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Sono un viaggiatore

Quella nebbiolina azzurra che copre l’Occidente e il senso della morte

Le inquietudini del nostro mondo in crisi, amplificate dal covid e dalla guerra in Ucraina, trovano pace in una visione esistenziale da riscoprire

Quella nebbiolina azzurra che copre l’Occidente e il senso della morte

Sono un viaggiatore: lo rivela il mio cognome (nomen omen), è nella mia biografia. Da frate cappuccino ho lavorato su quattro continenti (mi manca ancora l’Oceania). Il mio ritorno al porto natìo, la mia Puglia, ha tuttavia coinciso con le serie limitazioni ai viaggi dovute al Covid 19. Mi sono stupito di me stesso quando ho sentito crescere in me un desiderio sempre più potente di stare, di tirare un po’ in secco la barca. L’inquieto Ulisse è il mio eroe preferito, ma il Covid ha avuto la forza di mutare il mare di Odisseo in una stagnante palude; la lotta non è più tra l’eroe coperto di salsedine e i marosi, ma tra il virus invisibile che monta dalle acque maleodoranti e l’uomo inerme. Quella nebbiolina azzurra che sale dalla palude Covid agisce non solo attraverso l’infezione virale, ma ancora avvelena il cuore del navigante, gli inietta tristezza, soffoca la speranza.

 

C’è voluto tutto l’affetto dei miei amici italiani di Toronto per richiamarmi in Canada, dopo diversi anni. Mi hanno inviato un bel biglietto e sono partito, per la ventitreesima volta in 24 anni, dopo un supplemento di istruttoria. Al normale Visto elettronico per l’ingresso si è aggiunto il processo sanitario: numerosi passaggi sull’applicazione ArriveCan (arrivi in Canada) per giungere ad essere dichiarati fully vaccinated – vaccinato pienamente, con tanto di numero di matricola e l’ennesima schedatura.

 

Annunciare il Vangelo agli italiani di Toronto esige dal predicatore qualche cambiamento di registro. Gli amici che incontrai al mio primo viaggio di missione, nel 1998 – allora quasi tutti oltre la mezza età - sono passati a miglior vita o hanno ventiquattr’anni di più. I giovani, gli italiani di seconda o terza generazione, non frequentano troppo la chiesa e nel caso accedono alla liturgia in inglese. Il recupero della devozione antica è essenziale per l’annuncio del Vangelo: in questo tempo dopo Pasqua ho predicato per la festa della Madonna di Fatima e per San Francesco di Paola, l’eremita calabrese che fu chiamato alla corte del re di Francia, Luigi XI, come guaritore e consigliere.

Ho trovato tra i vecchi amici un desiderio schietto di cose buone, di ritornare in chiesa dopo l’esclusione prudenziale per il morbo, di ascoltare parole di speranza. Ho trovato anche le stesse esitazioni, comportamenti, indecisioni di fonte Covid che riscontro da noi in Italia: dubbio se offrire mano aperta o «pugnetto dell’amicizia», o semplice sorriso senza sfioramenti somatici; vengo o non vengo se m’invitano al ristorante per festeggiare frate Antonio; maschera o non maschera entrando in un negozio o partecipando a un evento.

 

In Canada come in Italia amici psicoterapeuti mi parlano di crescente bisogno di aiuto psicologico da parte di tanta gente ferita dentro dal Covid. Gli adolescenti in particolare, già usati e trascurati per molti aspetti dalla nostra «società liquida» occidentale, subiscono molto le conseguenze dell’attuale atmosfera: tre di essi ogni giorno si suicidano in Europa (fonte Ansa – 15 ottobre 2021), molti di più si presentano per aiuto da un terapeuta; presentano disturbi alimentari (bulimia, anoressia) o sono vittime di autolesionismo (tagli e bruciature sulle parti più nascoste del corpo nel tentativo di nascondere il fenomeno alle mamme).

 

Non diamo al Covid la colpa di tutto però. Il tipo culturale per me più prezioso è il modello romano classico del bonus pater familias. La sua diligenza è stata codificata in molti sistemi giuridici come standard da seguire in ogni attività sociale o commerciale, in ogni magistratura pubblica. Quando sentiamo il signor Lavrov, ministro degli esteri della Federazione russa, minacciare la Gran Bretagna di lanciare missili Triton nella Manica «per spazzare tutta l’isola con uno tsunami radioattivo», ci rendiamo conto di essere ben lontani dal modello romano. Dichiarazioni del genere creano incubi nelle persone, si annidano nell’inconscio, disturbano il sonno, generano angoscia. Né Lavrov è solo da parte russa a sparare missili psicologici sull’Occidente.

 

«La verità vi farà liberi» diceva Gesù. La prima guerra tra Russia aggressore e Ucraina aggredita è stata quella contro la verità. Come valutare diversamente la legge speciale russa che punisce con anni di carcere chi osa dire che «in Ucraina c’è la guerra»? Putin non ha detto una bugia soltanto, si è rivelato piuttosto un abituale mentitore. L’ordine mondiale inaugurato a Yalta, cristallizzatosi nella struttura delle Nazioni Unite, si sarebbe dovuto fondare sulla verità. I cinque membri permanenti nel Consiglio di sicurezza avrebbero dovuto garantire quell’ordine, non invadere uno stato sovrano affermando il contrario fino alla sera precedente.

 

Il 1758 Sant’Alfonso Maria De’ Liguori scrisse Apparecchio alla morte. Nel 1982 Vittorio Messori pubblicò Scommessa sulla morte. A distanza di oltre due secoli si tratta di due riflessioni cristiane sull’evento morte. Qualcosa che la cultura occidentale ha da lungo tempo accantonato. Si lavora, si progetta, si ama e si odia, si vive, si consuma … come se la morte non ci fosse. O per lo meno così era fino a poco tempo fa. Il Covid e Vladimir Putin hanno rimescolato le carte. Il torrido giugno italiano, gli incendi, il Po ridotto a una pozzanghera contribuiscono al risultato finale. La morte è tornata nella mente dell’Occidente: a volte come riflessione razionale, con o senza una fede a supportarla, più spesso come disagio inconscio, che giunge fino all’esplosione tragica del suicidio. I nostri giovani, che nella loro tenera speranza di vita si tagliuzzano o si ustionano, rifiutano il cibo o se ne ingozzano sono campanello d’allarme per l’intero occidente. L’Ulisse dantesco, simbolo dell’uomo d’occidente affamato di conoscenza, si ritrae confuso di fronte a quel mare divenuto palude, viene avvolto da quella nebbia azzurrina che tende a ovattare le due sponde dell’Atlantico del Nord, a coprire il mare antico, fino al mar Nero.

 

Da quando ascolto i proclami minacciosi di Lavrov e Medvedev, prima di addormentarmi ripeto la bella preghiera di Angiolo Silvio Novaro che mamma m’insegnò quand’ero piccino: «Gesù, mi metto nelle tue mani, pigliami tu, tienimi stretto sino a domani». Se anche i russi non stessero bluffando sui missili … sono pronto.

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