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Luoghi non comuni

Eppure non è snobismo la nostra scarsa voglia di “riprendere il giro”

Si torna alla “normalità” e ripartono in presenza sfilate, fiere, eventi. Tutti ci domandiamo se ne valga la pena. Non è soltanto stress post-traumatico

Eppure non è snobismo la nostra scarsa voglia di “riprendere il giro”

Breve comunicato planato sulla casella di posta elettronica: “Il Gruppo Armani ha il piacere di comunicare che la collezione uomo primavera/estate 2022 Giorgio Armani e l’Alta Moda Giorgio Armani Privé verranno presentate con sfilate in presenza di pubblico, rispettivamente lunedì 21 giugno e martedì 6 luglio. La sfilata Giorgio Armani avrà luogo nel cortile di via Borgonuovo 21, sede che ospitava storicamente i defilé del marchio. La sfilata Giorgio Armani Privé si terrà a Parigi nel corso della settimana dell’Alta Moda, presso la sede dell’Ambasciata d’Italia, luogo simbolico che sottolinea l’Italia nella capitale dell’Haute Couture”. Segue telefonata di una delle addette dell’ufficio stampa (che sono tante, bravissime e non lo scriviamo per piaggeria: la media di quella che un tempo era un professione gloriosa a cui venivano chiamati professionisti sensibili e attenti si è popolata di ragazzotti che esordiscono con “salve, come stai” anche se non ti hanno mai sentito in vita loro), che mi chiede se abbia ricevuto la mail, modo elegante per capire se scriverò qualcosa. Terminati i convenevoli ed espresso il dovuto ma anche reale entusiasmo per la cosa (Armani fu il primo a sospendere le sfilate in presenza alle prime avvisaglie di pandemia, che sia il primo a riprenderle non può che essere un buon segnale), mi coglie una vaga inquietudine, rafforzata in modo del tutto schizofrenico dalla vittoria dei Maneskin all’Eurovision, insieme con la certezza che il prossimo anno toccherà all’Italia organizzare quella cafonata di festival da migliaia di spettatori con le copie delle Destiny’s Child, di Lady Gaga, di Edith Piaf e insomma un po’ di chiunque sul palco. 

 

Non che c’entri qualcosa l’evento in sé, visto che mai sarò invitata all’Eurovision: mi turba l’idea della folla, degli aeroporti stipati, della gente che ti spintona per entrare, uscire, salire, scendere. Lo so che rischio di passare per una schifosissima ingrata, ma l’idea di riprendere “il giro” - ogni settimana due eventi, quattro volte all’anno il giro del mondo, più sfilate cruise, anticipazioni, week end di lavoro, mai mezzo minuto per godermi niente – mi angoscia. Scopro subito che non sono la sola: l’amica cara arrivata sul lago per trascorrere il week end con noi scende a colazione e annuncia che per quest’anno niente Parigi e niente New York.

Considerato l’amore che nutre per Manhattan, dev’essere caduta vittima di un’angoscia peggiore della mia, che invece tornerei volentieri in uno dei luoghi deputati del grande slam modaiolo, magari proprio nella capitale francese che dista solo un’ora di aereo e dove mi attende quella festa per gli occhi e per il cuore che sono le collezioni haute couture. Il suo smarrimento mi conforta un po’, soprattutto quando ci raccontiamo che i ritmi più rilassati, la maggiore concentrazione ottenuta in questo anno e mezzo di para-sospensione di quella che era la nostra vita “normale”, ci ha giovato moltissimo, sia nel lavoro sia nella vita privata, e non vorremmo perderla. 

 

Dobbiamo imparare a selezionare meglio gli appuntamenti: per esempio non credo che ci convocheranno più per quelle inutili conferenze stampa che avremmo potuto seguire anche da casa, ci fosse stato un buon servizio Zoom come c’è adesso”, dice assennatissima l’amica, temendo che non sarà così mentre ancora scandisce le parole, e che ci ritroveremo ancora una volta a correre qui e là, un po’ più vecchie di prima e dunque più consapevoli. Molti rappresentanti di quella categoria di professionisti attivi in quell’area nebulosa dell’analisi medica che sconfina con la cartomanzia e che viene definita psicologia, in questi mesi ci hanno ripetuto che il ritorno alla cosiddetta normalità sarà difficile per tutti e che, anzi, la transizione verso la nostra nuova vita post-Covid, cioè il periodo post-traumatico e sempre che non si finisca travolti da una nuova mutazione del virus e dunque si debba tornare al punto di partenza o quasi, sarà complicato, lungo e non privo di conseguenze sulla nostra psiche. Siamo disposti a credere a tutti loro, anche a ritenerci malati e a sentirci compostamente, compiutamente dei reduci, degli scampati al disastro (almeno per ora), insomma dei miracolati. Ma dubito che, stressati o meno, tutti noi non si sia capito quanti viaggi di lavoro avremmo potuto risparmiarci e la scarsissima voglia che abbiamo di riprenderli, a meno che non ne valga davvero la pena. 

 

Mi risulta che la Fiera di Milano stia lavorando a una ricerca sull’impatto che questo nuovo status logistico avrà sull’organizzazione delle fiere che, come tutti sanno, non sono il momento deputato per fare affari, bensì per stringere alleanze, raccogliere informazioni, insomma fare networking. Qualcosa ci dice che le risultanze di questa ricerca consiglieranno alla società milanese di rivedere al ribasso il costo degli spazi al metro quadrato, e alle società di eventi di rivedere il proprio modello strategico: per una tartina, una vernice e una coppa di champagne a buon mercato, ormai si sposteranno solo gli sfigati, cioè quelli che non sanno come “far svoltare” il week end, la serata, la settimana. Tutti gli altri, hanno imparato a dosare. Anche se stessi.

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