Gli storici fissano così al 24 aprile l'inizio del genocidio armeno, calcolando che i due milioni e duecentomila armeni furono ridotti a quattrocentomila.La Turchia ha ammesso l'uccisione d'un certo numero di armeni, negando tuttavia le cifre e la sistematicità, politicamente voluta, dello sterminio. Gli Armeni sparsi dalla Francia alla Russia, dagli Stati Uniti al mondo non hanno mai smesso di lottare perché fosse riconosciuto il genocidio. Nel tempo 29 paesi, tra cui la Repubblica Italiana, hanno dichiarato di aderire. Il 24 aprile scorso si sono aggiunti gli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden ha riconosciuto formalmente come un atto di genocidio l'uccisione di massa degli armeni da parte delle forze turche ottomane.

 

Sarebbe riduttivo leggere l'atto come una mera cessione alle istanze della lobby armena in Usa o alle pressioni di diversi membri del Congresso. Istanze di carattere politico si sono sommate ad altre di natura etica. È evidente che un giudizio storico non rappresenta un'accusa diretta all'attuale Turchia. Purtuttavia, diviene un monito sgradito proprio mentre questo paese sta presentando con una certa frequenza atti piuttosto aggressivi sia in politica estera sia sui diritti umani. La Turchia è presente in Libia con ingenti forze; è l'unico paese al mondo ad aver riconosciuto il governo della Repubblica turca del Nord nell'isola di Cipro, fonte di tensioni con la Grecia; tensioni che crescono per liti sui limiti delle acque territoriali nella contesa dei giacimenti petroliferi sotto il mar Egeo. Se la Turchia è stata tradizionalmente per gli Usa un solido alleato Nato, a Washington iniziano a sorgere dubbi. L'acronimo Nato significa Trattato dell'Alleanza Nord – Atlantica, ma è nel Mediterraneo che il respiro espansionista turco si avverte. A ciò si aggiunge lo strano colpo di Stato che ha portato in prigione gli oppositori del presidente Erdogan, la costante pressione poliziesca sui diritti umani, lo sgarbo umano prima che diplomatico nei confronti della Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, a cui non è stata offerta una sedia. Persino un Papa aperto a tutti e tollerante come Francesco ha confessato di essere «molto addolorato» nel luglio 2020, quando il governo turco ha trasformato in Moschea il complesso di Santa Sofia. Nel 1934 Mustafa Kemal Ataturk, fondatore della Repubblica di Turchia, l'aveva più laicamente offerta a tutti come museo.

 

Appena eletto, Biden ha attuato quanto aveva dichiarato in campagna elettorale, riportando gli Stati Uniti nell'accordo di Parigi per la riduzione delle emissioni di CO2 e la salvezza del pianeta. La discontinuità con l'amministrazione Trump va avanti. La nuova politica americana mette al centro la difesa dei diritti umani. Diveniva così inevitabile che gli Usa ammonissero in qualche modo l'alleato turco. Il messaggio dato a Erdogan rappresenta anche un avviso per Egitto, Arabia Saudita ed altri paesi in cui i diritti umani non sono ben tutelati. Se il capo della diplomazia americana, il Segretario di Stato Tony Blinken, si presenta come alfiere di un'America che difende i diritti umani, la dichiarazione sugli armeni del suo presidente sembra un segnale chiaro per tutti: L'America vuole tornare ad essere un modello di libertà, come quando intervenne a sostegno dell'Europa nel secondo conflitto mondiale. È nel nome del suo popolo che Biden si è espresso: «Il popolo americano onora tutti quegli armeni che morirono nel genocidio, iniziato 106 anni fa, oggi».

 

Nella cultura americana c’è un lemma che richiama la severità cristiano – protestante nella gestione degli affari e della vita socialethe right thing – la cosa giusta. Il cattolico Joe Biden ha fatto la cosa giusta riconoscendo il genocidio degli armeni. Cosa simile aveva fatto qualche settimana prima il Presidente Draghi, dopo la sua visita in Libia, indicando come dittatura lo stile di governo del presidente Erdogan. Sia Biden sia Draghi sembrano evocare il vecchio adagio: «Amicus Plato, sed magis amica veritas», come a dire ad Erdogan che se ci tiene a restare buon alleato deve pur pensare che non tutto gli è consentito.

 

 

Nell’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco parla a lungo del perdono, come percorso necessario verso la fraternità e l'amicizia sociale. Lo unisce, tuttavia, con determinazione alla memoria del male operato o subito. Non si può rimuovere la memoria del male dalla storia: il perdono può essere donato e ricevuto solo se è «perdono senza dimenticanze». Il riconoscimento del male commesso abilita chi il male ha ricevuto a poter perdonare. La Shoa, Hiroshima e Nagasaki, le persecuzioni, il traffico di schiavi, i massacri etnici - continua il Papa - non possono essere dimenticati: «È facile cadere oggi nella tentazione di voltare pagina dicendo che è ormai passato molto tempo e bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria non si va mai avanti». Grazie al presidente Biden per aver fatto la cosa giusta: 

«Amicus Herdogan, sed magis amica veritas».

 

 

 

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