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Il rischio nucleare

Rischiamo una nuova Chernobyl? L’Italia aggiorna il piano di sicurezza

La minaccia della guerra in Ucraina riguarda anche eventuali perdite radioattive dalle centrali nucleari. Si spera però che le bombe restino sigillate

Rischiamo una nuova Chernobyl? L’Italia aggiorna il piano di sicurezza

Nelle farmacie si vende lo iodio, mentre la conquista da parte dei russi delle centrali nucleari ucraine ci fa temere esplosioni e radiazioni che il vento porterà da noi come nel disastro di Chernobyl. Dopo 12 anni il governo italiano ha appena aggiornato il Piano nazionale sulla sicurezza nucleare: l’ultimo era del 2010, quindi la revisione era prevedibile, ma è una coincidenza, oppure un segnale di allarme? Secondo i responsabili della sicurezza italiana, l’aggiornamento del piano era stato attuato ancor prima della guerra in Ucraina (ma non ufficializzato) e conclusosi in gennaio 2022 dopo i vari pareri degli enti e ministeri interessati e l’assenso in questi ultimi giorni delle Regioni. Il nuovo piano non prevede grossi cambiamenti rispetto a quello precedente. Si ribadiscono misure definite “dirette” per incidenti in impianti entro 200 km dai confini nazionali (iodio profilassi subordinata alle decisioni delle autorità sanitarie, e/ o richiesta alla popolazione di stare al chiuso o comunque al riparo), e misure cosiddette “indirette” se l’ incidente si verificasse oltre i 200 km dai confini. E in questa situazione sono previste misure come quelle usate ai tempi di Chernobyl. Ma questi sono ragionamenti di carattere generale che andranno contestualizzati in rapporto ai reali eventi che possono verificarsi.

 

Per la cronaca, l’impianto di Chernobyl è dismesso da tempo, quello di Zaporizhzhia è attivo ed è in mano ai russi. Da Kharkiv è giunta pure la notizia di un centro di ricerca nucleare colpito dagli invasori (da verificare). Pertanto aumenta la preoccupazione per eventuali perdite radioattive, con la paura di una minaccia nucleare. Il danneggiamento e l’incendio sarebbero accaduti fuori dalla zona dei reattori e non sarebbero state registrate incrementi di radioattività nell’area. Comunque, un evento come quello di Chernobyl avrebbe per l’Italia, qualora i venti spingessero la nube radioattiva verso il nostro paese, nel complesso gli stessi effetti che si ottennero nel 1986 con conseguenze soprattutto sul sistema alimentare e accorgimenti particolari negli allevamenti.

 

L'idea di prevedere un piano di emergenza nacque nel 1986, subito dopo l'incidente di Chernobyl. Passarono dieci anni per redarlo, anche perché il referendum che abolì il nucleare in Italia impose una riscrittura. Nel 1996 ci fu il primo testo. Si prevedono vari scenari, i protocolli da seguire, come devono muoversi le varie istituzioni (Stato, Regioni, Comuni, Esercito, Sanita’, Protezione civile, Ispra, Iaea, Prefetture), il coordinamento che deve attivarsi, lo scambio di informazioni tra autorità e con la popolazione. Nel 2010 ci fu un'ulteriore revisione. L'ultima. Da allora non risulterebbero ulteriori aggiornamenti almeno fino a gennaio.

 

Sul frontespizio l'intestazione recita: “Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche”. Si tratta di un documento di 172 pagine, comprese 19 tabelle e 9 allegati, scritto da un gruppo di lavoro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e sotto il coordinamento della Protezione civile. L'obiettivo, si legge, è di stabilire “le misure necessarie per fronteggiare le conseguenze degli incidenti che avvengano in impianti nucleari di potenza ubicati al di fuori del territorio nazionale”.

 

In pratica dice cosa bisogna fare in casi come quello che si è sfiorato la settimana scorsa, quando la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhya è andata in fiamme, rischiando la fuoriuscita di radiazioni nucleari. Anche perché, come si è visto con il Covid, quando accade una emergenza bisogna essere già pronti, sapere precisamente cosa occorre fare, chi deve farlo e avere tutti gli strumenti e dispositivi di protezione per affrontarla. Vediamo cosa il piano cosa prevede. Dopo aver analizzato le “sorgenti di rischio” e indicato la “pianificazione e la strategia operativa”, è al capitolo 3 che si entra nei particolari, con un paragrafo sulle “misure di tutela della salute pubblica”.

 

Prima di tutto si distingue tra due tipi di esposizione alle radiazioni: “in modo diretto in seguito a fall-out radioattivo” oppure «indiretto, tramite inalazione o ingestione di alimenti e bevande contaminati”. Poi si distinguono due fasi: quella di “preallarme” e quella di “allarme” . Nella prima si deve informare la popolazione sul “tipo e l'origine dell'evento, le principali caratteristiche delle sostanze radioattive emesse, i tempi e le modalità con le quali sono diffusi”. Nella seconda, quando siamo già in allarme, le persone vanno informate sul “tipo di situazione di emergenza radiologica in atto” sulla “prevedibile evoluzione dell'evento”, sulle “principali caratteristiche delle sostanze radioattive emesse”, sulla “zona interessata” e sulle “Autorità a cui rivolgersi” per informarsi.

 

Ma trattasi di un’ipotesi concreta o di un inutile allarmismo? C’è un reale rischio che la guerra in Ucraina degeneri in un’emergenza nucleare? Per Zaporizhzhia, che ospita reattori più moderni, più sicuri di quelli di Chernobyl, la situazione per ora è sotto controllo. Tuttavia, stiamo parlando di impianti in un territorio di guerra e quindi la preoccupazione è giustificata. L’Isin (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione) non si occupa di guerre nucleari ma dei rischi e della sicurezza legati all’uso civile dell’energia nucleare. Quella delle bombe atomiche e delle loro conseguenze è materia di ambito militare ed ha caratteristiche, anche tecniche, molto diverse. Dobbiamo infatti distinguere tra “minaccia radiologica”, cioè deliberata diffusione nell’ambiente di materiali radioattivi in grado di creare danni fisici all’uomo, e “minaccia nucleare”, uso di armi nucleari con i conseguenti 5 effetti (luce, urto, calore, irraggiamento, attivazione radiologica indotta) e successivo fall-out.

 

Dobbiamo dunque fidare nella ricerca della pace e nell’abbandono di ogni escalation militare che possa portare all’uso di armi nucleari o al rischio di incidenti alle centrali, le cui conseguenze potrebbero essere incontrollabili. Aggiungo che la popolazione ucraina sta dandoci un grande esempio di lotta per la libertà cui non eravamo più abituati: dobbiamo essere consapevoli che lo stanno facendo anche per noi.

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