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Giù le mani dai bambini: la PAS, alienazione parentale, non esiste

Manifestazione contro la PAS a Montecitorio il 17 giugno, raccolta di firme e manifesto in sette punti per tutelare i piccoli dall’allontanamento da casa

Giù le mani dai bambini: la PAS, alienazione parentale, non esiste

Nel pomeriggio del 17 giugno 2021 alle ore 15, davanti a Montecitorio, lo specifichiamo perché non siamo certi di quando leggerete questo articolo ma diciamo che il tema è valido almeno fino a quando la norma verrà rivista, come moltissimi sperano dopo una sentenza della Corte di Cassazione, Cgil e Uil hanno promosso una manifestazione di protesta contro la PAS, la famigerata Parental Alienation Syndrome: 'Sui bambini non si PASsa'.

 

All’iniziativa aderiscono Articolo Uno, Casa delle Donne di Roma, Comitato Madri Unite Contro La Violenza Istituzionale, Differenza Donna Onlus, DiRe - Donne in rete contro la violenza, DonnexDiritti Network, Maison Antigone, Rete dei Telefoni Rosa e Padri in Movimento. Quest’ultima presenza ci sembra particolarmente significativa perché, vedete, nei nostri ormai significativi decenni vissuti su questa Terra informandoci su tutto e su tutti per mestiere, non ricordiamo un solo caso di alienazione parentale che potesse dirsi tale. 

 

Per questo non capiamo perché per molti, troppi anni, la tesi controversa e confutata dal mondo scientifico diffusa nel 1985 da un medico poi morto suicida, Richard Gardner, contro le “madri manipolatrici” e “malevole”, sia stata non solo presa per buona ed efficace, ma sia stata applicata anche dal nostro ordinamento con un’efficienza degna di altre cause, trasformandosi spesso non in soluzione ma in causa di alienazioni del tutto veritiere: l’allontanamento forzato di bambini dal genitore affidatario, che nella quasi totalità dei casi è la madre, provoca infatti molto spesso nei piccoli una sindrome di abbandono grave e irrisolvibile a vita. Qualche idea sulle ragioni di questa insistenza per un costrutto contro il quale verrà chiesta una presa di posizione al ministro della Giustizia Marta Cartabia ed è stata avviata anche una raccolta di firme (potete scrivere all’indirizzo lapasnonesiste@gmail.com con la scritta “aderisco”) le promotrici della manifestazione devono averlo, visto che il testo diffuso evoca “esose consulenze tecniche d’ufficio dei tribunali ordinari e minorili”.

Ma al di là del suggerito, atroce business per troppi psicologi, si dà ormai per assunto che quando un bambino, dopo la separazione, rifiuta la relazione con uno dei due genitori, “la responsabilità sia sempre dell’altro che ne ha condizionato il sentire”. 

 

La prassi prevede infatti che un’ordinanza del giudice obblighi il minore ad accettare il genitore che rifiuta, spesso senza indagarne le ragioni, arrivando anche a togliere l’affidamento del minore al genitore “alienante” (tipicamente la madre) per darlo al genitore “alienato” (naturalmente il padre), direttamente o con trasferimento in casa-famiglia. Un metodo, dicono le promotrici ma crediamo ritengano anche milioni di altre persone, per puro senso morale ed etico, “che viola il diritto umano di ogni bambino al rispetto e alla tutela del proprio benessere psicofisico, oltre a far precipitare donne e minori in un calvario giudiziario ed economico senza fine, e a fornire uno strumento collaudato alla difesa di comportamenti abusanti o violenti.

Non è un caso, infatti, che sempre più spesso a denunce per violenza domestica corrispondano in sede civile denunce per alienazione parentale”. Giorni fa si è assistito a Perugia a un altro, ennesimo e drammatico caso di un bambino costretto a lasciare la abitazione della mamma per essere sistemato (contro la sua volontà) in una casa-famiglia a seguito di un provvedimento del Tribunale dei Minorenni.

La deputata di Forza Italia Veronica Giannone, segretaria dell'Infanzia e Adolescenza, ha commentato sui social cosa è accaduto in questi giorni, e le stesse reazioni impotenti e scandalizzate delle forze dell’ordine di fronte ai pianti disperati del piccolo che si rifiutava di scendere dall’auto della madre. Una storia analoga a quella di altre centinaia di bambini. La Parental Alienation Syndrome (PAS) nel corso degli anni è stata censurata sia dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali sia dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, e in Italia a più riprese anche dalla Corte di Cassazione che qualche settimana fa l’ha definita una pratica nazista (“tätertyp”). Nonostante ciò, ha attecchito e continua a essere praticata nei tribunali come modalità di risoluzione degli affidi in cui vi è conflitto o violenza, spesso ridotta a conflitto. 

 

In un manifesto in sette punti si chiede pertanto: l’immediata applicazione della Convenzione di Istanbul che è vigente e ha valore costituzionale; la limitazione delle Consulenze Tecniche di Ufficio (CTU),  e il dovere del Giudice di valutare l’idoneità genitoriale applicando le norme costituzionali che proteggono  i minori dalla violenza, comprendendo adeguatamente il senso degli atteggiamenti protettivi materni;  il divieto da parte dei giudici di emettere decreti di sospensione della responsabilità genitoriale o decadenza o allontanamento del minore dal suo ambiente familiare sulla base di costrutti non riconosciuti dalla scienza; l’obbligo per il giudice di garantire sempre un giusto processo senza rifarsi a costrutti ascientifici come l’alienazione parentale che non comportano l’onere della prova; il rispetto da parte del giudice dell’obbligo di ascolto del minore; il divieto assoluto di prelievi forzosi di allontanamento dalla famiglia di un minore, salvo nei casi previsti dall’art. 403 c.c.; il divieto di insegnamento nei corsi universitari di costrutti non validati dalla scienza.

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