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Le condizioni di Palazzo Chigi

Draghi non ammetterà bluff, sull’ipotesi del ‘bis’ sono tutti avvisati

Il premier lapidario: chiusa questa esperienza non c’è possibilità di un Draghi II. 5S ancora dilaniati ma anche gli altri partiti devono rivedere i piani

Draghi non ammetterà bluff, sull’ipotesi del ‘bis’ sono tutti avvisati

“Non c’è un governo senza M5S. Non c’è un governo Draghi altro dall’attuale”. Secco, lapidario - come sa essere – il premier esclude la possibilità che dopo questo esecutivo di unità nazionale ce ne possa essere un altro con lui al timone. Dunque, nessun Draghi bis è all’orizzonte e smorza ogni ipotesi che lo veda disponibile a formare un nuovo esecutivo anche se i numeri in Parlamento ci sono. Dopo la scissione di Luigi Di Maio, contando i voti della neoformazione ‘Insieme per il futuro’, una maggioranza alle Camere è sulla carta.

 

Domani i Cinque Stelle dovranno decidere necessariamente da che parte stare. Al Senato si vota la fiducia al decreto Aiuti. Governisti e ribelli pare siano ai ferri corti ma Giuseppe Conte, il capo dei pentastellati, dovrà in qualche modo tirare le somme, e se ci riesce, sapere l’orientamento di ogni singolo parlamentare dei suoi gruppi. L’impresa non è facile e le conseguenze di uno strappo con la responsabilità di una crisi di governo – nella situazione di emergenza economica e internazionale in cui ci troviamo – ricadrebbe tutta sul suo partito.

 

Come dicevamo, il presidente del Consiglio è stato chiaro. “Con gli ultimatum non si governa” e lui vuole governare, portare a termine le riforme, fare tutto ciò che è necessario per chiudere la sessione di Bilancio a fine anno con i conti in regola. Poi c’è il Pnrr - il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: gli step che ci chiede l’Ue vanno rispettati per ricevere le successive tranches di finanziamenti e prestiti. Con il Paese in mezzo al guado, l’inflazione che galoppa, la crescita che rallenta, non ne vuol sentir parlare di un esecutivo depotenziato, indebolito, di riserva. 

 

Draghi è uomo che pondera ciò che dice.  Le parole pronunciate ieri in conferenza stampa hanno delineato un quadro molto netto: se ci saranno le condizioni per continuare a lavorare si andrà avanti, altrimenti no. Ma le sue dichiarazioni hanno anche creato nuove fibrillazioni tra quei partiti che, più o meno, stavano confidando in un bis del suo esecutivo. L’indisponibilità dell’ex numero uno della Bce a seguire questa strada costringe il Pd, la Lega e Forza Italia a rivedere i piani. Il Nazareno, con Enrico Letta, da giorni lavora a una mediazione per evitare l’uscita dei Cinque Stelle dalla maggioranza e tenere in piedi l’asse progressista nel governo. Ma fino a che punto i tentativi possano andare a buon fine è da verificare domani. E’ probabile che Conte si sia spinto troppo in là per fare un passo indietro. Ma nulla è da escludere.

 

Draghi un segnale di apertura lo ha dato incontrando a Palazzo Chigi i sindacati e mettendo sul tavolo un ‘patto sociale’ su costo del lavoro e potere di acquisto dei salari. Soprattutto su quest’ultimo tema i grillini avevano insistito nel loro documento di nome punti presentato al premier. E Lega e Fi? Un Draghi bis avrebbe avvantaggiato soprattutto loro: il centrodestra di governo sarebbe stato numericamente più rilevante rispetto al campo progressista privo del Movimento.

 

Ma ora c’è poco da fare calcoli: se questo governo cade si va al voto oppure nasce un altro esecutivo ma senza Draghi. Palazzo Chigi ha dettato le sue condizioni e, ovviamente, fa sul serio.  

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